Cent'anni fa finiva la Guerra

I coratini e la Grande Guerra: il 4 novembre 1918 nei ricordi di chi l’ha vissuto

Marianna Lotito
Marianna Lotito
I coratini e la Grande Guerra: il 4 novembre 1918 raccontato da chi l'ha vissuto
Un viaggio tra le immagini rarissime del collezionista Rino Scarnera, gli approfondimenti dello storico Pasquale Tandoi, i monumenti e le piazze
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Una foto di 50 anni fa: 4 novembre 1968, i coratini attraversano quella che un tempo era piazza Parini e che poi è diventata piazza Caduti di tutte le guerre.

Da qui parte il viaggio tra le immagini rarissime del collezionista Rino Scarnera, gli approfondimenti dello storico Pasquale Tandoi, i monumenti e le piazze che cambiano volto e nome ma – sempre – raccontano il tempo, il passato che traghetta verso il futuro. A cento anni esatti dalla fine della prima guerra mondiale che tanto costò all’Italia ed a Corato, sono queste le “pagine della memoria” che oggi, 4 novembre 2018, la redazione di CoratoLive.it vuole tornare a sfogliare. In un presente che troppe volte dimentica e permette agli errori di ripetersi.

La Storia. Il 4 novembre 1918, l’Italia “vince” la prima guerra mondiale: il giorno prima a Padova era stato firmato l’armistizio di Villa Giusti, lo siglarono l’Impero austro-ungarico e l’Italia, alleata con la Triplice Intesa (il Regno Unito, la Francia e la Russia). Una «vittoria mutilata» come la definì D’Annunzio, in cui l’Italia si vide riconoscere il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria e Trieste, ma non la Dalmazia e la Libia come previsto dagli accordi iniziali.

La data di oggi celebra la giornata dell’unità nazionale per l’annessione di Trento e Trieste al Regno d’Italia (che non va confusa con l’anniversario dell’unità d’Italia) e la giornata delle forze armate: quei giorni del 1918 vennero dedicati alle onoranze funebri – in Italia e in Europa – per commemorare i soldati morti in guerra. La festività del 4 novembre fu istituita nel 1919 ed èndurata fino al 1976: è l’unica festa nazionale che sia stata celebratandall’Italia prima, durante e dopo il fascismo.

Il contributo dei coratini. «Furono 750 i coratini che persero la vita sui campi di battaglia e varie centinaia quelli che ritornarono dal fronte feriti e mutilati, profondamente segnati nel corpo e nell’anima» afferma Tandoi.

«Le lettere arrivate dal fronte hanno fatto giungere fino a noi le parole di chi partì per fare l’eroe e di chi non riusciva a nascondere la paura di morire. Resta particolarmente nel cuore il bellissimo racconto del soldato coratino Giuseppe Caputo che tornò in città con una gamba amputata. La sua è la testimonianza più completa del “coratino al fronte”: “Il dolore dei miei genitori fu grande: ero partito forte e giulivo e tornavo menomato fisicamente e con tute le incognite dell’avvenire” scrisse Caputo negli anni ‘50».

Le associazioni che raccontano la Storia. «Proprio il Caputo di cui parla Tandoi fu il primo presidente della sezione locale dell’Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra come possiamo verificare da un documento che io stesso conservo» aggiunge Scarnera, dopo aver gentilmente concesso a CoratoLive.it la pubblicazione di questa preziosa pagina nella galleria fotografica. «Un articolo datato 1928 – prosegue Scarnera – ci permette di scoprire che la sezione coratina fu una delle prime nate subito dopo quella di Bari. “Riuniti ed organizzati – si legge nell’articolo – essi potettero godere dei riguardi, avere delle agevolazioni e usufruire della generosità dei Comitati locali. Da per tutto furono circondati di affetto e simpatia, ed in ogni festa nazionale ebbero il primo posto. In varie città le signore offrirono i gagliardetti alle sezioni, ed organizzarono lotterie, sottoscrizioni e serate di beneficenza a loro favore”.

E non fu l’unica associazione di cui si ha memoria. Negli anni ‘50 nacque la sezione “Nastro Azzurro”, presieduta dal Sergente Maggiore di Fanteria Giuseppe Manzo, Medaglia d’argento al valor militare. Ho potuto attingere notizie su questo sodalizio – che ancora oggi esiste – parlando direttamente con alcuni soci, sia anziani che giovani: nel periodo di maggior “splendore” raggiunse anche i 200 soci».

Nella foto di copertina datata 1968 «sono presenti proprio queste due realtà insieme anche all’associazione Combattenti» precisa Scarnera.

Il mistero di “Ciaula d’oro”. Come in tutte le città della Nazione, anche Corato volle che l’arte raccontasse e desse testimonianza della Storia. Il 21 settembre del 1925, in piazza Vittorio Emanuele, fu inaugurato il Monumento ai gloriosi caduti di Corato. La statua, a molti nota come “Ciaula d’oro”, era una preziosa opera in bronzo dello scultore Piscitelli, originario di Giovinazzo: «rappresentava “l’eroe nostro immortale razza latina”, come disse il sindaco fascista Vincenzo Ripoli in una intervista a La Gazzetta di Puglia. Era il trionfo della retorica nazionalista: l’obiettivo era far dimenticare la terribile carneficina della grande guerra per infiammare gli animi esaltando la potenza militare e prepararsi ad altre imprese» spiega Tandoi.

Ormai da anni, però, la statua di Piscitelli non è più in piazza: «ho fatto molte ricerche a tal proposito – confessa Scarnera – e tante cose mi fanno pensare che non sia stata davvero fusa per donare il bronzo alla patria come si è sempre scritto, secondo l’ordine di Mussolini. Ho ragione di pensare che venne nascosta in un retrobottega di un rigattiere di Giovinazzo, insieme ad un altro monumento della stessa città». Un’altra storia, tutta da scoprire.

domenica 4 Novembre 2018

(modifica il 22 Luglio 2022, 5:42)

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salvatore di gennaro
salvatore di gennaro
5 anni fa

Il sud Tirolo afferma di non sentirsi affatto italiano. La Sicilia, con la sua autonomia, fa guadagnare ai suoi rappresentanti regionali più di un deputato nazionale. La Val d'Aosta, sempre con la sua autonomia, riceve dallo Stato, in proporzione, più di ogni altra regione. Il divario tra nord e sud è sempre maggiore. La Calabria è considerata la regione più arretrata d'Italia. Da noi entra chi vuole, fa quello che vuole, e non se ne va più. Non si può creare una nazione solo osservando una cartina geografica e guardando i suoi confini naturali: è l'anima di un popolo veramente unito, che fa uno Stato. Fu il concetto di base che spinse Wilson a non accordarci tutti quei territori promessici prima dell'intervento americano in guerra, tale da farci chiamare “mutilata”, la vittoria del 1918.

salvatore di gennaro
salvatore di gennaro
5 anni fa

Ci si può ricollegare alla retorica patriottica, partendo da ciò che sta avvenendo nelle nostre regioni inondate: oltre al fatto determinante dei cambiamenti climatici causati dall'aumento di anidride carbonica nell'atmosfera, vi è pure l'intervento dannoso dell'uomo sul territorio, con costruzioni abusive dappertutto, per fronteggiare l'esplosione demografica di un Paese che, fisicamente, socialmente ed economicamente, potrebbe contenere la metà degli abitanti attuali. La nostra è una nazione senza guida: l'eccesso di buonismo, di garantismo, di assistenzialismo, di tolleranza, di cecità assoluta, del vivere “alla giornata”, dell'improvvisazione, ha portato a questo. Non si reagisce a tutto ciò commemorando solo le ricorrenze storiche, ed autoesaltandosi per qualcosa che non esiste più.