Si è concluso dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione il processo che ha visto imputati il committente e responsabile dei lavori, e il datore di lavoro di fatto e deceduto nelle more del processo, per aver cagionato, in cooperazione colposa fra loro, il decesso di un dipendente di 62 anni con mansioni di operaio edile privo della necessaria formazione sui rischi connessi all’attività che si accingeva ad espletare.
La vicenda risale al settembre del 2014. La vittima, sprovvista di caschetto protettivo e cintura, stava salendo sul tetto di un locale-deposito, di proprietà del committente, per eseguire un intervento manutentivo mediante una scala di alluminio non idonea e non conforme alle norme di sicurezza. In seguito all’utilizzo di tale scala che ne causò la perdita di stabilità, la vittima precipitò al suolo riportando lesioni consistite in stato di coma in trauma cranico grave con emorragia. La gravità del quadro clinico fu tale che la morte avvenne in circa diciotto ore dall’incidente e a nulla servirono i soccorsi prestati alla vittima, come confermato dalla relazione medico legale firmata dal prof. Dell’Erba.
Il primo grado di giudizio si è celebrato dinanzi al Tribunale di Trani in composizione monocratica, presieduto dal Giudice Filomena Sara De Rosa. L’obiettivo dell’istruttoria dibattimentale è stato quello di determinare se la vittima fosse salita su quella scala dietro uno specifico ordine, con l’intento di espletare i lavori commissionati, oppure di propria iniziativa solo per eseguire un sopralluogo. Ma la presenza del materiale edile e di altri operai nel medesimo luogo, lasciava presagire che fosse finalizzata all’esecuzione dell’incarico.
Inoltre, durante il processo è emerso che, sebbene il committente non fosse presente al momento del tragico evento, avesse piena contezza dei luoghi e delle condizioni in cui si sarebbero svolti i lavori. Lo stesso, poi, subito dopo la caduta, unitamente al datore di lavoro e a uno degli operai, aveva provveduto a trasportare la vittima presso il locale ospedale, come provato dalle tracce ematiche rinvenute sul sedile posteriore destro della sua autovettura, ma negata fermamente dallo stesso e dal figlio, anch’egli sul luogo in cui si è verificato l’evento e sentito in qualità di testimone.
Per quest’ultimo e per un altro testimone, all’esito del processo, è stata ordinata la trasmissione degli atti al pm per falsa testimonianza finalizzata a confutare che la vittima fosse alle dipendenze dei due imputati. Mentre il committente, difeso dall’avv. Renato Bucci, è stato condannato alla pena di un anno e otto mesi di reclusione e al risarcimento dei danni cagionati alla moglie e ai due figli della vittima, costituitesi parti civili e difesi dall’avv. Michele Quinto, nonché al pagamento di una somma a titolo di provvisionale in favore delle stesse e immediatamente esecutiva, ordinando che l’esecuzione della pena fosse sospesa, subordinando l’operatività del beneficio alla corresponsione della somma determinata a titolo di provvisionale, entro un congruo termine dal passaggio in giudicato della sentenza.
La vicenda processuale è proseguita dapprima presso la Corte d’Appello di Bari, che ha confermato la sentenza di primo grado anche in merito alle richieste risarcitorie delle costituite parti civili e, infine, presso la Suprema Corte di Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso del committente, confermando le pronunce dei gradi precedenti e condannandolo alla refusione delle spese di giudizio.
Si, molti famosi costruttori coratini hanno tirato su palazzi con un solo dipendente (unico in regola) e nessuno ha mai fatto controlli. Si sono arricchiti sulle spalle di operai la cui busta paga era una busta con i soldi dentro. Nessuna tredicesima, nessuna assicurazione, nessuna buona uscita, nessuna pensione
Mi associo sono uno di quelli operai.
mi chiedo come un committente possa essere preventivamente edotto sullo stato della formazione del personale di una impresa edile a cui vengono commissionati i lavori.
misteri della giurisprudenza …
L’indagine come SPESAL fu seguita grazie alla sua caparbieta’ dall’ispettore S. B.
certamente a chi lo mette in dubbio…ma vorrei che lo SPESAL fosse presente PRIMA e NON DOPO la disgrazie, come avviene abitualmente. cioè i controlli debbono essere continui altro che storie.-