Cultura

​La processione dei Misteri: una tradizione lunga 400 anni interrotta solo dalle epidemie

Pasquale Tandoi
L'uscita dei Misteri
Neanche i terremoti hanno fermato la processione nei secoli passati
3 commenti 1935

La processione dei Misteri del Venerdì Santo a Corato: una tradizione che dura da circa quattrocento anni e che quest’anno non si svolgerà per la drammatica situazione provocata dal coronavirus. Credo che possano contarsi sulle dita di una mano le volte in cui, in un arco di tempo così lungo, tale evento di sentita devozione non sia stato celebrato a Corato.

Ripercorriamo le origini di questa consuetudine religiosa, da sempre prerogativa della chiesa e della confraternita di San Giuseppe. La chiesa fu eretta fuori le mura nel 1605, come si legge dalla data sul portale. Nel 1627 l’arcivescovo di Trani Diego Alvares, domenicano spagnolo, autorizzò la nascita della confraternita di San Giuseppe. Quindi possiamo far risalire più o meno a quel periodo l’inizio della tradizione coratina della processione dei Misteri del Venerdì Santo.

L’organizzazione del rito, con uno svolgimento lento che si protraeva fino a tarda notte, era (ed è) complessa e presupponeva la partecipazione dell’intera comunità di una confraternita, cui venne assegnata anche la custodia delle varie sculture durante tutto l’anno.

La conferma che l’origine risale alla prima metà del Seicento la si ricava anche da un documento del 1756 [1] in cui si legge che la processione coratina dei Misteri si svolgeva “da un tempo molto antico, parecchio prima del 1673”.

La processione dei Misteri è da secoli tradizione di molte località delle regioni meridionali ma anche dell’Abruzzo, Liguria, Corsica e della Spagna. Le diverse statue o gruppi scultorei (“misteri”), in legno, in cartapesta o in materiali eterogenei, rappresentano i vari momenti della passione di Cristo, e in particolare la sua crocifissione e morte.

I “misteri” portati in processione sono l’eredità di una teatralità e religiosità medievale. Nel teatro medievale con il termine “misteri” si indicavano le rappresentazioni di drammi sacri aventi per oggetto episodi della Bibbia, più spesso del Vangelo o tratti dalle vite di Santi. Venivano inscenati spettacoli sotto forma di componimenti dialogati che raramente assurgevano a dignità letteraria e che rispondevano ad esigenze di religiosità popolare.

Sul finire del 1500, la Chiesa, nello spirito della Controriforma e anche con la minaccia di scomuniche e di condanne detentive, contribuì al decadimento di queste rappresentazioni. Dopo il Concilio di Trento (1545-1563) si ebbe un’azione moralizzatrice sui riti della Settimana Santa. Si proibirono le rappresentazioni sacre, ormai considerate indecorose, quasi farsesche e fonte di disordini. La tradizione medievale dei “misteri” teatrali venne così incanalata verso manifestazioni più composte. Alla drammaturgia teatrale si sostituì quella figurativa delle processioni viventi, che avevano come tema soprattutto episodi del Vecchio Testamento e culminavano con la rappresentazione della Morte di Gesù.

Nei primi anni del ‘600 si assistette al progressivo trasformarsi e sostituirsi delle processioni animate con statue. Era il passaggio dall’animazione all’immobilità, con l’esemplificazione nelle singole immagini delle ultime vicende umane di Cristo. Si abbandonò la rappresentazione dell’Antico Testamento, preferendo raffigurare esclusivamente la Passione e Morte di Gesù. Una Via Crucis itinerante. Il “Mistero Pasquale” era sicuramente una rappresentazione più adatta allo spirito penitenziale della Controriforma e del Seicento.

Ma, tornando alla tradizione coratina, quante volte si sarà interrotta in un arco di tempo così lungo? Forse durante qualche altra epidemia. Probabilmente durante la più funesta, quella del 1656-57, con non meno di tremila morti a Corato, quando non si poteva né entrare e né uscire dalla città. Dando poi un’occhiata alle altre epidemie analizzate in un mio libro di ricerca [2], ho verificato che quella di tifo petecchiale del 1816-17 ebbe i picchi dei decessi in settembre ottobre (1816) e luglio agosto (1817). Poi scoppiò la terribile epidemia di colera del 1867: circa 1600 morti nel giro di qualche settimana. I casi iniziarono alla fine di maggio, quindi lontano dalla Pasqua. Ed infine la pandemia influenzale della “spagnola” con il picco a Corato nell’ottobre del 1918. Insomma la Settimana Santa a Corato sembra essere stata quasi sempre ai margini o proprio lontana dai periodi di maggiore contagio delle epidemie nel corso dei secoli.

Neanche i terremoti hanno fermato nei secoli passati la processione. Come avvenne nel 1731, la notte del 20 marzo, in prossimità della ricorrenza pasquale. Ecco come andò

Non solo nella nostra città ma in tutta la Puglia centro-settentrionale e specialmente nella città di Foggia, il tremuoto fece grande rovina e durò per più e più giorni. Tanto che i coratini furono costretti, persino le Reverende Monache di clausura, a trovare riparo in campagna o ad abitare in apposite baracche di legno, nei giardini, nei cortili, negli orti e altri luoghi attorno la città e specialmente nel largo, detto del Vaglio, davanti la chiesa di San Giuseppe.

Poiché la Chiesa Matrice, all’interno delle mura, non era agibile, l’atrio della Chiesa di San Giuseppe servì per tutta la settimana santa come Chiesa Collegiata. Si eresse avanti la porta della chiesa un altare, si costituì un coro e in aperta campagna si solennizzarono, dai reverendi Canonici, non solo i divini uffici ma anche tutte le sacre funzioni. Compresa la processione.

Eventuali altre interruzioni, infine, possono essersi verificate in seguito a fenomeni atmosferici violenti, come nubifragi o forti nevicate un po’ fuori stagione. Ma non se ne ha notizia.

E allora in conclusione che dire? Che potenza il coronavirus! Ci ha riportati indietro, di quasi quattrocento anni, alla peste del 1656-57. Altro che futuro.


[1] Registro, Platea ed Inventario della Congregazione di San Giuseppe.

[2] Epidemie ed assistenza socio-sanitaria a Corato.

[3] Registro, Platea ed Inventario della Congregazione di San Giuseppe.

venerdì 10 Aprile 2020

(modifica il 21 Luglio 2022, 4:42)

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ARCANGELO
ARCANGELO
4 anni fa

Bel racconto ,non sapevo che aveva una tradizione così lunga la nostra. Comunque spero che quando tutto questo finirà, perché finirà, non dimenticheremo tutto ciò.

carlo mazzilli
carlo mazzilli
4 anni fa

mi auguro che la sospensione di questi riti, di queste tradizioni, servano a riportare il focus su di esse, questa episodica privazione ci riporti a riconsiderarne la bellezza, la grande espressione della pietà popolare. e ci spinga magari a studiarle di più, ad approfondirne la conoscenza, la storia, e tutti i più reconditi significati, affinchè in futuro queste manifestazioni siano non solo più seguite, ma con spirito più consapevole e devoto. Auguri a tutti i miei concittadini!

Franco
Franco
4 anni fa

Questa sottrazione concorre a una strisiciante “protestantizzazzione” della fede ridotta a sermone, a rito, addirittura a scenografia.