I tedeschi, gli americani, il tesoro di Castel del Monte e due malviventi coratini

Pasquale Tandoi
Era settembre 1943
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Sono gli ultimi giorni convulsi della presenza dei tedeschi nel nostro territorio. Come già raccontato in questa rubrica, il 21 settembre undici coratini furono presi in ostaggio (poi liberati) e il giorno dopo la città subì da parte dei tedeschi un cannoneggiamento che non fece vittime ma arrecò parecchi danni ad abitazioni private e ad edifici pubblici. Ma c’è un altro episodio, assolutamente sconosciuto ai più e che ho pubblicato nel terzo volume di “Corato in camicia nera”, che merita di essere raccontato.

Il 20 settembre alcune SS tedesche raggiunsero Castel del Monte e, trovando l’ingresso sprangato, fecero esplodere una bomba sotto il portone che andò in mille pezzi. La soldataglia entrò nel castello e, con sorpresa e compiacimento, vide che vi erano nelle varie stanze centinaia di casse suggellate contenenti opere d’arte raccolte da tutta la Puglia, oggetti di valore provenienti dai musei di Taranto e di Bari, beni ecclesiastici di numerosi luoghi di culto pugliesi (ostensori e pissidi in oro e argento, calici, anfore, quadri, ecc.).

I soldati tedeschi dissuggellarono alcune casse ma, non avendo automezzi a loro disposizione in quanto erano giunti in motocicletta, si allontanarono divisando di tornarvi con mezzi di trasporto per trafugare quanto più possibile di quell’ingente tesoro.

Il custode del castello, Giovanni Sforza, avendo osservato tutto, si recò speditamente in Andria ed informò le autorità italiane e il comando tedesco, il quale, dopo vive insistenze, rilasciò un proclama indirizzato ai soldati tedeschi. Si ordinava che il tesoro di Castel del Monte dovesse essere rispettato perché costituito da beni per lo più ecclesiastici che avevano esclusivamente valore storico, artistico e religioso.

Il comandante tedesco rilasciò, inoltre, un ordine di servizio con il quale si imponeva che le consegne del custode Sforza dovevano essere eseguite e che ogni minaccia da parte dei soldati tedeschi sarebbe stata punita.

Lo Sforza, però, al suo ritorno al castello constatava che due malviventi di Corato avevano caricato su un carretto oggetti di inestimabile valore, fra cui due calici, nonché coperte, lenzuola e indumenti militari appartenuti a dei carabinieri che prima dell’8 settembre erano a guardia del tesoro pugliese.

Il custode riusciva a trarli in arresto, a rinchiuderli in una stanza del castello e a sequestrare la refurtiva. Mentre pensava di far ritorno in Andria per denunciare i due furfanti coratini, sopraggiungeva un autocarro con una squadra di soldati tedeschi, pronti a far man bassa di tutto.

Il custode mostrò loro il proclama e l’ordine di servizio del comando superiore tedesco e, sia pure a stento, riuscì ad ottenere che i soldati si allontanassero dal castello senza nulla depredare.

Il 24 settembre i tedeschi abbandonarono la zona e i carabinieri tornarono a far la guardia al tesoro del Castel del Monte [118]. Giorni dopo, l’avv. Pasquale Cafaro di Andria, ispettore locale ai monumenti, faceva riparare alla meglio da un falegname il portone gravemente danneggiato.

Verso la metà di ottobre del 1943 giungevano al castello truppe inglesi paracadutate e successivamente quelle americane che vi si trattennero sino al luglio del 1945. I soldati alloggiavano al castello, mentre al vicino posto di ristoro, creato dall’Ente del Turismo con dieci camere di nuova costruzione, erano allogati gli uffici del Comando.

Il castello fu requisito da un ufficiale alleato, il quale si recò in Andria presso l’incaricato che lo aveva in consegna e gli comunicò la decisione di occuparlo.Il consegnatario fece rilevare che, in base agli accordi presi tra l’Alto Comando Alleato e le Autorità Italiane, il Castel del Monte non poteva essere requisito soprattutto per la presenza di opere d’arte di notevole valore. Ma l’ufficiale alleato rispose di aver avuto il consenso a voce di un alto ufficiale italiano. Poco convinto della risposta e, comunque, nell’impossibilità di evitare la requisizione, il consegnatario chiese che fosse tutelato il contenuto delle tante casse depositate in ben quattro stanze del castello. Gli Alleati lì acquartierati rispettarono scrupolosamente gli oggetti d’arte e consentirono che i carabinieri (dapprima 16 e poi 6) continuassero a far servizio di custodia.

Tuttavia la presenza delle truppe nelle sale del castello aveva lasciato i suoi segni: vetri in frantumi, infissi saltati in aria, chiusure di feritoie divelte. Il Castel del Monte era alla mercé delle intemperie. E poi i falchi, i falchi di re Federico, che si erano insediati da padroni…

Nel dicembre del 1945 tutte le opere d’arte erano ritornate ai luoghi d’origine. Mancavano solo due piccoli quadri della Pinacoteca Comunale di Barletta: una Madonna e un Paesaggio. “Malgrado le ricerche eseguite soprattutto a Corato – dove si supponeva fossero stati trafugati – non sono stati ritrovati.” (Da La Gazzetta del Mezzogiorno del 23-12-1945).


[118] Da LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO del 17 dicembre 1945, pag. 2.

venerdì 5 Ottobre 2018

(modifica il 3 Febbraio 2023, 14:33)

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