Politica

Le dimissioni del sindaco sono una sconfitta per tutta la città

Vincenzo Pastore
Le primarie: Luigi Menduni e Pasquale D'Introno
Il primo cittadino ha ora 20 giorni di tempo per ritirare la sua decisione. Ma i segnali di un paese in crisi con se stesso restano intatti
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L’amministrazione D’Introno è apparentemente morta prima di nascere. L’aborto si è consumato con le dimissioni del sindaco protocollate questa mattina e annunciate dal segretario generale D’Introno (che beffa questa omonimia) all’aula. Il venerdì santo del Consiglio comunale arriva in un torrido lunedì di luglio. La città apprende la notizia dai social network e dal passaparola. Un timido applauso si solleva in aula alla lettura del passo indietro del sindaco. Ma c’è veramente poco da applaudire in un paese che negli ultimi anni sta diventando un caso politico e sociale.

La finestra dei 20 giorni di tempo lascia al sindaco la possibilità di ritirare le sue dimissioni, sulla falsa riga di quanto accaduto con Massimo Mazzilli un anno fa. Entro il 31 luglio, infatti, ci sarebbero gli assestamenti di bilancio da approvare. Lo spazio per la ricucitura dello strappo ci sarebbe. La sostanza però resta.

Non ha perso il primo cittadino, o meglio non solo lui. Anzi Pasquale D’Introno ha mostrato un coraggio e un’intraprendenza ai più insospettabile presentandosi dimissionario al primo Consiglio dopo le elezioni. Ha perso la maggioranza di centrodestra il cui mito dell’unità è andato definitivamente dissolvendosi. I segnali di una coalizione sfaldata c’erano tutti, le primarie di marzo erano solo un timido palliativo per recuperare l’unità perduta dalla fine dell’amministrazione Mazzilli, tenuta in vita nell’agonia finale solo da qualche consigliere di opposizione passato dall’altra parte.

Le liste di Forza Italia e Lega escluse clamorosamente per cavilli burocratici dalle elezioni di maggio. Un’affluenza bassissima al ballottaggio in cui forse è venuto meno anche lo zoccolo duro dei voti tradizionalmente blindati. Le turbolenze interne per la composizione della squadra di governo, con i veti sui nomi di Tina Leo e Lorena Mangione e il caso Idea a far deflagrare la situazione. D’altra parte oltre quaranta giorni per la quadratura del cerchio erano già un chiaro segnale dei malumori interni. Le fila storicamente serrate da Gino Perrone, anche in vista delle Regionali 2020, sono ormai lontane dai gloriosi tempi che furono.

Ha perso l’opposizione di centrosinistra senza alcun distinguo. Lo scenario, già facilmente ipotizzato, di una dispersione dei voti con il tris di candidature non è bastato. La maggioranza a pezzi acuisce la gravità di una totale assenza dell’alternativa di governo. Il centrodestra sfilacciato altro non è che la copia di una sinistra dilaniata al suo interno sin dai tempi del sindaco Fiore, quasi vent’anni fa. Come si può riacquistare la credibilità perduta se si è incapace di fare sintesi all’ interno di una cornice di valori che si suppone condivisa? Quale soluzione progressista si pensa di offrire a Corato se le dinamiche di coalizione sono le stesse imputate da anni al centrodestra? Questioni a cui evidentemente né Bovino, né De Benedittis, né Loizzo hanno saputo dare una risposta.

Ha perso la città, precipitata in un limbo di mediocrità, indifferenza e scollamento da chi è al governo. Lo spettacolo offerto dai partiti in questi anni ha alimentato la disaffezione dell’elettorato. Ma quelle forze politiche sono le stesse votate per anni dagli elettori. Le stesse che hanno prodotto questo grottesco e patetico teatrino estivo. I cittadini si indignano, ma gli eletti sono il prodotto della volontà democratica della comunità. Un cortocircuito che innesca il black out politico del paese, già alle prese con le indagini di Lecce sulla magistratura di Trani che trovano il loro nucleo fondante proprio a Corato. L’intreccio politico imprenditoriale alimenta lo sconforto e la disillusione verso una città che ha già perso, sta perdendo e continuerà con questo passo a perdere diverse generazioni tradite dalla propria terra.

Come è potuto succedere? Che senso ha? Si domandano in tanti mentre leggono quello che accade nei palazzi del potere. Interrogativi a cui qualcuno prima o poi dovrà dare una risposta, preferibilmente entro l’ultimatum del 25 luglio quando si tornerà in aula.

lunedì 22 Luglio 2019

(modifica il 21 Luglio 2022, 16:20)

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carlo mazzilli
carlo mazzilli
4 anni fa

come diceva il nostro concittadino, il Sommo Saggio Maestro di Vita Satore, ” …NAN V'SIT PREUCCUPENN: STE' TUTT CALCULAT!!!

Michele Strippoli
Michele Strippoli
4 anni fa

Giocarsi il “bonus” dei 20 giorni alla prima “menata di carte” non può che significare vita breve dell'amministrazione. Saluti e baci.

Pier Luigi
Pier Luigi
4 anni fa

Il giusto epilogo di politici mediocri per cittadini mediocri.