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Cosa ci spaventa di più: ammalarci o perdere autonomia economica?

Rossella Spada
Covid
In entrambi i casi è a rischio la nostra identità
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Tra la voce dei tanti qualunquisti e complottisti del nostro tempo, non hanno mai smesso di gridare aiuto coloro che in questo 2020 lottano per tornare padroni della propria vita. Quest’anno non ci ha “regalato” solo un’epidemia globale da dover sconfiggere, ma ci ha ricordato davvero cosa vuol dire provare paura. Non si tratta della stessa paura che assaporiamo guardando un film horror o coprendoci gli occhi con un cuscino. Oggi il sentimento più condiviso è la paura di perdere se stessi.

L’insospettabile Covid19 ha messo al baratro la nostra salute ed anche il nostro saper vivere. Di tutto quello che fino a gennaio sembrava scontato adesso ne sentiamo forte mancanza: un semplice saluto e abbraccio, il pranzo domenicale in famiglia e le feste di compleanno, andare a lavorare o a scuola.

È impossibile non ammettere che, da quando abbiamo messo piede fuori dopo tre mesi di lockdown, il mondo sia cambiato e con lui anche le nostre abitudini. Durante i giorni di quarantena, tra marzo e maggio, abbiamo vissuto una primavera mai vista e sfruttato il tempo libero per poter rimediare alla costante impazienza della nostra generazione. Abbiamo riscoperto noi stessi e i nostri “congiunti” tra le mura di casa, riaperto i vecchi scatoloni in cantina e spolverato quelle passioni andate dimenticate dalla velocità del tempo.

A giugno, con la ripresa ufficiale delle attività commerciali, dei centri sportivi, culturali e artistici, dei negozi d’abbigliamento e pub e ristoranti, i più sognatori tra noi credevano di poter tornare alla routine che avevamo chiuso fuori casa a marzo e vivere un’estate come le altre passate. Ma l’arrivo di settembre quest’anno non ha segnato solo la fine dell’estate: ha aperto le porte ad ottobre che ricorda tanto i primi giorni di marzo, quando il virus commetteva le prime vittime.

Al mondo c’è un nuovo coinquilino, appostato ad ogni angolo che continua a lasciare cicatrici anche sotto pelle. Come se non voglia essere dimenticato e sembra proprio starci riuscendo. Il 2020 sta lasciando segni indelebili per le infinite scomparse e per i numerosi limiti imposti all’intera umanità. Oltre alla mascherina a nascondere le nostre emozioni e a confonderci tra gli altri, nei posti chiusi chili e chili di plexiglass a tenerci separati. Eppure tutto questo non basta e la minaccia di un nuovo lockdown sembra inevitabile. Ad ottobre la più diffusa non è la paura di risultare positivi a questo virus, che sembra aver cambiato carica batterica ed essere più debole, bensì la paura di non poter più lavorare. “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. È l’inno dei tanti lavoratori che scendono in piazza nelle città italiane contro il mancato sostegno del Governo e all’unisono fanno appello al primo articolo della Costituzione, perché soli davanti al proprio fallimento lavorativo e ad abbassare le serrande. Cosa ci spaventa di più: ammalarci o perdere autonomia economica? In entrambi i casi è a rischio la nostra identità.

La pandemia non conosce un antidoto universale e ci stanca fisicamente. Ci allontana dal benessere e dai nostri affetti. Influenza solitudine e vede i nostri cari soli in corsia a lottare. Ci obbliga a indossare panni a noi estranei fino a qualche mese fa, a non riconoscerci per strada, a leggere non più il labiale ma gli occhi, ad un approccio diverso all’istruzione non più in presenza tra i banchi di scuola e università ma in modalità telematica. E se contagiati perdiamo forza fisica, al contempo disoccupati perdiamo forza economica.

Il lavoro è la massima rappresentazione di noi stessi nella società, il risultato di costante determinazione; gratifica l’anima e ci sostiene finanziariamente. Senza un guadagno ed una salute stabile, senza produzione artistica e senza una costante figura scolastica, senza interagire occhi dentro occhi con gli altri cosa stimola la nostra identità? Il continuo e rapido diffondersi di questa malattia “della distanza” ci obbliga a porre al nostro presente delle scelte drastiche, le cui conseguenze sono prossime ripercuotersi sul futuro. A rassicurarci il pensiero di non essere soli in questo mare di incertezze, non unici impotenti ad ascoltare la storia di quanti soffrono. Forte la voglia in ognuno di noi di tornare a vivere senza barriere e ostacoli.

E solo insieme, supportandoci e affidandoci a medici e scienziati, senza mai trascurare le disposizioni sociali volte al miglioramento, possiamo sperare di giungere all’ultima pagina di questo brutale capitolo della storia e scrivere uniti la parola “fine”.

martedì 3 Novembre 2020

(modifica il 11 Aprile 2024, 10:38)

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Ff
Ff
3 anni fa

Carica virale… Non batterica. Il Covid è un virus non un batterio ????????‍♀️

carlo mazzilli
carlo mazzilli
3 anni fa

personalmente non vorrei rischiare di perdere il lavoro per nessun motivo. nessun virus o batterio o influenza potranno mai convincermi a rimanere a casa. mascherina e protezioni varie sì, ma a casa no. e chi si astiene dalla lotta è un gran figlio di marmotta!!!