La storia

La famiglia Pisicchio e il legame con Corato

Alfonso Pisicchio
Tra le 7 persone destinatarie dei provvedimenti giudiziari eseguiti ieri a Bari ci sono anche i fratelli Roberto e Alfonso Pisicchio (quest'ultimo ex assessore regionale, vicesindaco di Bari e presidente del Consiglio alla Provincia), la cui storia di famiglia affonda le radici proprio a Corato
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Le ordinanze di custodia cautelare eseguite ieri sera dalla Guardia di finanza a Bari hanno scosso per la terza volta in poche settimane il mondo politico barese e regionale. Tra le 7 persone destinatarie dei provvedimenti della Procura ci sono anche i fratelli Roberto e Alfonso Pisicchio (quest’ultimo ex consigliere e assessore regionale, vicesindaco di Bari e presidente del Consiglio alla Provincia), la cui storia di famiglia affonda le radici proprio a Corato.

Nella nostra città è infatti nato loro padre Natale Pisicchio: sindacalista, politico, nonché primo deputato coratino. Ma anche giornalista pubblicista, studioso dei problemi meridionali, eletto per ben cinque volte in Parlamento. La storia di Natale Pisicchio e della sua famiglia è stata ricordata nell’aprile 2021 su Lo Stradone, in occasione dei cento anni dalla nascita del sindacalista. Di seguito, riproponiamo l’articolo a cura di Francesca Maria Testini.

Un sindacalista in politica

La famiglia Pisicchio
La famiglia Pisicchio

Il sindacalista a tutto tondo

Natale Pisicchio nasce a Corato nel 1921, presumibilmente il 2 febbraio (controverso è il giorno di nascita considerando la discutibile perfezione anagrafica di quei tempi). Nel 1946 diventa sindacalista, nel 1953, subito dopo il matrimonio con la giovane coratina Pina Olivieri, la donna della sua vita, senza la quale non sarebbe stato ciò che è stato (come riferisce candidamente il figlio Pino Pisicchio nel testo “da Corato in cima al mondo. I primi ottant’anni di Natale Pisicchio” edito nel 2001), si traferisce a Bari dove muore il 16 luglio 2005.

Evitato il fronte per un pelo, negli anni difficili “del pane senza farina e dell’acquasale”, Natale inizia a frequentare il sindacato con il fratello più grande. “Un lavoro, certo, ma anche una risposta d’istinto. Che può fare un ragazzo venticinquenne in un posto disperato, del sud più disperato, tra braccianti che hanno solo braccia e fame? Organizzare la lotta al latifondo che li affama”, così scrive il figlio Pino specificando che quella lotta non avrà mai il senso di una rivoluzione, bensì il sapore di una rivendicazione sociale con l’obiettivo dell’ottenimento del giusto e del riequilibrio.

Nel 1948, infatti, Pisicchio partecipa alla costruzione del sindacato libero in Puglia, accompagnata dalla diffidenza nei confronti dei comunisti. Così, nel 1950, dalla costola democratica del sindacato comunista nasce la CISL: Pisicchio, assieme a Giulio Pastore e Bruno Storti, è tra i fondatori, assumendo negli anni ’60 e ‘70 il ruolo di segretario generale per la Provincia di Bari e segretario regionale. Da segretario generale della CISL Natale Pisicchio “comincia a lambire i territori della politica politicante, attraverso l’amministrazione attiva in rappresentanza del sindacato nella Fiera del Levante, nell’Ospedaletto dei bambini, nella municipalizzata barese del gas e incontrando gli esponenti della politica locale”, ma l’assaggio non lo convince fino in fondo perché i modi e i tempi del sindacato sono più diretti e più veri. Ma c’è un politico che lo affascina veramente, si tratta di Aldo Moro. Lui, più di qualsiasi altro, ha sicuramente inciso nell’avventura politica di Pisicchio che comincia nel 1968 e durerà quasi vent’anni.

 

L’avventura politica

Non fu facile adeguarsi alle logiche della politica, dei partiti, in particolare a quelle della DC (Democrazia Cristiana). Per Pisicchio, impegnato nella CISL negli anni della necessaria lealtà tra i dirigenti per difendersi dai pericoli esterni, ci volle tempo per diventare democristiano. La DC contemplava al suo interno, infatti, sensibilità diverse e talvolta collidenti. “Ma dopo qualche movimento tellurico e molte scosse d’assestamento la cosa funzionò”.

Dopo la prima elezione nel ’68 nella Circoscrizione di Bari-Foggia, con 49.412 voti, Natale Pisicchio è rieletto altre tre volte nella stessa Circoscrizione negli anni 1972 (43775 voti), 1976 (52789 voti) e 1979 (60911 voti). Tutte legislature interrotte. E dopo l’esclusione nel 1983, la soddisfazione del rientro nel 1985 a seguito di Dell’Andro all’Alta Corte. Fu a lungo nella Commissione Lavoro e Previdenza sociale fino a diventarne vice presidente, produsse centinaia di atti legislativi, proposte di legge, interrogazioni e interpellanze. L’alta specializzazione, l’assiduità di presenza in aula e in Commissione, la conoscenza della macchina parlamentare lo resero un “professionista del Legislativo”.  Di lui, non a caso, Franco Marini presidente del Senato – nella presentazione del testo “Natale Pisicchio Un sindacalista in Parlamento. Discorsi Parlamentari” edito nel 2008 dalla Fondazione Natale Pisicchio – ricorda, oltre al carattere schietto e leale, “la straordinaria competenza tecnica in materia contrattuale e previdenziale.” “La raccolta dei suoi interventi parlamentari costituisce un’importante testimonianza del ruolo che i sindacalisti parlamentari seppero avere negli anni decisivi per la costruzione di un sistema di tutele per i lavoratori italiani” – aggiunge Marini, individuando i connotati principali dell’esperienza parlamentare di Pisicchio nella “passione per la politica” e “un meridionalismo né attendista né assistenziale ma capace di una visione moderna e insieme accordata al miglior filone della cultura del sud, da Luigi Sturzo a Giustino Fortunato e a Guido Dorso”. Infatti, il coratino Pisicchio promosse e vinse battaglie in favore dei braccianti, ma anche dei giovani in formazione, degli insegnanti e di categorie di disabili, e quando fu sottosegretario alla Marina Mercantile, nel primo governa Cossiga, promosse centinaia di posti di lavoro per i giovani disoccupati nelle capitanerie di porto di tutta Italia. Per Corato si ricorda che fece costruire il ponte sito in via Giappone. Ma non tutto andò sempre per il verso giusto. Il dolore lo dilaniò quando nel ’61 il suo terzo figlio, a soli tre anni, fu falciato da un’auto in una strada di campagna. L’amarezza, invece, la provò quando, nel 1980, dopo otto mesi di governo, fu defenestrato da Donato Cattin che per mettere a tacere le calunnie che circolavano su Leccisi portò in governo quest’ultimo chiedendo al probo Pisicchio di fare un passo indietro.

 

La figura di Aldo Moro

Natale così imparava ma non digeriva la lezione del correntismo DC e che costituiva un dejà vu di quanto accaduto due anni prima con Moro che il giorno prima del suo rapimento scriveva forse la sua ultima lettera da uomo libero proprio a Natale Pisicchio. Gli chiedeva scusa per avergli preferito Renato Dell’Andro come sottosegretario: “(…)La mobilitazione in tuo favore è stata imponente e significativa. Sia in seno al gruppo parlamentare, sia presso i massimi responsabili le valutazioni sono state ottime. Restava la difficoltà di trovare lo spazio necessario, senza turbare gli equilibri locali e di gruppo. (…) Vincolato come sono nella delegazione ad una comune responsabilità, non posso che rispettare a mia volta, dopo aver cercato di forzare al massimo, gli equilibri propri del partito. È una conseguenza di questa onorifica, ma scomoda carica che mi obbliga di anteporre la ragione al cuore. (…) In un momento come questo la vera arena di lotta è il partito. Ed in esso continuerai a cimentare con il valore e l’impegno e l’intelligenza che ti sono unanimemente riconosciuti. Perdonai ed abbiti i miei più affettuosi saluti”.

 

Gli ultimi anni e la passione politica trasmessa ai figli

Ci furono altre occasioni fino al 1987 quando Natale lasciò la Camera dei Deputati per far posto però all’altro onorevole Pisicchio, il secondo della storia, suo figlio Pino. Finita l’avventura parlamentare non si esaurì il suo impegno sociale. A 66 anni si gettò nella missione dell’Oncologico che in poco tempo divenne un ospedale moderno, con più di 300 posti letto, attrezzature scientifiche all’avanguardia, collaborazioni con centri e università di tutto il mondo. E anche dopo la morte della sua amata moglie (avvenuta nel 1999 giusto in tempo per gioire della vittoria dei suoi figli alle elezioni di quell’anno), nonostante il dolore, si prodigò all’interno dell’associazione degli emigrati pugliesi e quella degli ex parlamentari, oltre che nella gestione della segreteria politica dei figli.

La politica per la famiglia Pisicchio è sempre stata un argomento di dialogo in casa,e quasi naturalmente la passione di papà Natale si è trasmessa ai suoi figli. E due di questi hanno anche ricoperto importanti cariche politiche: si tratta di Pino e Alfonso Pisicchio.

A tavola si parlava di politica – confida il quartogenito Alfonso– mio padre ci raccontava le sue battaglie sindacali, il suo passaggio alla politica e i ragionamenti e i valori sui quali si basavano le lotte per i lavoratori. Anche a mia madre piaceva dialogare di politica e con lei mio padre ha sempre condiviso ogni scelta. A quei tempi bastavano le strette di mano, si facevano i ragionamenti sui valori, e quando si litigava, poi con lealtà si decideva di andare avanti. – commenta Alfonso durante la chiacchierata telefonica – Oggi esistono i personalismi, prima c’era il gioco di squadra. Negli anni 60/70 era un bravo politico chi portava avanti idee e conduceva lotte per i cittadini. Spero che si possa tornare presto a una politica di competenze che difenda non i valori ideologici ma i bisogni veri dei cittadini. Basta con le promesse non realizzabili. Chi è capace dovrebbe impegnarsi in politica mettendo fuori gioco il populismo.

 

L’orgoglio di essere di origine coratina

Assieme alla politica Natale Pisicchio ha trasmesso loro anche l’orgoglio dell’origine coratina, al di là del luogo di nascita. In realtà, solo i primi due figli (Pino e Mariella) sono nati a Corato, nella casa della nonna materna, restandoci però non più di un mese circa perché i coniugi Pisicchio-Olivieri risiedevano già stabilmente a Bari.

«Sono nato a Corato, in casa come si usava a quei tempi. – racconta Pino – Ma posso affermare di aver scoperto, da grande, il senso di identità e appartenenza a Corato in occasione di un viaggio a Grenoble. Mi parlarono di Corato che non conoscevo molto, se non per i ricordi di bambino e il dialetto che a volte si usava parlare in famiglia. Sono orgoglioso di avere queste origini. Ritengo che Corato sia un paese straordinariamente produttivo, da realtà bracciantile è divenuta in poco tempo una città con una notevole industrializzazione. È emblema della città dinamica e i coratini, secondo me, in quanto persone operose e silenziose, somigliano, al popolo di formiche di Tommaso Fiore: nei pacchi dei meridionali pugliesi olio e pane, meraviglie mangiate in silenzio. Molti coratini sono andati via dal proprio paese per lavoro e tanti ne sono tornati realizzati economicamente e non solo. Di questi, molti ne ha incontrati mio padre nel suo impegno per gli emigrati».

«Di Corato, poi, – continua – ho un ricordo pubblico, ovvero è legato a questa città il momento in cui l’ineluttabilità della vocazione politica mi è stata trasmessa: avevo dieci, undici anni e in piazza Cesare Battisti c’era un comizio della CISL. Io c’ero e assistetti all’incontro che mio padre tenne, prima del comizio, con i dirigenti della CGIL sulla volontà di quest’ultimi di scioperare ad oltranza mentre mio padre riteneva opportuno fermarsi e firmare l’accordo. Addirittura si vociferava che se mio padre avesse firmato avrebbero messo le bombe e il comizio della CISL non si sarebbe tenuto. Invece, mio padre riuscì a convincere i dirigenti della CGIL e il comizio si svolse serenamente. E in quella stessa piazza tanti comizi ho tenuto anch’io. Mentre nella vicina chiesa dell’Incoronata tanti matrimoni e qualche rito meno felice abbiamo vissuto».

«Corato per me è la città dove, con una cadenza settimanale, ci recavamo per stare con i nonni, gli zii e i cugini con i quali ci sentiamo ancora. – ricorda Alfonso – Non abbiamo mai tagliato questo cordone ombelicale. Mio padre ha sempre mantenuto il rapporto con i cittadini di Corato, era orgoglioso di essere coratino. E lo sono anch’io. Ho Corato nel cuore. Quando c’è stata la possibilità mi sono recato a Corato per presentare la Legge regionale sulla bellezza e per spronare il Comune a usufruire dei diversi bandi per la rigenerazione urbana. Mi piace molto come città, è un paese intelligente, ha tra l’altro un tessuto imprenditoriale interessante e merita di crescere sempre di più. Con semplicità e umiltà porgo, Al neo sindaco di Corato, come faccio a tutti i sindaci, l’invito di non farsi condannare mai alla quotidianità, ma di avere ben chiara l’idea della città per la quale vuole lavorare, programmando interventi ben precisi e preparandosi, nel prossimo futuro, al termine di questa pandemia, a spendere al meglio le risorse che giungeranno».

giovedì 11 Aprile 2024

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Luigi Acella
Luigi Acella
18 giorni fa

Rientra nella eredità della Margherita.

carluccio
carluccio
18 giorni fa

scommetto che adesso non li conosce più nessuno …

Michele Strippoli
Michele Strippoli
18 giorni fa

La famiglia Pisicchio è famiglia di galantuomini. È prudente evitare giudizi affrettati e attendere l’esito del processo prima di trarre conclusioni definitive, specialmente in questa fase così iniziale in cui dovremmo limitarci ad attendere almeno il primo contraddittorio.

nerdrum
nerdrum
18 giorni fa
Rispondi a  Michele Strippoli

…65.000 euro in contanti, nella busta x la spazzatura, sul balcone della cucina. coma nn si può concordare con lei.

Filomena Lombardo
Filomena Lombardo
18 giorni fa

Il mio prof dell’ accademia di belle arti ☺️

Giuseppe Loiodice
Giuseppe Loiodice
17 giorni fa

Ho conosciuto tutta la famiglia Pisicchio da giovanissimo e mi sono sempre sentito accolto da una umiltà e disponibilità che non sempre ho apprezzato in altri. La loro affabilità, umiltà ed attenzione era riservata a tutti, senza esclusione di ceto sociale. Famiglia di cui Corato può essere fiera.

Gustavo
Gustavo
9 giorni fa

Ora si dissociano tutti, vero?
Prima se magna insieme e poi???
Credevo che nella corte di Sir Emiliano ci fossero onesti a non finire….