Libri

Oltre le distanze. Cecilia Strada: «Sono andata lontano per capire cosa accade qui»

Ingrid Vernice
Cecilia Strada ospite da SonicArt
«Una guerra come quella in Yemen, apparentemente lontana da noi, utilizza bombe prodotte in Italia» ha detto la figlia del fondatore di Emergency, ospite della libreria SonicArt
1 commento 308

Cosa significa l’espressione la guerra tra noi? Perché paghiamo tutti il conto salato dei conflitti anche molto distanti da noi? Come si fa a rimanere positivi e a continuare il lavoro negli ospedali di Emergency nonostante l’orrore?

A queste domande ha cercato di rispondere Cecilia Strada, figlia del fondatore di Emergency, ed autrice del libro “La guerra tra noi”.

Ospite della libreria SonicArt, da poco trasferitasi in corso Mazzini, la Strada ha creato una mappa ideale in cui è possibile risalire a alla città rete di “fili”, come lei stessa li ha definiti, che mantengono lo stato di guerra.

«Anche se la guerra ci sembra lontana, purtroppo non è così. Ogni giorno ne subiamo quasi inconsapevolmente le conseguenze. La prima è sicuramente il senso di insicurezza: che sia un attentato a Parigi o uno in Afghanistan, nonostante i chilometri, è la sensazione di sentirsi al sicuro a mancare. Viviamo in un mondo globalizzato ed è assurdo pensare che possiamo vivere uno staccato dall’ altro; questo vale anche per le guerre.

Una guerra come quella in Yemen, apparentemente lontana da noi, utilizza bombe prodotte in Italia. Una pratica che va contro ogni principio pacifista e anche contro l’articolo 185/90», ha spiegato la Strada.

La guerra tra noi
«Sono andata lontano per capire quello che succede qui». Questa affermazione, messa come sottotitolo all’avvincente libro di Cecilia Strada, La guerra tra noi, è forse la chiave di lettura più profonda e complessiva per comprendere ciò che l’autrice racconta.

Una riflessione critica sul mondo nel quale siamo immersi che si sviluppa attraverso alcune parole/espressioni-chiave.

La prima è “sicurezza” e mette in evidenza una grande contraddizione; si dice che è per la nostra sicurezza che andiamo in guerra, fabbrichiamo armi, manteniamo eserciti e alleanze militari, ma questo non significa sentirsi al sicuro. È necessario liberarsi dalla paura e questo sicuramente non sarà mai possibile scatenando una guerra.

La seconda parola è “responsabilità”; credere di affrontare una guerra e non esserne responsabili è un controsenso.

La terza è “conseguenze”</strong>; “il conto della guerra” si presenta sia nei luoghi in cui è combattuta, sia dove la si prepara e sostiene. Una delle voci di questo conto, che paghiamo qui, è quello delle persone che da noi cercano rifugio, quelle che, secondo una propaganda purtroppo oggi molto in voga, dovremmo “aiutare a casa loro”.

Ultima espressione è ottimismo; quello stesso ottimismo che spinge In questa ostinazione sta la forza di chi rifiuta di sentirsi impotente e, nonostante tutto, cerca di percorrere strade di resilienza, di solidarietà e di lotta.

La legge n. 185
È stata approvata nel 1990 a seguito di alcuni scandali, quali ad esempio il coinvolgimento di una filiale statunitense di una grande banca italiana (la BNL di Atlanta) nella vendita illegale di armi all’Iraq di Saddam Hussein. La legge prevede che ogni anno i differenti ministeri interessati (Affari Esteri, Interni, Difesa, Finanze, Industria, e altri per quanto di rispettiva competenza) preparino una relazione da presentare al Parlamento entro il 31 marzo, per le operazioni relative all’anno precedente in materia di importazione ed esportazione dei sistemi di armamento da e per l’Italia. Impedisce inoltre che sistemi d’arma italiani possano essere venduti a paesi in conflitto, che violano gravemente i diritti umani e che rientrino in quelli che vengono definiti i Paesi HIPC (nazioni povere pesantemente indebitate).

Emergency
È un’associazione italiana indipendente e neutrale, nata nel 1994 per offrire cure medico-chirurgiche gratuite e di elevata qualità alle vittime delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà. Ha come capisaldi la promozione di una cultura della pace, solidarietà e rispetto dei diritti umani.

È riconosciuta come ong partner delle Nazioni Unite – Dipartimento della Pubblica Informazione e facciamo parte dell’Economic and Social Council come associazione in Special Consultative Status.

sabato 26 Maggio 2018

(modifica il 22 Luglio 2022, 14:16)

Notifiche
Notifica di
guest
1 Commento
Vecchi
Nuovi Più votati
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
 salvatore di gennaro
salvatore di gennaro
5 anni fa

L'uomo è stato programmato per stare sempre in guerra con qualcuno o con qualcosa. Lo noto io che odio le sfide, le gare, gli scontri, il misurarsi, le competizioni di qualunque tipo, anche quelle che sembrano innocue come ad esempio una partita: è un modo per far emergere la nostra voglia di vincere, di imporci, di sottomettere ed umiliare l'avversario di turno. Mai come adesso alla tv, attuale e trasformata, ab origine, madre sciagurata di ogni influenza sociale, si sono viste trasmissioni solo basate sulla competizione: nessuno nota questo drammatico ritorno paleolitico al gusto e al piacere, da parte dello spettatore, della competizione pura. Solo io. E' per questo che accetto, senza sconvolgermi, l'idea della guerra come un qualcosa di inevitabile, di compagna inseparabile dell'uomo.