Perdita di tempo e soldi e, certamente, mancanza di serenità. E tutto questo “solo” per vedere soddisfatto un proprio diritto. È quanto sta vivendo un gruppo di cittadini di Corato che dal 2012 al 2018 avevano presentato oltre quaranta ordini di vendita delle azioni della Banca Popolare di Puglia e Basilicata. In sostanza, avevano chiesto all’istituto di vendere le loro azioni per ricevere liquidità. Ma questo non è mai accaduto e, nel frattempo, il loro valore è sceso vertiginosamente.
A questo punto, temendo che l’esecuzione degli ordini seguisse logiche diverse da quella della priorità temporale di presentazione, gli azionisti – assistiti dall’avvocato Pasquale D’Ambrosio di Andria – hanno richiesto alla banca la copia del cosiddetto “registro elettronico degli ordini di compravendita delle azioni”. L’obiettivo era quello di esercitare il proprio diritto di controllo («riconosciuto – precisa il legale – dalla normativa di settore e dal regolamento interno dello stesso istituto») e, quindi, verificare che la banca avesse operato correttamente nella loro esecuzione, rispettando, appunto, l’ordine cronologico.
«Non potevano credere che, nell’arco di oltre sette anni, la banca non avesse venduto azioni e, soprattutto, non ne avesse immesse altre sul mercato» spiega il legale.
L’istituto, tuttavia, ha sempre negato la consegna del registro. Per questo motivo, nel 2020 è stato chiesto e ottenuto dal Tribunale di Bari il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, con il quale l’autorità giudiziaria ha imposto alla Banca Popolare di Puglia e Basilicata di consegnare ai ricorrenti copia di questo registro. Decreto a cui la banca si è opposta, ritenendo che così sarebbe stata violata la privacy degli altri azionisti.
Ma, con sentenza pubblicata a fine ottobre dello scorso anno, il Tribunale di Bari ha rigettato l’opposizione dell’istituto difeso da un pool di avvocati di uno studio internazionale con sede in Italia, confermando l’obbligo della banca alla consegna del registro elettronico cronologico degli ordini di compravendita. La sentenza non è stata appellata ed è quindi diventata definitiva. Al momento, però, l’istituto non ha ancora dato seguito alla condanna dell’autorità giudiziaria, costringendo gli azionisti a dover agire ancora esecutivamente.
«Si tratta di un importante traguardo a tutela dei diritti degli azionisti/investitori – afferma l’avvocato D’Ambrosio – che continuano ad essere la parte debole nei rapporti con le banche. Sempre più spesso i cittadini si vedono costretti a ricorrere all’autorità giudiziaria per veder tutelati i propri diritti. Questo contribuisce ad accrescere il malcontento e la sfiducia nell’istituzione che in realtà dovrebbe essere a servizio e sostegno non soltanto delle grosse imprese, ma anche della piccola utenza e delle famiglie che affidano loro i risparmi di una vita».
Sott o mattaun!
Giusto!!
Li porti in posta è sono tassati, li porti in banca peggio, poi c’è l’isee, poi c’è 730, 740. Sott o mattaun è u sé sol tu’ . I miei soldi sono solo miei, nessuno regala più niente.
Sono anni che lo chiedo anche io ma solo perdita di denaro…… Abbiamo subito anche un lutto in famiglia per questa sventura non tollerata da un nostro familiare congiunto.
una vergogna.
queste dovrebbero assere le priorità di una azione legislativa e di governo. se viene meno la fiducia di risparmiatori e investitori, se in tutte le operazioni in cui si mette a repentaglio il capitale, sia esso un risparmio o un debito, chi può credere più nelle banche? chi potrebbe credere più in uno degli strumenti basilari della economia mndiale?