La polemica

Polemica sul vero tarallo pugliese. Fiore: «A Corato lo facciamo anche senza vino»

taralli e olio
I taralli pugliesi
La querelle sull'opportunità di rimuovere l'ingrediente dalla ricetta tipica
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La revisione della ricetta del vero tarallo pugliese sta diventando un vero e proprio caso negli ambiti degli addetti ai lavori. E la diatriba sta anche interessando i mezzi di informazione di settore e anche quelli generalisti.

Oggetto della contesa è la possibilità di eliminare dalla ricetta del tarallo pugliese il vino bianco, ingrediente per alcuni imprescindibile per garantire il sapore tipico del prodotto da forno principe della cultura culinaria pugliese.

Alcuni produttori pugliesi sono orientati nella rivisitazione della ricetta, in ragione dell’aumento dei costi del vino bianco, in gran parte legati all’aumento del prezzo del vetro. Ma c’è chi annuncia battaglia per non veder violata la tradizione, come Nunzio Margiotta, direttore commerciale di Apulia Food di Canosa.

Togliere il vino dagli ingredienti fondamentali del tarallo, insieme a farina e olio extravergine di oliva, significherebbe evitare il rincaro del prezzo del prodotto e un risparmio sull’iva che, dal 10%, passerebbe al 4% in quanto iva agricola.

Dalle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno, Margiotta si è opposto fermamente all’ipotesi di un tarallo senza vino. Trattandosi di prodotti agroalimentari tradizionali (Pat), quindi tratto identitario della cultura culinaria pugliese, secondo Margiotta, andrebbero preservati da interessi di cassa: un tarallo senza vino non potrebbe più essere identificato come tarallo pugliese.

Tommaso Fiore: «L'evoluzione porta cambiamenti»

L'imprenditore Tommaso Fiore
L'imprenditore Tommaso Fiore

Dalle pagine del Corriere della Sera, l’imprenditore coratino Tommaso Fiore, dell’omonima azienda leader nel settore della produzione di taralli, si schiera apertamente a favore del rinnovamento.

«L’evoluzione porta cambiamenti – spiega al prestigioso quotidiano nazionale -. La nostra azienda ha iniziato a produrre taralli senza vino nell’impasto già otto anni fa per una serie di motivi. Ad esempio, il 25% del nostro fatturato è legato all’export, anche verso paesi del Medio Oriente, dove sono richiesti espressamente taralli pugliesi ma senza vino».

La concezione del tarallo come snack di ampia distribuzione ha consentito di adeguare la ricetta anche al tipo di distribuzione. Non di rado, infatti, anche nei distributori automatici di scuole e ospedali è possibile trovare delle confezioni di taralli.

«Alcuni presidi e associazioni di categoria hanno richiesto un prodotto specifico che non contenesse solfiti data la giovane età degli studenti. Questo ci ha spinto a studiare, con il nostro team interno di ricerca e sviluppo, una nuova combinazione delle materie prime che potesse replicare lo stesso sapore della ricetta tradizionale» ha chiarito Fiore, ribadendo che tale scelta non ha in nessun modo scalfito la qualità della produzione.

Né si può escludere dalla platea dei consumatori coloro che, per motivi diversi, non gradiscono o non possono consumare vino. «In Italia il 4% della popolazione è musulmana, che non consuma vino per principi culturali e religiosi. Inoltre, sempre più persone sono intolleranti ai solfiti. La nostra produzione senza vino vuole anche evitare l’esclusione di qualsiasi porzione di mercato» continua l’imprenditore.

Fiore di Puglia, pertanto, ha scelto di tenere, accanto alla tradizionale ricetta con vino bianco, anche la produzione di taralli senza vino. E non è certamente una questione di abbattimento dei costi.
«La riduzione dell’Iva al 4% è reale – argomenta -, ma che ha impatto sul consumatore finale e non su noi imprenditori. Mentre, per quanto riguarda l’aumento dei prezzi del vino, non sta in piedi: per fare il tarallo, l’80% dei costi è legato all’olio e alla farina».

Togliere il vino non comporterebbe alcun vantaggio sul piano delle spese: «Quanto togli di vino dall’impasto lo devi aggiungere di olio, per poter restituire la stessa friabilità del tarallo tradizionale» conclude Fiore dalle pagine del Corriere della Sera.

venerdì 19 Maggio 2023

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Salvo
Salvo
11 mesi fa

Occorre rispettare la tradizione e nel contempo accettare i cambiamenti legati ai nuovi mercati, quindi si dovrà dare evidenza sulle confezioni alle diciture che consentano di distinguerne il tipo: RICETTA TRADIZIONALE e…. NUOVA RICETTA SENZA VINO o quel che può essere necessario. Se magari si riuscisse ad approvare un protocollo per le produzioni di qualità, meglio.

carluccio
carluccio
11 mesi fa

e se al posto del vino, ci aggiungessimo la birra?

franco
franco
11 mesi fa
Rispondi a  carluccio

penso che qualcuno ci ha già pensasto e lo sta facendo…e comunque il vino come detto non aggiunge nulla in più di costi anzi…,a come al solito quando si tratta di NOI meridionali non si finisce mai di dialogare tra sordi.-bene l’etichetta ma il gusto del Nostro vino bianco( li faceva mia zia ed erano unna squisitezza) non andrebbe tolto. ai posteri