In memoria

Don Luca Masciavè: a dieci anni dalla morte il suo ricordo è ancora vivo

Don Luca Masciavè
Don Luca Masciavè
Quella di don Luca fu una vita dedicata alla formazione, alla preghiera ed al servizio verso il prossimo. In suffragio dell’anima di don Luca, sabato 13 agosto alle 18 l’arcivescovo Mons. Leonardo D'Ascenzo presiederà la celebrazione della santa messa nella rettoria chiesa "dei Cappuccini"
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Don Luca Masciavè
Don Luca Masciavè

Esattamente dieci anni fa don Luca Masciavè lasciava questo mondo per tornare alla casa del Padre: era il 10 agosto 2012, aveva 86 anni.  Il suo ricordo resta vivo nella memoria di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo nei lunghi anni in cui ha prestato il suo servizio pastorale alla città. In suffragio dell’anima di don Luca, sabato 13 agosto alle 18 l’arcivescovo Mons. Leonardo D’Ascenzo presiederà la celebrazione della santa messa nella rettoria chiesa “dei Cappuccini”.

Quella di don Luca fu una vita dedicata alla formazione, alla preghiera ed al servizio verso il prossimo. Dal 1938 al 1942 frequentò il Ginnasio presso il Seminario di Bisceglie per poi proseguire nel Pontificio Seminario Regionale di Molfetta; dal 1949 al 1953 seguì i corsi teologici presso il Seminario di Catania. Il 24 maggio 1953 venne ordinato sacerdote nella chiesa Matrice. Dal 1953 al 1954 fu viceparroco nella chiesa Incoronata di Corato; dal 1954 al 1957 svolse lo stesso incarico nella chiesa Sacra Famiglia prima di diventarne parroco, dal 1975 al 1982. Dal 1957 al 1960 portò avanti l’incarico di padre spirituale e dal 1958 al 1977 e direttore diocesano dell’Opera Vocazioni Ecclesiastiche. Insegnò religione presso il liceo classico di Corato dal 1957 al 1978.

Dal 1953 al 1959 fu viceassistente diocesano G.I.A.C.; assistente F.U.C.I. – A.I.M.C. – laureati cattolici, negli anni ’60-’70; assistente movimento “Oasi” dal 1955 al 1970; Assistente Istituto Secolare Miss. Regalità negli anni ’60-’70 e Assistente Istituto Secolare Miss. degli Infermi “Cristo Speranza”. Per la chiesa dei Cappuccini fu rettore dal 1959 e vicario episcopale della zona pastorale di Corato dal 1977 al 2000; fino a prima di morire fu anche assistente dell’associazione “Madonna del Pozzo” dal 1959.

Risale al 1973 la creazione del “Comitato pro non autosufficienti”, un gruppo di giovani desiderosi di andare alla ricerca delle emergenze sociali presenti sul territorio coratino. In pochissimi anni dal comitato si passò all’ “Associazione di volontariato Centro Aperto Diamoci una Mano per una società più fraterna costruita sulla corresponsabilità”. Un’associazione questa, che nel nome racconta il suo programma concreto, il desiderio di una società più fraterna.

«Come non mai, il nome ha segnato il destino – scrive il prof. Riccardo Mazzilli – Don Luca affabile e mite, pronto al dialogo, coinvolgente, come l’Evangelista Luca, “lo scriba della misericordia, della mansuetudine, dell’amore di Cristo”, autore del Vangelo dove prevale l’immagine della povertà e della mitezza.

Chi ha conosciuto e ha collaborato con don Luca ha sempre apprezzato di Lui la forte personalità, l’apertura mentale e l’amicalità. Convinto che la creatura umana, in quanto di natura spirituale, si realizza nelle relazioni interpersonali, rese i luoghi da Lui attraversati scuola di comunione; la Sua fu pastorale di relazioni; Egli fu un prete dalle virtù relazionali. L’humus della Sua empatia era la coscienziosità, l’amicabilità, l’affettività. Affabile, poco impulsivo, sensibile, modesto, era alieno dalla auto-referenzialità e dal narcisismo, convinto che non tutto poteva iniziare e finire con Lui. E ciò, perché si era formato alla “scuola” di due presbiteri da Lui ritenuti ” figure sollecite e ferme, esemplari ed umane, vigili e scrupolose, umili e capaci di conquistare i giovani”: don Cataldo Tota e don Ciccio Tattoli.

Perciò, don Luca, guardando oltre se stesso, assunse sempre il ruolo di padre autentico, fecondando figli spirituali con la Sua paternità connotata dalla carica affettiva e casta. Del profilo di Cristo don Luca emulò quello della povertà e della preghiera, perciò, prendendosi cura delle ferite dei poveri, chissà quante volte, nelle svolte decisive della Sua vita, si poté ritirare in preghiera per dialogare col Padre. E le Sue preghiere furono sempre ascoltate. Incontrò nel Suo cammino sempre gente che vedeva in lui l’autorevolezza, non l’autorità. E la sua autorevolezza riveniva dalla capacità di capire gli altri, di non esprimere mai giudizi definitivi, di rispettare il punto di vista altrui, di valorizzare l’autonomia dell’altro, di riconoscere nell’altro capacità».

mercoledì 10 Agosto 2022

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