Il contributo

In aula il dibattito sulle imprese. Amorese: «Superare vecchie ideologie, gli enti pubblici facciano un salto di qualità»

Claudio Amorese
Claudio Amorese, presidente Aic, interviene sul botta e risposta, avvenuto nel corso dell'ultimo consiglio comunale, tra il sindaco De Benedittis e il consigliere Fuzio (Udc) sul tema dello sviluppo economico in città
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Claudio Amorese, presidente Aic, interviene sul botta e risposta, avvenuto nel corso dell’ultimo consiglio comunale, tra il sindaco De Benedittis e il consigliere Fuzio (Udc) sul tema dello sviluppo economico in città. Di seguito il contributo di Amorese.

«Il battibecco fra il Sindaco del Comune di Corato e il Consigliere di opposizione Gaetano Fuzio, avvenuto durante il consiglio comunale dello scorso 5 marzo 2024, ritengo meriti qualche nota, peraltro sollecitatami da diverse parti, finalizzata ad aiutare chi, per formazione culturale ed esperienza di vita, è lontano dal mondo economico e produttivo, a conoscerlo un po’ meglio.

Il contesto geopolitico in cui viviamo vede da un lato il cosiddetto mondo occidentale, il cui modello economico si basa sui concetti formulati da Adam Smith, integrati da quelli di John Maynard Keynes, dall’altro le autocrazie cleptocratiche come, ad esempio, il modello russo o i totalitarismi schiavizzanti, come ad esempio il modello cinese. Oggi, questi modelli si confrontano in un mercato globalizzato con evidenti svantaggi competitivi per le economie occidentali.

L’atteggiamento occidentale e, in particolare, europeo di sostanziale rinuncia alla competizione, sia nell’area della produzione industriale, sia nell’area della ricerca e sfruttamento delle risorse naturali si è dimostrato particolarmente pericoloso, perché ha favorito il ricatto delle dittature e dei totalitarismi, che hanno raggiunto posizioni di monopolio in entrambi quei settori. Solo recentemente si è presa coscienza di questo e si sta pensando di correre ai ripari.

In questo panorama, l’approccio negativo e divisivo del Sindaco, secondo cui i lavoratori dipendenti non devono ringraziare i datori di lavoro per le opportunità che creano, andrebbe superato nella visione più moderna, costruttiva, collaborativa e inclusiva in cui le due parti devono ringraziarsi vicendevolmente e complimentarsi per i risultati, eventualmente, raggiunti, Aziende e lavoratori formano un’unica squadra che deve raggiungere l’obiettivo comune di sopravvivere e crescere.

Allo stesso modo, l’idea ormai vecchia e superata del lavoratore che produce diverse volte il valore del suo salario è, fortunatamente, confinata in piccoli gruppi ideologizzati di provincia. La figura un po’ romantica dell’operaio da catena di montaggio, che Charlie Chaplin ci ha fatto conoscere, infatti, non esiste più, almeno nel mondo occidentale dove quelle poche linee di produzione rimaste sopravvivono perché sono ad elevato contenuto tecnologico e fortemente automatizzate.

La figura del “padrone” è ormai scomparsa quasi definitivamente perché le piccole realtà locali, se non appartenenti a particolari nicchie, sono state soffocate o inglobate da concorrenti più grandi e meglio organizzati. Le aziende con prodotti e servizi a basso valore aggiunto, per sopravvivere, devono essere “spersonalizzate” in modo da favorire l’ingresso di capitali freschi, aumentarne i volumi e renderle più robuste nella competizione globale.

In questo panorama, il ruolo dell’apparato statale riveste un ruolo chiave non solo per gli interventi keynesiani di alto livello duranti le crisi economiche, ma anche ai livelli più bassi, provinciali e comunali per mantenere le condizioni ottimali in modo che le “aziende produttrici” possano svolgere il ruolo di “creatori di ricchezza” che il nostro modello economico assegna loro. La collettività, infatti, sostiene il “costo” delle pubbliche amministrazioni perché queste ultime forniscano infrastrutture, sicurezza e tutela di cittadini e imprese. Nella realtà, invece, a causa della loro cronica inefficienza diventano un ulteriore zavorra che frena il miglioramento del benessere collettivo, quando addirittura non lo inverte, anteponendo i propri privilegi ai loro doveri istituzionali.

L’esempio portato dal Sindaco, relativamente alle strade che non possono essere manutenute perché non ancora acquisite al patrimonio pubblico è quello topico per descrivere ciò che una organizzazione efficiente deve assolutamente evitare, ossia, criticità non meglio definite, azioni di mitigazione non programmate, mancata assegnazione dei compiti al singolo operatore. Non basta, infatti, dire: “non lo faccio perché ci sono problemi che stiamo risolvendo”, ma bisogna definire quali sono i problemi, indicare le azioni che si stanno eseguendo, assegnare un responsabile e prevedere una tempistica di completamento.

È ovviamente necessario che tali informazioni, se note, siano condivise, perché la chiarezza nella programmazione è alla base di tutte le organizzazioni efficienti. In mancanza di una visione chiara e, possibilmente, condivisa degli obiettivi che ci si propone di raggiungere, in funzione delle risorse umane e finanziarie che si possiedono, si procede a tentoni inseguendo il finanziamento regionale, nazionale o europeo che potrebbe no arrivare mai o, peggio, realizzando opere disorganiche rispetto agli obiettivi, se esistono, che si traducono nella distrazione di risorse o nell’aggiunta di costi per la loro manutenzione o smantellamento.

In conclusione, oggi più che mai, è necessario che le amministrazioni pubbliche a partire da quelle dei paesi di provincia per arrivare a quelle europee, facciano un salto di qualità, e mettano in pratica quei concetti, quali ad esempio, efficienza, trasparenza, condivisione e partecipazione che in tutte le campagne elettorali vengono sbandierati ma puntualmente disattesi. La sostituzione dell’interesse della clientela con l’interesse generale e la capacità di riconoscere gli errori per migliorarsi, a tutti i livelli, è l’unica strada che potrà consentirci di mantenere la nostra qualità di vita, che, per quanto migliorabile è senz’altro superiore a quella delle autocrazie cleptocratiche e dei totalitarismi schiavizzanti entrambe aberrazioni dei falliti tentativi di implementazione delle teorie Marxiste».

lunedì 11 Marzo 2024

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Vito
Vito
1 mese fa

Viva Corrado

Luigi Acella
Luigi Acella
1 mese fa

Ma il comune di Corato è riuscito ad entrare nella ZES ? Con la zona industriale che ci ritroviamo, gli imprenditori italiani e stranieri faranno a gara ad investire.