La sentenza

Denunciato, arrestato e assolto dai reati di maltrattamenti ed estorsione ai danni della convivente

Il tribunale di Trani
Si è conclusa con una assoluzione «perché il fatto non sussiste» una vicenda giudiziaria che ha destato scalpore in un momento storico molto delicato per le vittime di maltrattamenti tra le mura domestiche
1 commento 2803

Si è conclusa con una assoluzione «perché il fatto non sussiste» una vicenda giudiziaria che ha destato scalpore in un momento storico molto delicato per le vittime di maltrattamenti tra le mura domestiche. La genesi di questo processo è da ricondursi alla gelosia della persona offesa che, per vendetta, aveva denunciato il suo ex compagno dopo aver scoperto una relazione con un’altra donna.

L’uomo era stato tratto in arresto per maltrattamenti, aggravati dalla presenza delle figlie minorenni, nonché per estorsione, in danno della ex convivente costituitasi parte civile e difesa dall’avv. Marialuisa Tarricone. La coppia si era formata nel 2004 e la persona offesa aveva raccontato di essere stata picchiata, ogni giorno, fino al 2019. Accuse totalmente infondate e smontate da una istruttoria dibattimentale ricca di colpi di scena.

Nel corso del processo è emersa l’infondatezza del compendio probatorio dell’accusa: la difesa dell’imputato, curata dall’avv. Michele Quinto, ha portato alla luce diverse bugie che la donna avrebbe raccontato pur di far condannare il suo ex e vendicarsi della nuova relazione intrattenuta dallo stesso con altra donna. Le più eclatanti l’hanno vista protagonista di condotte gravi e contrarie alla legge.

La donna, infatti, aveva denunciato i maltrattamenti subiti dall’imputato allegando alla querela una serie di referti attestanti lesioni che la stessa aveva falsamente attribuito all’imputato, persino mentre l’uomo si trovava detenuto, per altra causa, nella casa circondariale di Trani. La medesima circostanza si è verificata nel periodo in cui le parti a processo avevano già interrotto la convivenza.

Inoltre l’uomo, mentre si trovava agli arresti domiciliari per altro procedimento, per evitare frequenti discussioni con l’allora convivente aveva preferito farsi arrestare pur di non condividere lo stesso tetto in situazioni di avversità. La donna era arrivata persino a retribuire una teste per far dichiarare, falsamente, presso il Commissariato di Corato, di aver assistito ad episodi di percosse da parte dell’imputato.

La donna aveva anche negato di aver fatto uso di sostanze stupefacenti, di aver intrapreso una relazione con un altro uomo coniugato, finalizzata allo sfruttamento economico di quest’ultimo, dapprima fingendosi detenuta, poi in stato interessante e da ultimo ricoverata presso una struttura ospedaliera. Non solo: aveva adottato condotte persecutorie nei confronti della nuova compagna dell’imputato, ritenendola responsabile della fine del loro rapporto e istigando l’odio della figlia minorenne verso il proprio padre. La difesa dell’imputato, di contro, ha prodotto anche una serie di lettere d’amore che la donna aveva inviato al proprio compagno detenuto, in cui manifestava il desiderio di volerlo accanto a sé per tutta la vita.

Il tribunale di Trani, in composizione monocratica, Giudice Sara Pedone, ha posto fine a questa «grave strumentalizzazione della giustizia per finalità private», assolvendo l’imputato «con formula piena» e respingendo la richiesta di condanna del pm a 3 anni di reclusione.

giovedì 23 Novembre 2023

Notifiche
Notifica di
guest
1 Commento
Vecchi
Nuovi Più votati
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
carluccio
carluccio
5 mesi fa

una vicenda interessante, edificante, non solo per le peculiarità morali dei personali, ma anche per l’ambiente, il background in cui la storia si sviluppa …