C’è l’intuizione e la professionalità di un avvocato coratino dietro una delle sentenze della Corte di giustizia tributaria destinate ad entrare nella storia della giurisprudenza italiana.
La sentenza in questione è quella pronunciata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia che ha accolto il ricorso presentato dalla giornalista ed influencer barese Anna Dello Russo, raggiunta da alcuni accertamenti dell’Agenzia delle Entrate riferiti al 2015. L’Agenzia delle Entrate contestava deduzioni Irpef e detrazioni legate a “beni di consumo”, in particolare vestiti.
In primo grado i giudici hanno accolto le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate. La difesa della giornalista, composta dall’avvocato coratino Luigi Quercia e dal commercialista Stefano Montanari, è però riuscita a far valere le ragioni della propria assistita, ribaltando il verdetto di primo grado. I giudici, infatti, hanno accolto la tesi secondo la quale il vestiario è parte integrante dell’attività professionale della giornalista Dello Russo e come tale deve essere considerata alla stregua di uno strumento di lavoro.
«Anche il vestiario utilizzato è parte integrante del personaggio dell’immagine che viene professionalmente spesa – scrivono i giudici nella sentenza – L’acquisto di vestiario di vario genere è una condizione strettamente collegata con l’attività svolta e ne rappresenta il necessario presupposto di modo che va ritenuto inerente alla particolare attività esercitata».
La spesa per l’acquisto del vestiario, tuttavia, non è deducibile e detraibile nella sua totalità ma solo al 50%, hanno chiarito i giudici.
Più che storica direi insensata. Gli abiti sono parte della vita professionale di chiunque lavori in un contesto sociale. Secondo loro noi in ufficio andiamo in pigiama?
eppure nell’ambiente più “in” gli abiti fanno a gara per farli indossare dai soliti noti
Mentre io vado a scuola in vestaglia
sentenza senza senso