Lavoro

Troppi precari in provincia di Bari, la Cgil: «Solo l’8% dei nuovi contratti è a tempo indeterminato»

Giuseppe Di Bisceglie
Giuseppe Di Bisceglie
operaio al lavoro
Operaio al lavoro
La fotografia scattata in occasione della presentazione del progetto "Oltre la precarietà"
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Il segretario Cgil Bari Domenico Ficco
Il segretario Cgil Bari Domenico Ficco

Circa 280mila persone hanno trovato lavoro nell’area metropolitana di Bari nell’anno appena trascorso. A guardarli così, i dati diffusi da Anpal sembrerebbero più che positivi per l’occupazione del nostro territorio. C’è tuttavia il rovescio della medaglia. Circa 240persone, sempre nello stesso anno, hanno perso il lavoro. Un saldo di appena 40mila posti di lavoro.

Questo perché il 67% dei contratti cessati era a termine e il 65 per cento non superava i tre mesi. Tradotto: oltre 150 mila lavoratori hanno trovato lavoro solo per 90 giorni.

I dati sono stati diffusi dalla Cgil di Bari nel corso della presentazione del progetto “Oltre la precarietà”, che accenderà i riflettori, con vari incontri itineranti (tra cui uno a Terlizzi il prossimo giugno) sulle varie forme di precariato del nostro tempo, da quella lavorativa a quella di genere, da quella giovanile fino al problema dell’inclusione sociale.

Lo studio della Cgil, su dati Anpal, ha rilevato che soltanto l’8% dei contratti sono a tempo indeterminato, appena 22mila sui 280mila firmati lo scorso anno.

Esiste poi un netto divario tra l’occupazione maschile e quella femminile: le donne sono sempre più in difficoltà nel trovare lavoro e ancor più complesso per loro è mantenerlo. Solo il 44% dei contratti di lavoro è appannaggio delle donne, per le quali solo il 37% dei contratti è a tempo indeterminato.

La situazione del precariato diventa ancor più complessa per gli under 24 e per gli over 55, fasce d’età per le quali il lavoro a tempo indeterminato sembra essere una chimera.

Il totale delle assunzioni per i giovanissimi è fermo al 15% e scende al 9% per quelli che firmano un contratto a tempo indeterminato. Idem per gli over 55 che passano da 19% al 16% per un contratto stabile.

Secondo il segretario della Cgil Bari, il terlizzese Domenico Ficco, una soluzione a questa situazione esiste: «Riteniamo che oltre ad incentivare le assunzioni a tempo indeterminato vadano appesantite le condizioni dei contratti a tempo» ha detto in una intervista al Tg3 regionale.

La precarietà fin qui descritta riguarda settori caratterizzati da stagionalità:  agricoltura, alberghi e ristoranti, che rappresentano – con il 42% – quasi la metà del totale delle assunzioni.

I settori che invece garantiscono assunzioni a tempo indeterminato (pari al 57%) sono: il settore delle costruzioni (18%), delle attività immobiliari (14%), industria (13%), commercio (12%)

Quale è il settore dove si può sperare di avere un contratto a tempo indeterminato? Indubbiamente l’inserimento nella pubblica amministrazione, dove il 62% dei rapporti di lavoro sono a tempo indeterminato.  Segue poi il settore delle costruzioni con il 25% «ma si tratta di un dato falsato perché i contratti a tempo indeterminato di cantiere finiscono quando finisce il cantiere quindi inevitabilmente a termine» rilevano dalla Cgil.

Con il 16%  di contratti a tempo indeterminato, il settore che garantisce un’assunzione stabile, di qualità e a tempo indeterminato è l’industria.

 

martedì 5 Marzo 2024

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la politica
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1 mese fa

…e com’è??? quella esce in televisione e dice che da quando stanno loro l’occupazione è ai massimi, che siamo la locomotiva d’europa e che grazie a loro, entro il mandato, la disoccupazione sarà un lontano ricordo…