Quando fu edificata, all’inizio degli anni ’60, la vecchia chiesa del Sacro Cuore era un baluardo in aperta campagna. Non a caso il rione che oggi chiamiamo Belvedere era conosciuto con il nome di “Cerasella”, proprio per l’estensione dei ciliegeti e dei terreni che lo circondava. Un quartiere difficile, ai margini della città. Quella piccola chiesa era un punto di riferimento, il luogo in cui donne e ragazzi trovavano protezione e riparo, in cui si pregava e si provava a crescere sani, in una realtà in cui la povertà dominava.
Oggi quella chiesetta è diventata un rudere in degrado. La campana, ultimo tratto distintivo di quello che per cinquant’anni è stato un luogo di culto, è stata rubata da qualche malfattore. Recentemente sono state anche divelte le finestre. Di quella che era una chiesa oggi sono rimasti soltanto i muri, tra l’altro abbandonati. «In quelle stanze può entrare chiunque, anche qualche malintenzionato. È opportuno che qualcuno intervenga, anche per questioni di sicurezza» rilevano alcuni residenti del rione Belvedere.
E pensare che quella piccola struttura è stata a lungo un luogo simbolo del quartiere. Quando il primo parroco, don Paolo Giampetruzzi, arrivò al Sacro Cuore, attorno alla chiesa non c’era nulla. Era il 1962 e, sul suolo donato dai fratelli sacerdoti Ferrara alla Curia, fu edificata la chiesa benedetta l’8 aprile del 1962 dall’allora arcivescovo Monsignor Reginaldo Addazi.
Soltanto l’anno prima, nel 1961, erano state edificate le prime case popolari. Un quartiere in cui avevano trovato alloggio persone umili, semplici, analfabete. «Andiamo a Corato» dicevano, per annunciare il loro cammino verso il centro cittadino, dove poter fare compere, ricevere servizi e rifornirsi del necessario. Quasi che quella zona non fosse organica alla città.
L’attività di don Paolo prima (che i parrocchiani chiamarono il don Bosco della Cerasella per la sua capacità di aggregare i ragazzi del quartiere) e di don Antonio Piano poi contribuì alla crescita sociale di chi abitava in quel quartiere difficile.
Le mura della vecchia chiesa del Sacro Cuore hanno accolto intere generazioni di parrocchiani che lì hanno vissuto i momenti più importanti della loro vita, dai battesimi alle prime comunioni, ai matrimoni e ovviamente anche i funerali. Nelle piccole stanze della parrocchia c’era vita, c’era spazio per tutti. Si annullavano le disuguaglianze sociali, si ascoltavano le lezioni dei parroci e, talvolta, c’era spazio anche per momenti di convivialità. Non c’è abitante del rione che non abbia amato quel piccolo edificio. Ed ora, vederlo ridotto così, fa male.
certo che per rubare la campana di una chiesetta così … ma quanto si deve essere pezzi di m€rd@?
…e rubatevi pure tufi e mattoni così non sarà più necessario demolirla
di chi è l’immobile? del vescovado? del comune? e comunque, di chiunque sia la asl, sempre molto attenta alla tenuta in sicurezza di vecchi ruderi, intimi al possessore la messa in sicurezza, la disinfestazione, la chiusura di varchi. poi, chi ha il potere di farlo, decida di cosa farne.
ma non vi era la sede -una volta- della Caritas o qualcosa del genere….e poi inutile che scriviate commenti di sdegno…siamo tutti- tutti- consapevoli del degrado di questa casa di DIO…e ci voleva poco per non ridurla così…eppure
Chissà se la rivendita di questa campana al “ferro vecchio” avrà svoltato la vita di qualcuno.🤔