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Riscoprire le proprie radici: «Ecco perché mettere in rete gli archivi ecclesiali di Corato»

Marina Labartino
Riscoprire le proprie radici: «Ecco perché mettere in rete gli archivi ecclesiali di Corato»
​Il ruolo degli archivi ecclesiali di Corato nei secoli​ e l'importanza di mettere on line i dati ai fini della ricerca genealogica​. Parla James Smith, presidente dell'associazione "Atelier Généalogique" di Marsiglia
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Sono trascorsi oltre 140 anni da quando i primi coratini sono emigrati in Francia (nel 1876 verso Grenoble a Fontaine), circa 118 verso gli Stati Uniti (nel 1902) e oltre 70 verso il Venezuela (a partire dal 1947). Oggi, i discendenti di questi primi emigranti si sono perfettamente integrati nella loro terra di accoglienza. Allo stesso tempo, però, c’è un crescente desiderio di scoprire le proprie origini. In questo viene in aiuto la genealogia, divenuto un fenomeno sociale diffuso in tutto il mondo.

Numerosi sono i siti (come Geneanet, il più vasto di Francia) che hanno pubblicato alberi genealogici (circa un migliaio) contenenti dati di almeno una persona nata a Corato. In tale contesto gli archivi ecclesiastici rivestono una particolare importanza.
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Va precisato che la digitalizzazione di una parte degli archivi della Chiesa Matrice di Corato (“Atti di Battesimi” dal 1582 al 1925/1930 e “Registri di matrimonio” compresi tra il 1584 e il 1925/1930) è già stata effettuata nel 2008 da Pierre Marzocca, francese discendente da migranti coratini -al quale va tutta la gratitudine per la mole di lavoro svolto- su richiesta del rettore dell’epoca don Gino Tarantini, sacerdote lungimirante circa la scelta di tutelare e conservare su supporto digitale un patrimonio storico che rischiava di andare disperso non solo a causa di vetustà e fragilità ma anche per la conservazione alquanto difficile, in ambienti poco idonei.n

Oggi la versione digitale di questi dati è in possesso di don Giuseppe Lobascio, attuale vicario della Zona Pastorale San Cataldo, nonché rettore della Chiesa Matrice di Corato. Resta ancora da informatizzare il registro dei defunti, il registro delle promesse di matrimonio e il registro genealogico che la Chiesa Matrice ha redatto in passato per evitare nozze tra consanguinei.n

Al proposito abbiamo intervistato il professor James Smith, presidente dell’associazione “Atelier Généalogique” di Marsiglia, che ci illustra il ruolo fondamentale assunto dall’Archivio Capitolare di Santa Maria Maggiore nel corso dei secoli per le famiglie coratine.n

Nella seconda metà dell’800, l’80% della popolazione italiana, e ovviamente coratina, risultava essere analfabeta. La maggior parte delle persone non aveva quindi la possibilità di verificare eventuali errori commessi dagli impiegati dello Stato Civile sui documenti. In che modo gli archivi della Chiesa venivano in aiuto?
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«Pierre Marzocca, che ha ricostruito parte della storia della sua famiglia, mi ha ufficialmente autorizzato a usare e pubblicare i suoi dati (lo ringrazio per la cortese disponibilità) come dimostrazione di quanto fondamentale sia stato il ruolo sociale di verifica della Chiesa in alcune situazioni poco chiare. Nel 1907, infatti, emerse un errore che fu possibile correggere proprio grazie alla consultazione dell’archivio capitolare. In quel tempo la famiglia Marzocca ha dovuto “riordinare” i documenti dello Stato Civile affinché si potesse celebrare il matrimonio di Rosa Marzocca (figlia primogenita di Giuseppe Marzocca e di Maria Masciavé) con Pasquale Rutigliano.

Questo perché nel certificato di nascita dello Stato Civile di Rosa Marzocca, nata nel 1887, risultava che il nome della madre era erroneamente Rosa Mangione anziché Maria Masciavé. Grazie alla ricerca effettuata presso gli archivi ecclesiastici, il Tribunale di Trani si pronunciò il 25 marzo 1907 sulla variazione, lo Stato Civile poté essere rettificato e il matrimonio celebrato il 26 maggio di quell’anno. Attraverso la consultazione dei suoi archivi, la Chiesa ha evitato intoppi di ogni genere e consentito di correggere errori e/o imprecisioni».n

Tra i compiti della Chiesa, troviamo anche quello di verificare i legami di sangue tra i nubendi.
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«Sì, addirittura a Corato c’è proprio un registro dedicato che non è stato ancora digitalizzato. Nelle società endogame i matrimoni si contraevano quasi sempre tra persone residenti nello stesso paese, cioè generalmente tra cugini più o meno lontani. Secondo il diritto canonico i matrimoni tra cugini di secondo grado (con nonni in comune) non erano ammessi, salvo l’autorizzazione del Pontefice; tra cugini di terzo grado (nati da cugini di secondo grado, con bisnonni in comune), era invece necessaria la dispensa del Vescovo. Un esempio di verifica è quella relativa al matrimonio contratto tra Rosa Marzocca e Luigi Di Gioia nel 1910. Come si evince dal ricostruito albero genealogico, la situazione era confusa.

Teresa Scaringella (nata nel 1858), moglie di Cataldo Marzocca (nato nel 1855) e madre di Rosa (nata nel 1889), era sorella di Angela Maria Scaringella (nata nel 1840) coniugata in seconde nozze con Luigi Di Gioia (nato nel 1827). In prime nozze, invece, lo stesso Luigi Di Gioia (nato nel 1827) sposò Maria Domenica Rubini (nata nel 1823), dalla quale ebbe un figlio, Vincenzo (nato nel 1852), padre di Luigi Di Gioia (nato nel 1883) e promesso sposo di Rosa Marzocca. Dunque, nonostante il rapporto che univa nonno Luigi Di Gioia alle due famiglie, non c’erano controindicazioni al matrimonio: Rosa Marzocca era una semplice nipote acquisita per parte di madre. Dalla verifica risultò che non sussistevano legami di sangue tra i due sposi e non fu necessaria alcuna dispensa».n

Altrettanto diffuse erano le omonimie, causate dall’usanza di imporre ai nipoti lo stesso nome dei nonni, generando rischi di confusione elevati. Come ci si districava?
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«Per tutte le verifiche la Chiesa si concentrava soprattutto sull’identità della madre. Ad esempio, tra i documenti della famiglia Marzocca, compaiono più volte i nomi Luigi, Grazia e Rosa, con cognomi anche identici. Luigi Marzocca, nato il 12 gennaio 1825, figlio di Domenico e Nunzia Piombino, sposò Grazia Tedone il 24 febbraio 1854. Grazia, nata il 27 settembre 1834, era figlia di Pasquale Tedone e Rosa Craco. Luigi Marzocca, nato il 25 febbraio 1830, figlio di Vincenzo e Maria Caccavo, sposò Rosa Tedone il 19 luglio 1851. Rosa, nata il 7 ottobre 1831, era figlia di Cataldo Tedone e Grazia Tempesta. Grazia e Rosa Tedone erano cugine di primo grado; avevano in comune i nonni paterni: Francesco Tedone (1770-1845) e Rosa Tarricone (1776-1816). Pierre Marzocca ha verificato di essere discendente di Luigi Marzocca e Rosa Tedone».n

La consultazione degli archivi ecclesiastici non solo consentiva di districare i casi di omonimia, ma anche quelli relativi a discordanze tra il cognome dei figli con quello del padre.
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«Sì, lo conferma l’estratto della foto del libro 16 che, consultato in occasione delle nozze tra Pietro Marzocca e Rosa Di Candia, determina il seguente albero genealogico:

La sfida essenziale per il genealogista ecclesiale sembra essere stata quella di identificare la famiglia della sposa Rosa… Di Candia o Di Candido? C’era almeno una confusione ortografica da chiarire, come mostra il dettaglio della foto del patronimico:

firman

Ecco le origini di Rosa Di Candia: Mauro Di Candia morì nel 1836. Suo figlio, Giuseppe, nato nel 1814, fu invece registrato con il cognome Di Candido e con lo stesso cognome sposò Angela Bonadies il 16 gennaio 1842. Suo fratello Pasquale (nato nel 1821 e registrato anch’egli come Di Candido), sposò Maria Lastella (o La Tella) nel 1844. Mauro Di Candido, nato nel 1844, figlio di Pasquale, sposò Rosa Bonadies nel 1865 generando Pasquale Di Candido nel 1866. Quest’ultimo sposò Anna Piccarreta che dette alla luce Rosa Di Candido nel 1903, ma la neonata venne registrata inspiegabilmente con il cognome Di Candia, come il trisnonno, e con tale cognome sposò Pietro Marzocca nel 1919. Anche il fratello di Rosa, Mauro, nato nel 1910 venne registrato con il cognome Di Candia. mOggi i due cognomi -Di Candia (o De Candia) e Di Candido- coesistono, ma forse non nella stessa famiglia».n

Per quale motivo oggi, secondo lei, la Chiesa dovrebbe mettere in rete i suoi archivi ecclesiali?
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«Ai fini della ricerca delle origini, che oggi si conferma sempre più un elemento del diritto europeo, lo sviluppo della ricerca genealogica – in particolare attraverso Internet – permette ai discendenti degli emigranti di accedere più agevolmente alla storia familiare e, potenzialmente, contribuire con la loro testimonianza all’approfondimento della storia delle migrazioni, dimostrando il valore della loro presenza all’interno della vita economica e sociale dei paesi ospitanti. Documentarla è diventato complesso in quanto, alla transnazionalità di alcune famiglie, si è aggiunta la difficoltà dovuta alla natura endogama della società coratina e pugliese in generale. In alcuni casi, la ricerca potrebbe anche permettere ai discendenti degli emigranti di riscoprire legami familiari dimenticati da tempo.

Sono queste le argomentazioni che giustificherebbero pienamente la messa a disposizione online dei registri della Chiesa in modo che gli interessati di tutto il mondo possano accedervi. La chiesa cattolica è cosciente del dovere che ha di custodire e mettere a disposizione degli studiosi l’immenso patrimonio storico da lei detenuto, favorendo l’accesso ai dati anche mediante le nuove tecnologie. Questo perché il Vaticano sembra incoraggiare l’uso degli archivi per la ricerca, non esiste una legge che vieti la pubblicazione degli archivi online tant’è che molte sono le diocesi italiane che lo hanno già fatto da tempo».n

domenica 5 Luglio 2020

(modifica il 21 Luglio 2022, 1:11)

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Gino Terrone
Gino Terrone
3 anni fa

Sarebbe bello avere la collaborazione della esimia dottoressa MARIA FRANCESCA CASAMASSIMA. Massima esperta coratina, e non solo, del settore. Grazie a lei è rinata la biblioteca comunale coratina.

Michele Iacovelli
Michele Iacovelli
3 anni fa

Molte Diocesi Italiane e Archivi di Stato sono impegnati da anni, nell'ambito delle Giornate Europee del Patrimonio, in progetti di sviluppo di Turismo Genealogico in grado di valorizzare il ricco patrimonio archivistico che l'Italia possiede in forma diffusa sull'intero territorio nazionale. Se la ricerca genealogica, infatti, è un fenomeno in continua crescita, le motivazioni vanno ricercate in fattori quali il desiderio di avvicinarsi ad un patrimonio storico culturale – gli archivi – apparentemente riservato solo ad una èlite di ricercatori specializzati e la possibilità di attivare una ricerca storiografica a portata di tutti, che consenta di riscostruire le storie delle persone, utilizzando le tracce che queste hanno lasciato nei documenti e nei luoghi in cui hanno vissuto.