Fare la salsa, tradizione inossidabile che non è solo “made in Corato”
Da Lo Stradone

Rosso d’estate

Serena Leo
Fare la salsa, tradizione inossidabile che non è solo “made in Corato”
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Riproponiamo su CoratoLive.it gli articoli “senza tempo” pubblicati nei mesi scorsi su Lo Stradone. Un modo per avvicinare i lettori del web agli approfondimenti svolti sul cartaceo. Oggi è la volta del racconto su come fare la salsa, tradizione inossidabile che non è solo “made in Corato”. Per abbonarsi a Lo Stradone è possibile mandare una email all’indirizzo info@lostradone.it oppure chiamare il numero 080.8983954.

Nell’epoca del pronto subito e della velocità, la salsa sembra quasi un rito anacronistico o forse uno spreco di tempo. Da coratina e da lettori coratini, sicuramente tutti ricorderemo quelle giornate adrenaliniche, una vera e propria festa di famiglia che si preparava all’inverno con le dovute provviste.

Pomodori rossissimi, succosi e saporiti, sono il preludio per sughi indimenticabili, come il tradizionale ragù della domenica o il perfetto colore da dare al tembàlle di pasta al forno. Della salsa si perdono le radici nella memoria non solo pugliese ma italiana, infatti se ne parla già dalla fine del Settecento in libri come “Cuoco Galante” di Vincenzo Corrado che illustra il procedimento corretto per la preparazione della salsa, “Il cuoco maceratese” libro del 1779 di Antonio Nebbia e “Cucina casereccia” risalente al 1839 in cui si parla della passata di pomodoro utilizzata come condimento prezioso e gustoso per pasta e pizza. Per farla breve, questa conserva unisce tutta l’Italia.

Ma a Corato come la facciamo? Certamente la tecnica sembra essere la stessa, ma ogni famiglia ha la sua ricetta vincente, una combinazione perfetta di ingredienti e forze umane adatte per creare una salsa passepartout per tutta la cucina. Tra puristi e innovatori ecco come alcune curiosità e aspetti interessanti che riguardano la conserva di pomodoro, senza evitare di dare uno sguardo anche ai riti scaramantici che ci fanno sorridere ma che, secondo alcuni, ancora oggi possono pregiudicare una giornata di duro lavoro in salsa rossa.

Quando

Il periodo adatto per dedicarsi alla preparazione della salsa è certamente l’estate, in particolar modo i primi quindici giorni di agosto si rivelano perfetti per questa operazione così delicata che mette tutti sempre un po’ in ansia da prestazione. I pomodori in questo periodo, San Marzano o Brindisini, sono perfetti, rossissimi e sugosi, la combo perfetta per una salsa da urlo. Ad ogni modo non mancano anche i temerari che decidono di rischiare e sfidare il tempo, scegliendo di posticipare la preparazione fino ai primi giorni di settembre, correndo il rischio di trovare ortaggi non proprio adatti o con qualche piccolo difettuccio. Insomma, al portafoglio si deve necessariamente guardare se le quantità sono notevoli. Complice l’innalzamento delle temperature, oggi fare la salsa può diventare un impegno da espletare anche entro fine luglio, infatti non è raro trovare pomodori già maturi pronti per diventare sugo. Però questa è un’altra storia.

Perché proprio ferragosto? In antichità il 15 agosto non significava solo pomodori maturi ma anche un tempo perfetto per prepararsi le provviste invernali e iniziare a sgomberare la casa in affitto. Infatti proprio tale data coincideva con la scadenza della locazione di case e locali, quindi era necessario organizzarsi anche con la salsa in modo da riuscire a sistemare il tutto entro la data designata. In caso di sforamento, in via del tutto eccezionale, tali operazioni potevano spostare in avanti, ma solo di qualche giorno, la conclusione del contratto.

Dove e con chi

“Fare la salsa” è sempre stato un family affair e condividere questo momento richiede uno spazio adatto per garantire a tutti un largo spazio di manovra. Le zone di lavorazione devono essere almeno quattro: una per la bollitura dei pomodori e successiva bollitura delle bottiglie, per l’asciugatura dei pomodori, la macinatura, la tappatura. Se un garage di grandi dimensioni va bene, sicuramente l’aria aperta è la migliore soluzione. Andare in campagna per fare la salsa diventa un modo per rilassarsi, condividere non solo questo momento di lavoro ma anche il pranzo, la cena, rigorosamente da celebrare con la passata freschissima e un po’ di pasta, in attesa dell’ultimo bollo delle bottiglie. Così era e così è anche oggi, si tratta di un momento di socialità a tutti gli effetti che unisce anche diverse famiglie sotto la stella della “conserva”.

Come si scelgono i pomodori

Non tutti i pomodori sono adatti per diventare salsa e scegliere quelli adatti è fondamentale per assicurare il gusto e una buona durata. Nella tradizione che si tramanda da genitori, figli e nipoti l’importanza della scelta tra San Marzano o Brindisini. I primi si distinguono per una forma allungata e per la loro consistenza danno una salsa “paddìtte paddìtte” difficile anche da imbottigliare. I secondi, invece, sono i migliori per la conserva. Il sugo che ne viene fuori è saporito, più dolce e con un’acidità meno spiccata. Morale: la scelta è libera a seconda del palato, però gli addetti al settore sembrano puntare tutto sui Brindisini.

A questo punto si può iniziare con le operazioni preliminari che consistono nella pulizia del picciolo e del lavaggio. Ogni pomodoro, prima di essere bollito e diventare sugo, deve essere lucidissimo e solo allora è pronto per la bollitura che va seguita con attenzione da una sola persona. Ogni minuto è fondamentale e si vive anche con una certa ansietta, basta quella frazione di secondo in più e i pomodori diventano talmente acquosi da non essere più buoni per essere sugo.

Gli attrezzi adatti per la salsa

Senza gli attrezzi giusti non si va proprio da nessuna parte, quindi serviranno pentoloni in rame, legna per il fuoco o un bruciatore, cesti piatti o meglio “le cìeste de cannìedde” un velo e tanta pazienza. Ad aggiungersi alla lista dei must have per la salsa è la macchina adatta per macinare i pomodori e un’altra utile per tappare le bottiglie. Si tratta di veri e propri gioiellini di famiglia da preservare durante l’anno e da montare con cura, previo collaudo, prima di iniziare. Ogni ingranaggio va oliato rigorosamente con olio d’oliva per evitare la rottura durante il lavoro, così come la tappatrice. Tutto deve funzionare perfettamente perché l’imprevisto non va cavalcato ma evitato.

La preparazione è ancora come una volta?

A questo punto si fa la salsa con tutta la crew convocata. Dai nonni ai più piccoli si tratta di un momento di festa e di quell’euforia speciale, però da trattare sempre con i guanti. La procedura sembra semplice ma ogni passaggio, anche il più insignificante, può pregiudicare il risultato finale. Si inizia con la bollitura dei pomodori che avviene sempre sotto la supervisione di un adulto di grande esperienza, infatti è sempre lui che sa benissimo quando tirare fuori dall’acqua ogni frutto ed è capace di valutare lo “spacco” del pomodoro e che tipo di passata verrà fuori da lì. Il tutto si posa sui famosi cesti ricoperti da un velo che funge da filtro. L’obiettivo è far perdere tutta l’acqua in eccesso ai pomodori in modo da farli passare nella macchina e non ottenere un sugo “acquacqua”.

Una volta pronti per la macinatura i pomodori vengono versati in un grande imbuto che sovrasta la macchina per “fare la salsa”. Ad occuparsi di spingere all’interno la materia prima, con delicatezza, sono i bambini che partecipano alla festa e dotati di un cucchiaio di legno aiutano le mamme che girano la famosa manovella che contribuisce a creare il sugo. Questa operazione va compiuta due volte onde evitare che ci siano dei residui particolarmente fastidiosi come semini e bucce.

Ma la salsa è solo una roba da donne? Certamente no, infatti anche gli uomini, sia prima sia oggi, sono precettati per dare il loro contributo in ogni fase. Generalmente si dedicano alla tappatura delle bottiglie. Si tratta di un’operazione particolarmente importante perché un tappo non fissato a dovere durante il bollo finale può creare dei problemi, far entrare acqua all’interno delle bottiglie e pregiudicare il prodotto.

È doveroso menzionare la bollitura delle bottiglie, operazione delicatissima che richiede una precisione simile a quella che si dedica al tetris. In un pentolone di rame “u teneddàune” con il fondo foderato da una tovaglia vecchia di cotone, si vanno a posizionare tutte le bottiglie di salsa che dovranno sostenere le alte temperature, l’ultimo step, il più importante. Una volta creata la giusta combinazione in pieno stile tetris, si procede a riempire il recipiente di acqua, quindi il fuoco è pronto e l’ebollizione verrà raggiunta almeno dopo un’ora a coperchio chiuso, mai meno. Il rumore che si sente sembra essere pericoloso ma niente paura, si tratta di un’operazione collaudata da generazioni. Solo così la salsa si trasforma in un prodotto da conservare, perdendo l’aria incamerata e scongiurando ogni pericolo di fermentazione. Al mattino successivo si scoprirà se ci sono state rotture o se tutto è andato per il meglio e se per l’inverno c’è il sugo necessario per tutta la famiglia. Ma dove si conserva la salsa in modo integro per almeno un anno? Certamente in un luogo asciutto e fresco, lontano dalla luce, in modo che l’inconfondibile colore rosso vivo e i sapori restino inalterati per tanti ragù a venire.

Occhio alla scaramanzia

Investire in quintali di pomodori per prepararsi le provviste alimentari significa spendere un bel po’ di denaro che non è mai stato abbastanza. Per questa ragione nulla deve andare storto e i danni vanno ridotti al minimo sindacale. Scongiurare problemi con la salsa significava anche affidarsi a dei curiosi riti scaramantici le cui origini si perdono nel tempo. Le protagoniste tanto temute sembrano essere le famose “donne col ciclo” che avrebbero potuto mettere a repentaglio la buona riuscita della salsa.

In famiglia, durante questo lavoro, non doveva esserci una donna nei giorni clou poiché avrebbe pregiudicato l’andamento della giornata e la buona riuscita del prodotto. In alcuni casi si tendeva a rimandare di qualche giorno la salsa, altri, invece, tentavano la sorte posizionando delle forbici aperte vicino alla zona di lavorazione della donna. Altri ancora, meno estremisti, chiedevano alla donna di lavorare qualora si fossero presentate nella “zona rossa” senza preavviso, scacciando così ogni pericoloso tentativo di mandare a monte la salsa.

Se queste credenze sembrano essere così lontane da noi oggi, sicuramente in famiglia qualche forbice aperta che scongiura ogni pericolo c’è ancora, anche se noi non la vediamo. Sarà solo un modo per esorcizzare eventuali cali d’attenzione? Certamente non lo sappiamo, ma ci piace pensare di sì.

I sapori di un tempo

Della salsa ce ne parla anche Gerardo Strippoli, presidente della Pro Loco Corato, che scava nei suoi ricordi d’infanzia, raccontando come quel momento fosse importante per tutta la sua famiglia, di come i bimbi all’epoca guardavano con attenzione e con un po’ di stupore quella faccenda da adulti. “Da piccoli vedevamo le signore mettere i pomodori al sole ad asciugare fuori dai sottani. Servivano solo dei cesti e delle sedie per mantenere il tutto in equilibrio e mai a portata di animali” e di quei giorni si ricorda che “per non distogliere dal lavoro i grandi si mangiava il pane e i semi di pomodoro, quelli che venivano fuori dalla passata. Bastava solo un po’ di olio, sale e origano per avere una merenda saporita”.

Un altro amarcord è legato alla conserva di pomodoro da essiccare al sole. Una variante che si perde tra quella condita a base di cipolla e basilico, adatta per diventare un vero e proprio concentrato poiché ne bastava solo un cucchiaio per condire un bel piatto di pasta. Ma come si preparava? Serviva un recipiente da mettere fuori tutto il giorno, ovviamente coperto con un velo, e alla sera si rientrava il tutto, rigirandola con la classica “cucchiara” e preparandola per una nuova esposizione al sole. Se degli anni Sessanta coratini sembrano perdersi le tracce man mano, con la salsa – punto fermo della nostra tradizione – il ricordo di quello che i nostri nonni e genitori hanno vissuto con semplicità resta ancora vivido nel quotidiano di un “quaratino” qualunque.

 

La sàlze

Mèndre ca dùorme e te mìtte a sennà,

la memòrie cèrte fàtte vè a scuvà.

Stamatìne appùnde me sòche alzàte

pe nu addòre ca ìnde o sùonne s’è ‘nzaccàte.

De na usànza nòste èrre u addòre,

cùre de la sàlze de pemedòre.

Sùbbete u penzìere è sciùte

a na tradiziòne ca è quàse sparesciùte,

a quànne de chìsse tìembe se faciàie

e la famìgghie indère s’adenàie.

Pìcciue e grànne tùtte ‘mbiegàte,

ognùne a ne servìzie assegnàte.

Assalùte re fìemmene ‘ndispòste,

nan’azzardàine, se stàine o pòste,

‘nziamè mettàine na màne,

pu rìschie de scettà tùtte sàne sàne.

A iùne a iùne prìme capàte,

le pemedùre menàine lavàte.

U teneddàune pe l’àcque a fèrve stàie già

addà se mettàine po’ a cuscenà.

Na vòlte cùotte e d’àcque sculàte,

ìnde alla machenètte menàine passàte.

U màneche accàrrère  ìune aggeràie,

nu àlte prònde u scùorze da sòtte levàie.

Finalmènde la sàlze se vedàie assì,

re buttìgghie po’ se petàine anghì.

Tànne tànne ne pìcche da pàrte se mettàie,

pe le felatìedde già s’assapràie.

U fàtte però n’anavàie angòre specciàte,

re buttìgghie bèlle bèlle menàine attappàte.

Iùne accòste all’àlte, sènza fàlle azzeppà,

mogghiaddì o bòlle petàine scoppià.

Pe vendequàtte òre se mettàie tùtte a repesà,

assalùte tànne la sàlze se petàie cunzemà.

‘Ecche, de cùsse rìte m’è remàse u addòre,

de chèssa tradiziòne u sapòre.

 Gerardo Giuseppe Strippoli

martedì 15 Agosto 2023

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Roberto
Roberto
8 mesi fa

Ho un’opinione personale sul “fare la salsa”. Direbbe Montalbano: una grandissima camurria ! Perché? Non mi piace il sugo? Volete scherzare? Amo la pasta con il pomodoro fresco, la pizza senza la giusta salsa di pomodoro può essere un alimento immangiabile, la pasta al forno deve avere il giusto colore, la determinata liquidità. E allora? I motivi sono tanti ed i più svariati. A me piace mangiare bene ed in maniera molto varia. Per esempio: quante volte al mese si mangia la salsa durante le stagioni in cui fa più fresco o freddo? Premettiamo che oggi i pomodori si trovano tutto l’anno. Poi, un giorno pasta con le cime di rape, con le bietole, i cavolfiori, i fagiolini, i friggitele fritti, le lenticchie, i fagioli , le fave, le patate, i funghi, i carciofi, lasagne bianche, con la besciamella, ancora con i carciofi, pasta con la bottarga, con il tonno ed i pomodorini, con le cozze, allo scoglio, alla puttanesca, pasta fresca saltata al burro e salvia, al tartufo. E le crepes? In brodo, al taleggio e pere…….. E la bolognese? Lo sanno tutti che quella originale è bianca! E potremmo continuare all’infinito. E quando mangi la pasta al sugo diventa memorabile, gustosa, desiderata! E la preparazione? Quando mi ricordo ho gli incubi! La prenotazione ai fornitori, le code, gli accaparramenti, il rischio dei colpi della strega, l’arrivo a casa e l’immancabile “giudizio” sulla qualità dei pomodori. La resa! Confronti, paragoni, occhiate commiserevoli. È il caldo? Il sudore, i garage che trasudavano di umidità, mista a polvere, gas di scarico ed incredibili tendine velate spesso macchiate di rosso….. potevi immaginarti scene di grand guignol oltre quelle barriere leggere ma invalicabili. E le discussioni? Era necessaria un’organizzazione capillare, ma un leader era fondamentale. Indiscutibile. A priori. Insindacabile. Dopo il ‘68 e’ sempre stato più difficile. Ed i peperoni arrostiti dopo la salsa per recuperare i carboni ancora accesi? Vi giuro la parte più bella erano i “botti” durante la bollitura, segno che i giornali non avevano fasciato bene le bottiglie durante la preparazione. Quando abbiamo deciso che si poteva anche non “fare la salsa” ho evitato di esultare, non si festeggia la morte neanche del tuo peggior nemico. Nessuna nostalgia? Questo è un sentimento che credo di non “coltivare”, ho detto coltivare, non provare. Tante cose non le faccio più. Se ne fanno altre. Adoro i risotti! Immaginateli in tutte le maniere : con i funghi, le zucchine, la zucca, i carciofi, gli asparagi, la borragine…… Ma quando è quante volte al mese la mangiate la pasta con il sugo?!

Francesco
Francesco
8 mesi fa

Purtroppo oggi i tempi sono cambiati. È sicuramente non in meglio su questo punto di vista. Ricordo anch’io il periodo “della sals” ricordo anche L’ pmdur appis, anche l mlun posti nella rete, r fick seccat, le mandorle al sole. Ecc ecc . Era tutto più semplice e calmo. A differenza di oggi. Gente vera i nostri antenati.

Antonio Caputo
Antonio Caputo
8 mesi fa

Ancora una volta leggendo una ennesima “poesia” di questo aspirante poeta vernacolare riscontro con tristezza diversi errori grammaticali che confermano la profonda disconoscenza di regole grammaticali molto precise a cui il nostro amato dialetto fa riferimento con precisione addirittura superiore a quelle contenute nella nostra lingua italiana

Francesco
Francesco
8 mesi fa
Rispondi a  Antonio Caputo

Della tua tristezza a nu’ ………………………

Antonio Caputo
Antonio Caputo
8 mesi fa
Rispondi a  Francesco

Pregiatissimo Sig. Francesco, se evidentemente della mia tristezza a vu’………..adesso prova solo ad immaginare quanto a nu’…………….del tuo imbarazzante tentativo di difendere , laddove ce ne fossero i margini di fattibilita’, quello che con molta educazione e notevole competenza ho semplicemente provato ad evidenziare in un mio libero e semplice commento!