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Corato dall'alto: il campanile e gli archi di San Benedetto come non li avete mai visti
Le immagini dal drone

Corato dall’alto: il campanile e gli archi di San Benedetto come non li avete mai visti

Giuseppe Cantatore. Foto e video Francesco De Marinis
È uno scorcio della città noto a pochi. Una prospettiva diversa ed emozionante. Salire sul campanile della chiesa di San Benedetto offre un osservatorio privilegiato sul centro storico e un punto di vista unico su un importante pezzo del patrimonio artistico cittadino
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È uno scorcio della città noto a pochi. Una prospettiva diversa ed emozionante. Salire sul campanile della chiesa di San Benedetto offre, insieme, un osservatorio privilegiato sul centro storico e un punto di vista unico su un importante pezzo del patrimonio artistico cittadino.

Ci si arriva attraverso un percorso che è anch’esso un’esperienza molto particolare. Lasciandosi alle spalle la parte interna della chiesa – da poco riaperta ai fedeli dopo quattro anni di chiusura – e aprendo un piccola porta nascosta in un angolo della sacrestia, spunta una scala ripida e polverosa. Inerpicandosi lungo i gradini si osserva la chiesa dall’alto e, dopo pochi passi, ci si imbatte in quello che sembra un gigantesco armadio. Ma basta sollevare il telo di cellophane e aprire le ante per vedere svelato – nella sua bellezza e nella sua precarietà – l’antico organo a canne della chiesa.

È un organo maggiore, chiamato così perché collocato sulla tribuna sopraelevata: risale al 1700 ed è il più antico di Corato insieme a quello della chiesa del Carmine. Versa, purtroppo, in pessime condizioni e necessiterebbe di un ampio restauro.

«Si presenta – come ci hanno raccontato negli anni scorsi Ettore Torelli e Maria Teresa Malcangi nella fortunata rubrica di CoratoLive “Turisti per casa” – composto da una cassa superiore o alzata in legno dipinto, in cui sono collocate le canne, la tastiera e i registri, e da un basamento ligneo molto rovinato (e privo di alcuni pannelli) che dovrebbe racchiudere ciò che rimane della manticeria, della pedaliera e di tutta la trasmissione. La facciata della cassa è chiusa da quattro portelle rettangolari unite a coppie simmetriche, sulle quali sono dipinte alcune decorazioni vegetali e floreali costituite da rami intrecciati. La tastiera è formata da 45 tasti molto rovinati alla cui destra vi sono i registri a pomello, mentre la pedaliera, non più visibile, doveva essere a “leggìo”».

Superato l’organo e salita un’altra manciata di gradini, si esce all’esterno, dove si stagliano all’orizzonte il loggiato e campanile, elegante punto di riferimento per chi, da Trani, arriva a Corato. Luogo dal quale, tra le altre cose, si scorgono altri tre campanili della città: quello della chiesa Matrice, della chiesa di San Domenico e della vecchia chiesa di San Francesco, ora sconsacrata.

Il video in alto, con le immagini catturate anche dal drone, mostra il campanile in tutto il suo splendore barocco, insieme alla serrata sequenza di archi che si affacciano su via San Benedetto. Tutto è reso ancora più lucente dalle opere di restauro, consolidamento e risanamento conservativo concluse nei mesi scorsi e descritte, nel video, dall’architetto Rosalia Loiodice che ha diretto i lavori. Sulle pietre bianche del campanile spicca anche il corvo in ferro appena sostituito (il vecchio, ormai irrecuperabile, è stato rimosso e conservato) e collocato subito sotto la croce.

Il corvo è infatti uno dei simbolo riconducibili a San Benedetto, la cui immagine rimanda a un tentativo di avvelenamento subìto dal Santo. L’episodio narra di come il sacerdote Fiorenzo, “istigato dallo spirito maligno” e bruciante “d’invidia per i progressi virtuosi dell’uomo di Dio” (Gregorio Magno, Dialoghi, II,8) inviò a San Benedetto, nel frattempo nuovamente ritiratosi in eremitaggio, un pane avvelenato. Venuta l’ora di mangiare ed avvedutosi dell’inganno, San Benedetto comandò ad un corvo che “veniva abitualmente dalla vicina selva […] e beccava poi il pane dalle mani di lui” di raccogliere quel pane e gettarlo in un luogo dove nessun altro avrebbe potuto cibarsene. Il corvo “l’afferrò col becco, lo sollevò e volò via”.

Il valore storico-artistico dell’edificio

L'organo maggiore del 1700
L'organo maggiore del 1700

La chiesa di San Benedetto e l’annesso monastero risalgono al XVII secolo. Le attuali fabbriche ricalcano quelle di una precedente struttura religiosa intitolata a Santa Maria dell’Annunziata, monastero femminile di osservanza benedettina presente già alla fine del 1400. Queste monache erano presenti a Corato sin dal XIII secolo, nel vicino complesso, fuori dalle mura cittadine, di Santa Maria Vetere (oggi San Domenico). Per motivi di sicurezza decisero di trasferirsi all’interno del nucleo urbano posto a ridosso delle mura.

Nel 1615, il vescovo Alvarez e il Sindaco dell’Università di Corato ritennero opportuno ingrandire il complesso delle benedettine e realizzare una nuova porta di accesso alla città. La nuova porta, detta Alvarez e meglio conosciuta come Porta delle Monache venne eretta nel 1625. La chiesa assunse le dimensioni e l’assetto attuale nel 1627, data riportata sull’architrave del portale d’ingresso della chiesa.

Il progetto fu realizzato sul suolo dell’Abbazia di Sant’Antonio di Vienna di proprietà della famiglia Patrono. La facciata in bugnato rustico, prospiciente via san Benedetto, è parallela all’asse (nord-sud) longitudinale della chiesa. Il portale, a sud, in direzione di via Monte di Pietà, è l’unica bucatura della parte basamentale. La zona superiore della facciata fu modificata e ampliata durante il XVIII secolo. Probabilmente in seguito ai danni causati dal susseguirsi di terremoti tra il 1731 e il 1743. Fu innalzata la facciata fino al cornicione e ampliate quattro delle cinque finestre preesistenti. Si coronò il prospetto con un ulteriore piano scandito da undici paraste e dieci campate. Nove campate in tufo costituiscono il loggiato.

Dall’ultima campata a sud, in pietra, parte l’elegante campanile sormontato da un ordine di quattro pilastri in pietra e tufo che ospitano le tre campane e reggono la volta con la sovrastante barocca terminazione a bulbo. Quella sul prospetto è la campana più antica, datata 1718 (probabilmente appartenente ad un precedente campanile); le altre sono più recenti. La campana a sud, del 1945 è stata realizzata dalla “Fonderia Giustozzi Nicola e Figli di Trani”. La campana a nord è datata 1981. Sull’architrave tra il primo e il secondo ordine del campanile è incisa la data “AD 1768”. Durante il ’700, anche l’interno dell’edificio subì un radicale rinnovamento dell’apparato decorativo.

La chiesa è ad aula unica. La copertura, costituita da una volta a botte unghiata, scarica sulle murature laterali articolate in una serie di cinque arconi all’interno dei quali sono collocate le cappelle ornate con pregevoli sculture e altari. Di pregevole fattura è anche la pala d’altare: una tela del 600 raffigurante l’Annunciazione. L’attacco tra la volta e gli arconi sottostanti è mediato dal matroneo: sono coretti con grate lignee tipici delle chiese conventuali femminili chiamate “gelosie” perché proteggevano le monache, che seguivano le celebrazioni liturgiche, lontane da occhi indiscreti.

Nel 1825, com’è indicato in alto sul medaglione centrale della cantoria, si eseguono dei lavori di restauro e consolidamento in seguito ai danni causati dalla demolizione, nel 1821, dell’attigua Porta di accesso alla città. Al 1853 si fanno risalire ulteriori lavori che riguardano l’apparato decorativo, gli stucchi che rivestono l’intradosso della volta e le murature dell’aula liturgica. Nella seconda metà del 900 vengono eseguite opere di consolidamento e ristrutturazione delle coperture con la demolizione del tetto e la realizzazione di un terrazzo piano in corrispondenza dell’aula liturgica.

martedì 20 Dicembre 2022

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