Da Lo Stradone

“Corato ieri e oggi”: l’ultima intervista del notaio Capozza

Marina Labartino
palazzo capano e corso garibaldi rino scarnera
Palazzo Capano e Corso Garibaldi (Rino Scarnera)
L’evoluzione urbanistica e sociale della nostra città raccontata dal notaio Domenico Capozza
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Da Lo Stradone, riproponiamo su CoratoLive.it l’ultima intervista rilasciata dal notaio Domenico Capozza, scomparso la notte scorsa.

Conoscere il passato non è una mera operazione nostalgica o culturale, bensì un’occasione per apprezzare l’eredità che ci hanno lasciato in dono i nostri avi ed evitare di commettere, in futuro, gli stessi, eventuali errori.

È il tema dell’edizione 2022 delle Giornate Europee del Patrimonio -promosse sin dal 1991 dal Ministero per i Beni e le attività Culturali- nell’ambito delle quali la sede locale dell’associazione “Archeoclub d’Italia Padre Emilio D’Angelo”, ha organizzato la rassegna fotografica “Corato com’era, Corato com’è” nell’ex refettorio del Convento di San Benedetto, dal 24 settembre al 2° ottobre.

La mostra, che si avvale del patrocinio del Consiglio Regionale della Puglia e del Comune di Corato, inserita nel programma dell’Estate Coratina “Sei la mia città”, ci consente di fare un viaggio attraverso i cambiamenti urbanistici e sociali locali, narrati dal notaio Domenico Capozza.

Novant’anni anni a compiersi tra poche settimane, mente lucidissima piena di ricordi, il dott. Capozza, cultore di arte antica e moderna, ci accoglie nella sua splendida dimora, avendo già predisposto sul tavolo una rara riproduzione di cartografia comunale, redatta dall’ing. Camillo Rosalba nel 1869 su incarico dell’allora sindaco Giuseppe Patroni Griffi. Il dott. Capozza è riuscito a portarne copia a Corato, rinvenendo a Milano il prezioso documento stampato su tela, presso lo studio del suo amico dr. Mario Quinto.

La famiglia Quinto era proprietaria del secentesco palazzo che si affacciava su corso Mazzini angolo via Bove, abbattuto nel 1984 per far spazio ad una struttura in vetro e cemento che ospita una filiale di banca. La madre di Quinto era una Malcangi, appartenente alla famiglia proprietaria dell’omonimo palazzo sito a destra del Municipio, anch’esso abbattuto nel 1985 e sostituito da un edificio moderno. Il loro avo più illustre, arch. Pasquale Cataldo Malcangi, è stato ingegnere capo dirigente del Comune di Corato, ma soprattutto autore di numerosi lavori di pregio, tra cui l’imponente progetto di restauro della Cattedrale di San Sabino in Canosa.

Proprio dall’esame di questa mappa si snoda la spiegazione ricca di particolari del dott. Capozza, che a Corato ha svolto la professione di notaio per oltre trent’anni, dal 1977 fino al 2007, oltre ad assumere, con la prima amministrazione Di Gennaro, l’incarico di assessore tecnico a Contratti e Appalti, Ecologia e Affari Generali da giugno 1993 per circa un biennio, scelto per le sue capacità tra i membri della società civile.

«Oggi – commenta il nostro illustre interlocutore – si edificano case, ma non si costruiscono più città».

La Corato del futuro secondo l’ing. Camillo Rosalba

Via Caste del monte 1909 (prof. Giuseppe Gallo)
Via Caste del monte 1909 (prof. Giuseppe Gallo)

Corato si distingue per la struttura urbanistica simile a quella di Roma e Milano, con una serie di strade che si dipartono a raggiera dal nucleo antico, circondato dall’anello del Corso, nel medioevo fossato di difesa e canale di scolo.

A sua volta, questo era cinto da mura fortificate e da diverse bertesche difensive sparse qua e là lungo il perimetro, su cui si aprivano tre porte di accesso: Porta Maggiore, detta anche Porta Vecchia o Porta Castello, situata nei pressi dell’attuale Palazzo Gioia che guardava verso Ruvo e l’entroterra murgiano, Porta delle Monache, collocata alla fine dell’attuale via San Benedetto, che si affacciava verso Trani e il mare, e infine Porta Nuova, posta alla fine di via Roma, rivolta verso Andria.

Nella pianta del 1869 l’ing. Rosalba progettò con estrema lungimiranza la Corato del futuro (oggi presente) prevedendo la sua espansione con la nascita di nuove borgate e piazze, circondate da un’ampia strada esterna dalla struttura ellittica decagonale, malgrado all’epoca non vi fossero gli attuali problemi legati al traffico automobilistico.

Il nuovo anello stradale, definito Extramurale, era fiancheggiato da larghi marciapiedi e corredato da capienti vasche di raccolta per l’acqua potabile necessaria all’uso cittadino, quando l’Acquedotto Pugliese era ancora un semplice proposito in fase di progettazione.

Nella cartografia, indicata in colore rosso, si vede chiaramente l’impostazione murattiana voluta dal Rosalba, con quartieri strutturati a scacchiera, simili a quelli di Parigi e Torino che subì l’influenza francese per la vicinanza geografica, mentre nel mezzogiorno d’Italia si imposero durante il dominio Napoleonico, come avvenne a Bari. Anche le mura e le porte di Corato subirono lo stesso destino di quelle del capoluogo pugliese e vennero smantellate per consentire una migliore circolazione dell’aria nel nucleo antico in modo da limitare le ricorrenti epidemie.

Degna di nota pure la progettazione delle eleganti ed equilibrate aree destinate a verde pubblico per piazza Vittorio Emanuele, Largo Plebiscito, Largo San Giuseppe (attuale Piazza Simon Bolivar) e i passeggiatoi di corso Mazzini. Sottratte al quotidiano uso lavorativo, rappresentarono un vero e proprio salto di qualità per Corato, non compreso dalla massa, che, il 9 aprile 1876, sfociò in una disastrosa rivolta popolare.

I quartieri di case operaie

Via Duomo 1919 (prof. Giuseppe Gallo)
Via Duomo 1919 (prof. Giuseppe Gallo)

Nella zona compresa tra le attuali via Andria e via Dante, l’ing. Rosalba previde due quartieri di case operaie. Invece, diversi proprietari terrieri, arricchitisi in seguito ai danni prodotti dalla micidiale fillossera che aveva distrutto i vigneti francesi, edificarono una serie di aggraziati palazzotti padronali in stile liberty.

Su via Dante, soltanto quattro o cinque sono sopravvissuti alle ruspe degli anni ‘60. Per qualche decennio, dal porto di Barletta partirono navi, cariche di uva e mosto locali, verso quello di Marsiglia, andando a sopperire alla carenza di materia prima per la produzione dei blasonati vini d’oltralpe. Poi la situazione si invertì e la fillossera, propagatasi lentamente lungo tutto lo Stivale, infettò anche i vitigni pugliesi.

Nella vicina Piazza Caduti in Guerra (nota come Parini) fa ancora bella mostra di sé la struttura liberty del palazzo ad angolo con via Ponchielli. In prossimità, un altro pregevole fabbricato sorse a fine anni ‘60 sui resti della demolizione dello stabilimento vinicolo di Peppino Panza e, ancora un altro bell’edificio, più recente, occupò un infossamento del terreno. Interessante anche Palazzo Amorese prospiciente Viale Diaz.

Tra via Dante e via Parini, convivevano diverse attività e famiglie: il medico Nicola Quinto, il fabbro Domenico De Palma, alias mèste Mengùcce, il medico Mazzilli, la segheria dei fratelli Balducci, il deposito degli autobus dei Tarantini, il mattonificio di Caldarola.
La stazione era in fondo a via Dante, dove ora sorge l’edificio scolastico Cesare Battisti e la ferrovia seguiva un percorso differente da quello odierno, correndo in maniera parallela alla strada verso Ruvo, lambendo lo stabilimento vinicolo dei Piarulli detti “Ferrètte” e il mulino degli Addario, attuale Casa di Riposo Vittorio Emanuele.

Nel secondo dopoguerra, quando il treno diretto a Bari era affollato, talvolta occorreva scendere e spingere la locomotiva in prossimità delle salite, una delle quali limitrofa al terreno di proprietà di don Luigi Mintrone detto “Accellènde”, dove esisteva una cappella votiva ormai scomparsa da tempo.

Don Luigi, parroco di Santa Maria Greca, era anche il presidente dell’Azione Cattolica, associazione allocata al pianoterra del palazzo a cinque piani, eretto di fronte l’omonima Chiesa, al posto dell’abbattuto edificio di proprietà Casolla.

Stessa fine della casa dei Casolla fecero altri due edifici d’epoca affacciati su corso Garibaldi, uno ad angolo con via Luisa Piccarreta (di proprietà Cimadomo), e l’altro con via Settembrini (della baronessa Codignac). Parzialmente lesionati dal disastro idrogeologico del 1922, furono sostituiti negli anni ‘60 da altrettanti “grattacieli” di cemento.

Dove ora sorge la Posta Centrale c’era il giardino del Convento di San Cataldo che, dopo la soppressione degli istituti religiosi, incamerato dallo Stato e divenuto di proprietà comunale, fu denominato Piazza dei Leoni ed adibito ad area di parcheggio per le carrozze appartenenti alla nobiltà locale e dei paesi limitrofi che frequentava il Teatro Comunale: luogo di cultura e aggregazione fortemente voluto dal sindaco Patroni Griffi, non ancora presente sulla cartografia dell’ing. Rosalba.

Il nucleo antico

Via Dante già via stazione 1938 (Rino Scarnera)
Via Dante già via stazione 1938 (Rino Scarnera)

Nel 1869 Via Duomo era solo una piccola arteria stradale: sempre in colore rosso si nota l’aspetto che assumerà come la conosciamo, una volta proceduto al suo allargamento, i cui lavori durarono circa 50 anni, tra il 1870 e il 1920.

Per allineare il secentesco Palazzo Capano al nuovo andamento viario, prima furono tagliate due finestre, poi venne aggiunto un brandello di fabbricato con piccolo balcone. Altri palazzi prospicienti via Duomo, invece, subirono un “taglio” netto che ne ridusse le dimensioni.  Un esempio eclatante lo si ritrova nell’edificio semi triangolare compreso tra via Casale e via De Mattis, in cui dimorava il compianto prof. Lagrasta, preside del Liceo Oriani.

La parte finale di via Duomo, prospiciente corso Cavour, si concludeva con il giardino Mongelli –proprietari anche dell’omonimo palazzo- confinante con la proprietà Addario.

Con il taglio di via Duomo venne meno la contiguità fisica dell’area verde, la cui parte rimanente fu messa in vendita, contesa tra gli Addario e i Piarulli. Questi ultimi, forti di una sostanziosa capacità economica, per via dei guadagni ottenuti dalla vendita di uva ai francesi, si aggiudicarono il bene. Su detta area i Piarulli edificarono l’elegante palazzo compreso tra corso Cavour, via Duomo e via Mongelli, la cui terrazza è contigua a quella di Palazzo Addario. L’edificio rimase “incompiuto”, monco cioè dell’intero secondo piano e di parte del primo, quando, come anzi detto, la fillossera raggiunse i vigneti pugliesi e il comparto crollò. Sulla cartina antica non c’è traccia di Largo Abbazia. Al contrario l’area si presenta ricca di edifici sovraffollati, abitati dai ceti meno abbienti.

Anche in Piazza di Vagno si distinguono ancora i cinquecenteschi Palazzo Ducale, dall’elegante bugnato a punte di diamante, e la Chiesa del Monte di Pietà, che accoglieva i “Magnifici” della città. Due vuoti urbanistici creatisi in seguito al disastro idrogeologico del 1922 e alle rovinose alluvioni che colpirono più volte Corato dal 1951 al 1954.

Il boom edilizio

La cartografia della città
La cartografia della città

Trasformazioni ed espansioni evidenti avvennero tra il 1960 e il 1975, con l’avvento della modalità di permuta, tra bene esistente e bene a sorgere, applicata a Corato dal notaio Alberto Evangelisti, presso il cui studio svolgeva il praticantato notarile il dott. Capozza, che nel contempo era docente di diritto negli Istituti Tecnici Superiori.

Fino alla fine degli anni ‘50, infatti, la permuta avveniva solo tra due beni esistenti, alla stregua di un baratto, eventualmente con conguaglio se il valore differiva.

L’applicazione della suddetta legge, consentì a molti operai edili di diventare imprenditori e avviare attività produttive a prescindere dall’entità delle risorse finanziarie possedute.

Fu il boom delle costruzioni. A darvi maggiore impulso si aggiunsero le rimesse degli emigrati all’estero, soprattutto quelli di ritorno dal Venezuela. Messo da parte un bel gruzzolo, lo investivano nel “mattone” o in aziende all’avanguardia, come i Mangione, i Valente, i Gammariello e altri.

Il notaio Capozza ricorda bene le “celmetèdde” piene di denaro contante, frutto del lavoro degli emigrati, scrupolosamente portate in studio dalle loro madri, come anticipo o a conclusione degli affari. Intanto, tra demolizioni e costruzioni, la città mutava il suo volto, spesso a danno di significativi edifici storici, demoliti perché in stato di abbandono e ritenuti fuori moda per le nuove esigenze abitative.

A questo scempio urbanistico l’assessore Capozza pose argine proponendo ai membri della Giunta Comunale un importante provvedimento, da tutti subito condiviso e varato: ampliare la Zona A, ovvero includere nel vincolo di tutela tutti gli edifici prospicienti su entrambi i lati del Corso cittadino. Vincolo fino a quel momento riservato solo agli immobili del lato attiguo al nucleo antico. Un’operazione amministrativa che ricondusse a pari dignità i palazzi di pregio che arricchivano di bellezza e storia le due sponde dell’anello “stradone”.

Corato Smart City

Panorama Corato da Mulino Basile 1956 (Rino Scarnera)
Panorama Corato da Mulino Basile 1956 (Rino Scarnera)

Ora saranno i fondi messi a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza a consentire di apportare gli opportuni cambiamenti e di consegnare alle generazioni future una città sostenibile, attraverso investimenti in Rigenerazione Urbana, tra cui spiccano quelli relativi ai Piani Urbani Integrati, per i quali Corato, al momento, ha candidato solo il restyling dell’extramurale.

Si attendono risultati che, ovviamente, non saranno immediati, come insegna la cartografia dell’ing. Rosalba, il cui iter progettuale divenne realtà solo decenni dopo. Tuttavia questo è il compito della politica lungimirante, consapevole che non sarà solo l’attuale generazione a godere dei frutti del seme posto oggi nella terra.

lunedì 15 Maggio 2023

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coratino deluso
coratino deluso
11 mesi fa

molto più lungimiranti gli amministratori e tecnici di tanto tempo addietro rispetto agli attuali

Vincenzo Quinto
Vincenzo Quinto
11 mesi fa
Rispondi a  coratino deluso

Assolutamente si

franco
franco
11 mesi fa
Rispondi a  Vincenzo Quinto

cercavano sempre la logica nel costruire ed abbattere, almeno fin che potevano