Da Lo Stradone

Cataldo Ciccolella, da Corato a Report

Stefania Leo
Cataldo Ciccolella
Classe 1980, il giornalista coratino ha saputo ricavarsi un posto cruciale nella redazione del programma di Rai 3. Agli aspiranti giornalisti dici: «Specializzatevi in qualcosa che non sa fare nessuno»
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Riproponiamo su CoratoLive.it gli articoli “senza tempo” pubblicati nei mesi scorsi su Lo Stradone. Un modo per avvicinare i lettori del web agli approfondimenti svolti sul cartaceo. Oggi raccontiamo la storia del giornalista Cataldo Ciccolella, classe 1980, che ha saputo ricavarsi un posto cruciale nella redazione del programma di Rai 3. L’articolo è stato pubblicato nell’ottobre del 2020. Per abbonarsi a Lo Stradone è possibile mandare una email all’indirizzo info@lostradone.it oppure chiamare il numero 080.8983954.

Cataldo Ciccolella sente che la sua passione per la scrittura sia quasi un fatto genetico. Sua madre Rosanna, insegnante di italiano e latino, gli deve aver trasmesso la passione per la scrittura, la letteratura e le lingue straniere. Oggi, a 40 anni, è uno dei co-autori di Report, programma di Rai 3 che ha fatto la storia nell’ambito del giornalismo investigativo in tv. Scrive inchieste che vanno dalle 10 alle 30 pagine, consultando dati, numeri, facendo visure catastali e camerali – la sua specialità – in Italia e all’estero. Fare il giornalista gli dà piacere fisico: l’investigazione è la sua passione. Alle spalle, un’adolescenza tormentata da due gravi lutti in famiglia, l’attivismo nei centri sociali e una sfrenata passione per il punk. Ecco la traiettoria vincente percorsa da Cataldo Ciccolella dagli anni del liceo al successo nella tv di Stato.

Cataldo Ciccolella, come sono stati i tuoi primi anni a Corato?

Mia madre insegnava italiano e latino. Forse è da qui che deriva la mia passione per la scrittura, la letteratura e le lingue straniere. Ho frequentato il liceo classico Oriani, a Corato. Mi piacevano il latino e il greco perché sono lingue razionali e ordinate, che facevano da contraltare alla mia personalità. All’epoca ero un po’ ribelle, seguivo la scena musicale punk e organizzavo le occupazioni studentesche.

La tua famiglia è stata colpita da due lutti importanti, che hanno cambiato per sempre la tua vita.

Quando ti confronti con la morte di un fratello – Antonio, di 17 anni – avvenuta a fine ‘99 e pochi mesi dopo, a marzo 2000, con quella di mio padre, peraltro poco dopo che mi ero trasferito a Roma, vedi altri valori nella vita.

Cosa ricordi dei tuoi anni a Roma?

Una delle poche cose positive di quel periodo è l’aver visto tante facce della stessa società. A Roma ho frequentato attivamente i centri sociali. Ho vissuto in una casa occupata. Ero iscritto al Dams, che in genere non è un corso di laurea che consiglierei. Ma l’aver avuto come docente Carlo Freccero – all’epoca direttore di Rai2 – mi ha aiutato tantissimo a comprendere il funzionamento della macchina televisiva. Ma io guardavo al mondo del documentario…

Quali sono state le tue prime esperienze un questo campo?

Ho iniziato a lavorare con Alessandro Piva, collaborando alla lavorazione di Pasta Nera. Con lui mi sono fatto anche una grande esperienza nella scrittura di sceneggiature.

Come sei approdato in Rai?

Mentre coltivavo la passione per il cinema, c’è stata una selezione Rai per programmisti registi i a livello nazionale. Ho partecipato così, senza crederci troppo: pensavo fossero tutti raccomandati. E invece l’ho superato. Quando andai in sede per il colloquio conoscitivo, spiegai che mi appassionavano le tematiche sociali.

Da lì, il balzo a Report. Cosa ti ha spinto in questa redazione?

Nel 2010 Sigfrido Ranucci cercava un redattore completo da inserire nella redazione di Report. Annamaria Catricalà – la nostra capostruttura – disse che io avrei potuto farlo. Avevo dimestichezza con visure catastali, indagini e ricerche. Quando sono andato lì, ho stretto subito un buon rapporto con Milena Gabanelli anche grazie al metodo di archiviazione mail che ho creato.

Perché è stato così importante?

Ogni anno a Report arrivano circa 30-35 mila segnalazioni. Alcuni inviano lettere cartacee. Altri vengono anche in redazione a raccontare le loro storie. Dare seguito a tutto questo senza un’archiviazione ragionata era impossibile. Ma così si rischiava di perdere una vera e propria miniera di informazioni. Così sviluppai un sistema di archiviazione tematica che usiamo tuttora. Con la mia buona memoria sulle fonti e l’archiviazione delle mail abbiamo potuto utilizzare tante fonti, che altrimenti sarebbero andate perdute.

Qual è stata la tua prima inchiesta?

Quella sui biscazzieri e sui concessionari del gioco d’azzardo statale. Sapevo già fare le visure, ma leggerle e ottimizzarle a scopo investigativo era un’altra storia. Durante il mio lavoro a Report imparai a utilizzare a fini investigativi anche all’estero, molto utili nel caso di ricerche sui cosiddetti paradisi fiscali. Da redattore semplice, sono diventato qualcos’altro: avevo l’esperienza per guidare gli altri. Così sono entrato a far parte del gruppo dei co-autori del programma (sono 5, ndr.).

Hai mai lavorato su casi che riguardassero Corato?

No, ma so che un mio collega ha intervistato Gino Perrone quando era sindaco, forse 15 anni fa. Un altro collega venne a raccontare la stretta della regolamentazione sulle gomme da neve sulle strade. Ma io, da coratino, non potrei mai lavoraci.

Che emozione ti dà fare il giornalista?

Piacere fisico. È un po’ come un gioco, dove ci sono continue scoperte. Mi diverte la parte di indagine. Magari si ha un’ipotesi, la seguo e riesco a verificarla. Ma se non trovo conferme, non mi accanisco.

Nei tuoi anni di esperienza, come hai visto cambiare il mondo del giornalismo?

Andrò in controtendenza, ma secondo me ci sono dei miglioramenti rispetto al passato. Sono aumentate le collaborazioni internazionali. Insieme alla globalizzazione del crimine e della corruzione, si è globalizzata la risposta giornalista. Quindi è più facile procurarsi documenti, appoggi, fonti. Le cooperazioni internazionali permettono di condividere informazioni privilegiate e gestire dati complessi più facilmente.

Quali pensi siano le criticità?

Senza dubbio i social network, che amplificano uno dei problemi di fondo dei giornalisti: l’ego. Il feedback del pubblico ora è molto più forte e questo porta i colleghi ad autoesaltarsi. Per esempio, vedo tanti che invece di cercare notizie su Twitter, passano il tempo a scrivere di sé. In più, a mio avviso, non c’è una buona nuova generazione di giornalisti. Se prima c’erano persone molto, troppo, ideologiche, oggi al contrario non si ha una visione di insieme, di dove stiamo andando. Come occidentale, vedo che il nostro mondo sta naufragando. Eppure il giornalismo racconta il nostro tempo in modo quasi feriale, senza rendersi conto del momento drammatico – ma non irreversibile – in cui ci troviamo. Il racconto si ferma ai singoli fatti, ma senza una vera visione di insieme.

Anche tu come tanti altri sei uno dei cosiddetti “sposi covid”: ci racconti la tua esperienza?

È stato tutto molto difficile. Ci siamo sposati il 27 giugno, ma prima abbiamo dovuto assistere alla cancellazione di quattro voli prima di poterci incontrare di nuovo, perché mia moglie Gemma è straniera e a causa della quarantena era bloccata nel suo Paese, le Filippine. Una volta in Italia, mentre Gemma era in quarantena, ho organizzato tutto con la collaborazione dei miei amici a Roma e con l’aiuto del sacerdote che ci ha preparato. Siamo entrambi cattolici praticanti e abbiamo fatto celebrare la messa in latino, nel cosiddetto rito antico. Grazie a Whatsapp, abbiamo potuto rendere partecipi in videochiamata i genitori di mia moglie e la sua famiglia, che non hanno potuto essere con noi. Certamente un curioso risvolto della situazione.

Siamo alla vigilia di un’importante sfida, quella per la fascia di Sindaco a Corato. Come vedi il futuro della città?

Non seguo tantissimo la politica coratina, ma penso che Corato abbia un’importante base produttiva da valorizzare. Spero che chiunque vada a governare la città, aiuti le persone a fare impresa, senza far trionfare forze della burocrazia. Stiamo andando incontro a una crisi spaventosa: sarà molto importante che chi ha le possibilità aiuti la comunità in tutti gli ambiti.

Il tuo consiglio per chi desidera diventare giornalista.

Specializzarsi in qualcosa che non sa fare nessuno.

domenica 25 Giugno 2023

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M.G
M.G
10 mesi fa

Un vero giornalista….. è strepitoso……arriverà ancora più in alto!

Filomena Montano
Filomena Montano
10 mesi fa

E’ sempre un onore per i concittadini quando un coratino raggiunge mete alte in qualunque campo

Mario Lagrasta
Mario Lagrasta
10 mesi fa

Carissimo Aldo, in pediatria il vero problema non è l’antibiotico-resistenza ma la COMPLIANCE cioè il rispetto della terapia. Nel 1976 quando venni a Corato ci fu una epidemia di FARINGO-TONSILLITI da
STREPTOCCO PIOGENE, terapia: 10 GIORNI di ZIMOX o AUGMENTIN. Dopo 3-4 giorni di terapia il bambino guariva ( GUARIGIONE CLINICA) la madre sospendeva la terapia, quindi ricaduta oppure complicanze cardiache o renali IL problema fu risolto grazie al grande reumatologo CAMILLO BALLABIO che affermava: ogni mal di gola del bambino IMMEDIATAMENTE una DIAMINOCILLINA 1.200.000. L’UOVO di COLOMBO…una sola dose assicurava 21 giorni di terapia. Per la cronaca la Cardiopatia Reumatica era la prima causa di morte dei ragazzi di 4-14 anni

Cataldo Ciccolella
Cataldo Ciccolella
10 mesi fa
Rispondi a  Mario Lagrasta

Carissimo dott. Lagrasta, è un piacere leggerla, la ringrazio molto per la precisazione. Il tema della compliance in effetti è trattato nel libro ed è molto serio. Sicuramente pazienti e parenti hanno una responsabilità nel seguire la terapia indicata e non darsi al fai da te. Un cordiale saluto. C. Ciccolella