25 aprile

La Resistenza dei soldati italiani internati in Germania: diario della prigionia di Giuseppe Tandoi

Pasquale Tandoi
Giuseppe Tandoi prigioniero
Il racconto della dura esperienza di internato del sottotenente di fanteria Giuseppe Tandoi, classe 1912, laureato in lettere classiche, già docente di latino e greco
5 commenti 1987

Furono oltre 810mila i soldati italiani fatti prigionieri dai tedeschi all’indomani dell’8 settembre. Di questi, 94mila decisero dal primo momento di schierarsi con la Repubblica di Salò. Altri 103mila saranno gli “optanti” che, successivamente, cedettero alle pressioni dei reclutatori fascisti nei campi. La grande maggioranza – oltre 600mila – scelse invece di patire le sofferenze della prigionia piuttosto che schierarsi a fianco dei nazisti. Era la Resistenza sofferta, silenziosa e senz’armi dei militari italiani.

Ma anche la storia degli internati militari in Germania è stata per molto tempo trascurata. Eppure se ne conosceva il numero, si sapeva con quali angherie i tedeschi e i rappresentanti della Repubblica Sociale avessero cercato di indurli a cooperare. Migliaia e migliaia di soldati che avevano tenacemente resistito alle loro false lusinghe, spinti soprattutto dal giuramento di fedeltà al re d’Italia.

Proprio per quest’ultima ragione, la storia degli internati non era gradita ai partiti di sinistra e, di conseguenza, essa finì in una sorta di limbo della memoria. Il ghiaccio fu rotto da Alessandro Natta, segretario generale del partito comunista dal 1984 al 1988, che solo nel 1991, dopo il crollo del Muro di Berlino, parlò della propria esperienza di internato e rivelò che già nel 1954 aveva scritto un libro sulla sua prigionia, ma che il suo partito gli aveva proibito di pubblicarlo perché “non opportuno”. Il libro fu infatti edito soltanto nel 1997 con il titolo L’altra Resistenza ed ebbe il merito di “sdoganare” finalmente anche a sinistra la storia dei nostri internati.

Scrive Natta: La fame ci aveva condotto a esasperate e cerebrali espressioni di diffidenza e di egoismo. Una forma di pane veniva divisa geometricamente in parti uguali; quindi le parti si eguagliavano fino al grammo con bilance sensibili come quelle dei farmacisti, e quando l’eguaglianza nel peso e nella forma era quasi assoluta si tirava ancora a sorte: era vera la diffidenza, come vera, autentica era la fame. La generosità scompare e nessuno è disposto a dividere qualcosa con i compagni.

Ritroviamo in gran parte le stesse considerazioni nelle pagine del diario (riportate in corsivo) di prigionia di Giuseppe Tandoi, uno dei tanti coratini che dissero no.

Il racconto della dura esperienza di internato del sottotenente di fanteria Giuseppe Tandoi, classe 1912, laureato in lettere classiche, già docente di latino e greco, è estremamente sintetico, quasi lapidario, scritto su una agendina. Non poteva non iniziare che dall’8 settembre, il giorno dell’armistizio ma anche del caos. I militari erano senza precise direttive. Che fare? Seguitare a combattere a fianco dei tedeschi? Consegnare le armi con la promessa del ritorno in Italia? Dichiarare apertamente di essere contrari alla Germania?

Fu un susseguirsi di notizie incomprensibili e contradditorie che provocò una confusione indescrivibile nel Comando in Albania, dove si trovava Tandoi.

Il generale Papini non prendeva alcuna decisione, altri ufficiali sostenevano di dover continuare a combattere a fianco dei tedeschi. I più affermavano, invece, che l’ordine del maresciallo Badoglio era chiarissimo. Si fa per dire. La maggioranza manifestò, con decisione, l’opinione di non cedere le armi a nessuno e la volontà di tentare di raggiungere in qualsiasi modo il nostro Paese. Poi giunse l’ordine del Comando d’Armata, firmato dal generale Vecchiarelli, che disponeva di consegnare le armi pesanti ai tedeschi e di concentrarsi in determinati luoghi di adunata per rientrare in Italia. Era la fine di ogni possibile resistenza, poiché è facile comprendere che dopo aver consegnato le armi pesanti si rimaneva alla mercé dei tedeschi.

Le prime parole del diario di Tandoi confermano questa situazione caotica: Albania, aeroporto di Devoli. Dopo la mezzanotte in contatto telefonico con Tirana il Col. Di Maio, Capo di S.M., dispone: “Se c’è attacco Anglo-Americano vi tirate in disparte; contro attacchi di partigiani partecipate alla difesa con i Tedeschi’’.

Ma i tedeschi erano ancora alleati? E i nemici chi erano? Solo i partigiani albanesi? E gli anglo-americani cos’erano diventati? La guerra, quindi, continuava. Ma contro chi?

Nelle ore successive si capì meglio l’intenzione dei tedeschi:

Notte tra 10 e 11 settembre 1943. Prese le armi pesanti, i Tedeschi ci privano anche delle armi leggere e personali. Quindi di giorno in giorno confinati in un angolo dell’aeroporto. Limitazione delle libertà personali.

Iniziò subito la martellante pressione a collaborare: Richiesta di continuare a combattere a fianco dei camerati tedeschi. Richiesta di squadre di avieri per il lavoro.

Il 27 settembre furono trasferiti a Bituli, in Macedonia, dove i prigionieri vennero separati: Campo Graziani per i Fascisti di Mussolini e attendamento per gli altri.

Coloro che si rifiutarono di collaborare furono deportati. L’11 ottobre giunsero a Meppen, Bassa Sassonia, a 20 km dal confine olandese. Un campo di smistamento. Continuarono le richieste: Proposta di aderire alle SS. Proposta di passare nell’esercito repubblicano fascista.

Il 24 partenza da Meppen. Dopo quattro giorni in convoglio ferroviario di carri bestiame, arrivo in Polonia a Biala Podlaska, a 150 km ad est di Varsavia. L’8 novembre 1943 giunse in visita un pezzo grosso della repubblica di Mussolini, il Generale Sisini, per propaganda e raccogliere adesioni al Partito Repubblicano Fascista. Si forma il Gruppo dei Repubblicani Fascisti.

Ai primi di gennaio, fu probabilmente il freddo terribile, oltre alle privazioni alimentari, a spingere tantissimi ufficiali ad aderire.

Annotò Tandoi: Adesioni! Adesioni! Adesioni! L’11 gennaio 1944: I non aderenti vengono separati dagli aderenti. 144 non aderenti su oltre 2800 presenti nel campo.

In generale, tra gli ufficiali italiani internati vi furono situazioni contraddittorie. A Deblin, su 7.000 militari internati, i “Sì” furono più di 1.000 con un’alta percentuale proprio tra gli ufficiali, quasi il 32%. A Benjaminowo aderì il 44% degli ufficiali così pure nel campo di Biala Podlaska. All’opposto, a Luckenwalde aderirono solo in 16 su oltre 16.000.

Un appunto a futura memoria: Ricordare trattamento sanitario verso i non aderenti e mercato nero degli aderenti.

Il 24 marzo 1944 un altro trasferimento, a Bremervorde, allo Stalag X B Sandbostel. Sistemazione nella Baracca 73 stanzetta 5.

A Sandbostel fu internato anche lo scrittore Giovannino Guareschi (l’autore di Peppone e don Camillo) che, cominciando una delle sue pagine di appunti, scrisse, con meravigliosa quanto tremenda sintesi: “Qui anche i sogni sono prigionieri”.

Per Giuseppe Tandoi la cultura letteraria contribuì ad evadere mentalmente da quella dura realtà. Era riuscito a portare con sé una versione tascabile della Divina Commedia e delle Georgiche di Virgilio. Anche la fede religiosa ebbe un ruolo importante: assisteva il cappellano militare nella celebrazione della messa.

Dal 4 settembre al 2 ottobre ‘44 ci fu un periodo di tifo petecchiale. Nel febbraio del ‘45 i tedeschi richiesero lavoratori per la ferrovia. Su 1.000 solo 6 furono i volontari. La vendetta dei tedeschi non si fece attendere: Disastro nelle razioni viveri. Si riesce ad ottenere alla mano la margarina nella sbobba.

La situazione alimentare diventava sempre più drammatica. 26 febbraio 1945: 250 grammi di pane in 7, niente patate, riso nero 20 grammi. E così per giorni e giorni: Rape e 250 grammi di pane in 7.

Il 2 marzo, ognuno scambiava quello che poteva per ottenere qualche grammo di pane in più: Attiviamo il commercio, però non ho più nulla da scambiare. La sbobba di farina, pur facendone un miscuglio liquefatto, si va sempre più assottigliando. Ora avverto fame, grande fame. Il pane è molto poco. Sento il bisogno di altro. Commercio con le sentinelle. Per fortuna tengono su lo spirito le notizie sul fronte occidentale. Da 5 mesi non ricevo notizie da casa. Quasi tutti nelle stesse condizioni.

Il 27 marzo: Continuano le restrizioni alimentari. Oggi pane 210 g. in 7; 50 g. di zucchero. Fiorente traffico soprattutto di patate: 6-10 Kg per un pacchetto di sigarette americane. Fame! Gran consumo di rape con conseguente disturbo intestinale.

Il 9 aprile 1945 i soldati tedeschi cominciarono ad abbandonare il campo.

Il 10 ci svegliamo e ci alziamo al rombo dei cannoni, lontani forse una trentina di chilometri. Squadre di prigionieri escono per approvvigionamento viveri. Entrano diversi carichi di patate. Pane di g. 1500 in 9.

Il giorno 12 gli alleati si avvertivano vicinissimi: Continua l’approvvigionamento, patate abbondanti, più di un kg a testa. Sbobba un litro e densa. Cominciano dei casi di diarrea.

Il 16 aprile 1945, ore 8: Grido fatidico: sono arrivati! Tutti fuori al reticolato. Scena indescrivibile. I tedeschi sono sorpresi. Gettano le armi e alzano le mani in segno di resa. 4 carri armati venuti dalla stradetta laterale. Sono inglesi della II armata. Giornata meravigliosa – sole splendente – e calda. 19 mesi e 7giorni di prigionia. La gioia odierna sarà superata solo dalla giornata del ritorno a casa.

(Tratto dal libro di Pasquale Tandoi, Donne e uomini di Corato nella Resistenza).

giovedì 25 Aprile 2024

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franco
franco
8 giorni fa

c’è ancora qualcuno per così dire NOSTALGICO? oppure negazionista? quelle erano le VERE condizioni dei campi di concentramento (o di sterminio?) che gli alleati nazi/fascisti riempirono di ITALIANI! ……..Italiani che- la maggior parte- si rifiutarono di tornare a combattere sul suolo patrio contro altri Italliani ( comprese inermi popolazioni di Italiani non in armi)…..GUERRA CIVILE che comportò distruzioni ed assassinii feroci ma nella quale fu decisiva la RESISTENZA di altrettanti Italiani per sconfiggere i nemici della democrazia che alla fine cedettero alla parola LIBERTA’…

Ares
Ares
8 giorni fa

Da sempre dimenticati dei soldati Coratini prigionieri dei nazisti nel Mare Egeo molti si evasero e continuarono la guerra nei ranghi dei patrioti Iugoslavi ( Tito) contro i nazisti tedeschi . Negli anni 50/60 c’era l’associazione partigiani in maggioranza di sinistra a Corato . Chi li ricorda ?

dina di
dina di
8 giorni fa
Rispondi a  Ares

Soprattutto abbiamo dimenticato, per colpa della sinistra, le migliaia di soldati ed ufficiali ( tra i quali lo scrittore Guareschi) che si rifiutarono di aderire alla repubblica di Salò e di combattere coi Tedeschi per rimanere fedeli al Re e non violare il giuramento di fedeltà alla Corona

Luigi Murgiano
Luigi Murgiano
7 giorni fa
Rispondi a  dina di

Comunque tu sei ossessionata 😂

franco
franco
7 giorni fa
Rispondi a  dina di

per la verità ho scritto che il comportamento di moltissimi internati (tra cui mio padre, in Scozia) è stato lineare…non ripeto NON hanno aderito ai richiami degli “alleati” per arruolarsi nel nuovo esercito italiano in quanto -molto brevemente- non se la sono sentita di SPARARE contro altri Italiani che invece hanno continuato le operazioni di guerra a fianco dei tedeschi. E così sono stati giudicati in maniera spiccia di indubbia fede Fascista.- e come punizione li hanno fatto rimpatriare un anno dopo cioè nel 1946……altro che fascisti -erano semplicemente coerenti agli ideali per cui avevano combattuto….non erano invece pronti a compiere eventuali massacri o altri orrori…..coerenza e italianità