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Sabina Guzzanti all’Elìa: «La trattativa tra Stato e mafia ha creato l’Italia di oggi»

Marianna Lotito
Marianna Lotito
Sabina Guzzanti all'Elia
L'approvazione del pubblico sembra aver dato ragione alla Guzzanti che ha lasciato nell'armadio gli abiti di scena per muovere i passi propri di una giornalista di giudiziaria
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Passa da Corato il tour di Sabina Guzzanti che sta riportando nelle sale cinematografiche il suo ultimo lavoro, "La trattativa".

Entrambe le proiezioni proposte ieri dal cinema "Elìa" grazie agli attivisti del Movimento 5 stelle, hanno registrato quasi il tutto esaurito.

L'approvazione del pubblico sembra aver dato ragione alla Guzzanti che ha lasciato nell'armadio gli abiti di scena per muovere i passi propri di una giornalista di giudiziaria. Un riscatto rispetto al flop annunciato dai giornali, come ha ricordato il giornalista Giuseppe Di Bisceglie invitato dal M5s ad intervistare la regista.

«Questa volta la stampa ha pensato bene di non parlare del film – dice con tono ironico la Guzzanti – perchè così ha mantenuto il silenzio sul tema. Prima di vedere il film tutti pensano che quando si parla di trattativa ci si riferisce alle concessioni che lo Stato ha fatto alla mafia per fermare le stragi. Anche io ne ero convinta prima di documentarmi.

Solo dopo ho compreso quello che con "La Trattativa" vi consegno: le vicende della parte eversiva del Paese che si muove per impedire il cambiamento politico, che non vuole condurre l'Italia in una direzione democratica e le imprime una direzione opposta».

La Guzzanti studia, indaga, incontra i protagonisti della Storia e poi rimescola i materiali raccolti. Le sue fonti sono "La trattativa" di Maurizio Torrealta, "Il patto" di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci, "L'agenda rossa", "L'agenda nera" e altri saggi.

«Poi – aggiunge – ho studiato dibattiti e verbali, ho ascoltato da Radio Radicale diverse ore del processo Dell'Utri».

Per rendere efficaci i 138 minuti de "La Trattativa" la Guzzanti rinuncia a trame e orpelli. Affida agli attori il compito di celare i volti veri che devono essere tutelati, quelli dei collaboratori di giustizia. Di questi ultimi conserva la voce, a loro ruba le movenze e prova a concedere dignità nuova all'umanità macchiata di sangue. Guarda il processo Mori dalla prospettiva illuminante di Riccio e Ilardo, svela i dettagli delle registrazioni che "casualmente" non si trovano più, delle indagini interrotte.

Dalle immagini d'archivio recupera la testimonianza cruda delle stragi di Falcone e Borsellino. Conclude con il sorriso di don Puglisi raccontato da colui che è accusato del suo omicidio, Gaspare Spatuzza. Personaggio centrale de "La Trattativa", Spatuzza è in grado di mostrare – almeno nel film – occhi nuovi. Anche lui è sotto interrogatorio, ma per un esame di teologia, da pentito. E' lui l'unico barlume di speranza in un film che lascia l'amaro in bocca, squarcia il velo del silenzio e dell'incapacità diffusa di leggere e raccontare in profondità la politica e la Storia della nostra Italia.

"La trattativa" in realtà è proprio questo, è il tentativo ben riuscito di «un gruppo di lavoratori dello spettacolo che ha deciso di mettere in scena i fatti finora noti sulla faccenda della trattativa Stato-mafia». Lo raccontano gli stessi protagonisti del "film nel film" della Guzzanti, quasi come se l'arte dello spettacolo fosse l'unica rimasta in grado di «dire le cose come stanno, di aggirare la censura di cui sono vittime i giornali vincolati alla politica».

Nel film c'è spazio anche per il volto satirico della Guzzanti che non disdegna di indossare i panni dell'ex premier Berlusconi quando alla sua scrivania annuncia la nascita di Forza Italia. Su di lui e su Dell'Utri "La Trattativa" si concentra in più riprese. Il film ripropone più volte le immagini d'archivio in cui Berlusconi sorridendo definisce Dell'Utri «colpevole della nascita di Forza Italia».

«Stiamo parlando di una seconda Repubblica nata su un accordo fatto con la criminalità organizzata e con la feccia di questo paese che non è solo la mafia. Puro desiderio di distruggere la democrazia» commenta la Guzzanti.

«Nel '94 nasce Forza Italia e da lì in poi spariscono le sezioni dei partiti, cambia il rapporto degli italiani con la politica. Prima delle stragi e della Trattativa avevamo un centro, una destra e una sinistra. Dopo abbiamo avuto una destra fortissima che assomiglia al partito repubblicano americano, violenta e con dei toni che in Italia non erano mai stati usati. E' sparita la sinistra, è diventata centrosinistra e fa una politica che sempre più si uniforma a quella alla destra, su tanti temi».

Amarissima la fotografia dei nostri giorni.

«Tutti gli strumenti democratici sono diventati inservibili. Chi non ne può più di questo sistema politico così corrotto non sa più quali strumenti utilizzare per opporsi. Nessuno vuole e nemmeno può fare una rivoluzione armata, ma oggi non è con il voto o manifestando che si possono cambiare le cose. Censura impressionante».

Una censura sul tema che si è fatta sentire anche nella grande difficoltà di trovare finanziamenti. Il film è stato tutto girato in un teatro verde a Roma, Cinecittà 3, e poi rifinito con effetti speciali, è il primo che usa espedienti di questo genere – come Avatar – ma a basso costo.

«Il produttore, per causa ancora da capire, ha abbandonato il film a riprese finite. Quando per passare alla distribuzione mancavano solo gli effetti, necessari. Per disperazione – confessa la regista – sono andata al ministero a chiedere i fondi, così come spetta di diritto a chi ha alle spalle altri film pluripremiati.

Quando sono arrivata lì però, nella commissione giudicatrice, ho trovato la moglie di Antonio D'Alì che una settimana prima era stato "mezzo prescritto e mezzo assolto" con gravi accuse legate alla mafia.

Si creò grave imbarazzo in commissione perché non si aspettavano che io conoscessi la signora: l'avevo incontrata nel tentativo di intervistare suo marito per un altro mio film, Draquila. D'Alì era stato il primo ad aver preso i soldi da Bertolaso della protezione civile».

L'esito del colloquio al Ministero ha dell'imbarazzante: «Non ho ottenuto il finanziamento – conclude la Guzzanti – e il lavoro non è stato nemmeno riconosciuto come "film d'interesse culturale" diversamente da quanto avvenuto dopo poche settimane per due cinepanettoni».

sabato 24 Gennaio 2015

(modifica il 25 Luglio 2022, 14:48)

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sother
sother
9 anni fa

La Guzzanti, che è davvero brava, usa la parola “trattativa” come unico vocabolo astratto. Poi colpisce le persone, autrici di tale trattativa, ed una in particolare, Berlusconi, considerandolo la causa della involuzione democratica. Lungi da me l’idea di difendere il Cavaliere (o ex): sono un semplice studioso di politica, penso, obiettivo. Ma la Guzzanti ha dimenticato un altro termine astratto, che dà pienamente l’idea dei nostri mali: la non predisposizione storico-etnologica del popolo italiano alla democrazia. Atteggiamento questo, penetrato prepotentemente e profondamente nel nostro DNA, e nessuna medicina sarà mai in grado di debellarlo. I cinepanettoni hanno avuto il finanziamento? Serena, ma pensi allora davvero di vivere in un Paese normale? E tutto quello che hai detto finora?