Cultura

“Another day will come”, nuovo album per Antonio Molinini

La Redazione
Another day will come di Antonio Molinini
In distribuzione dal 19 dicembre. Prodotto e inciso da Sfera Records di Gianluca Caterina
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Verrà pubblicato il prossimo 19 dicembre il nuovo album del musicista coratino Antonio Molinini. Si intitola "Another day will come" ed è stato prodotto e inciso da Sfera Records di Gianluca Caterina.

A parlarne è lo stesso autore.

«In tanti – afferma Molinini – si chiedono (o mi chiedono) che tipo di musica sarà. Non so dare una risposta che accontenti a 360° l'utenza.

Un giorno di ottobre di un anno fa, Gianluca Caterina, mi propose l'ascolto di un brano di un tale che non avevo mai sentito nominare prima. Sapete quelle sensazioni a pelle, che non ti spieghi bene? Quel nome non mi ispirò troppa fiducia, e approcciai all'ascolto con diffidenza. Dopo una decina di note, avevo già cambiato idea. sembra incredibile, ma si accese una scintilla, e proseguendo l'ascolto, mi si aprì un mondo. quel brano così distante dalle mie vedute musicali mi aveva sedotto, infiammato e conquistato, e non ci potevo credere. Fu lì che nacque l'ispirazione, provocatoriamente indotta da Gianluca Caterina, stimatissimo amico e mio discografico. Questo fiume in piena mi travolse fino a farmi sentire l'immediato e vibrante desiderio di scrivere qualcosa di analogo stile ed organico. La definirei quasi una necessità fisiologica.

Nasceva sul mio quaderno pentagrammato, in quegli istanti pieni di febbrile creatività "another day will come". Il brano che mi ispirò era Beirut di Ibrahim Malouf. Così stilisticamente distante da me. Il seme. Poi, chissà, la pianta. I frutti. Evoluzione linguistica, in questo album. Un grande viaggio, metaforico, di cui vi parlerò poco per volta.

Un cd che non sia collocabile sul grande scaffale del pop, e che in linea di massima non è figlio di un solo unico genere e stile. L'ascolto dei capolavori di Thad Jones, Pierluigi Balducci, Peter Erskine, Stefano Bollani, e lo stesso Ibrahim Maalouf, (e tanti altri, potrei aggiungerne a decine) hanno inevitabilmente orientato la scelta del mio modo di scrivere questi brani che andranno a comporre il prodotto discografico in oggetto.

C'è anche da dire che oggi "non si può" scrivere in un certo modo. Cosa voglio dire con questa complessa (quanto opinabile) affermazione?

E' convinzione diffusa, tra i compositori, soprattutto negli ambienti accademici della cosiddetta "musica colta", che non si debba più scrivere in modo superato, ma che ci si debba sentire necessariamente obbligati a creare un nuovo linguaggio proprio. Questo è difficilissimo, poichè sebbene tramite la ricerca sia possibile "inventare" ancora qualcosa, bene o male, è stato già tutto sperimentato, scritto e codificato.

Dunque, ciò che quantomeno non si dovrebbe fare, è scrivere musica "mainstream" basata sullo swing o sulla bossa tradizionale, (qualcuno direbbe antica), classica, quasi dando un'accezione denigratoria a questi termini (che diventano aggettivi) e ad i generi che hanno rappresentato nelle epoche di loro competenza.

In altre parole, le banali e consolidate successioni armoniche accompagnate dalle ritmiche più ovvie che hanno consacrato le più celebri "song" fino agli anni 50/60, vanno pensate come un qualcosa di straordinario, sì, ma di superato, che non è possibile riproporre ancora oggi, negli inediti.

Cosa deve fare, dunque, il compositore che non voglia sembrare manieristico, scontato, superato e banale? (quasi ridicolo, si direbbe) Guardare più avanti, al jazz europeo, e a quello delle grandi americhe, sviscerando i progressi fatti nel linguaggio negli anni a venire e facendoli propri, per poi rielaborare un qualcosa di proprio e di nuovo.

L'ascolto degli album di Pierluigi Balducci mi ha ispirato in maniera incredibile, chiaramente percettibile in alcuni miei brani. Lo si sentirà da alcune soluzioni armoniche, da certi impasti timbrici, ma non avrei mai potuto forzare troppo la mano e snaturarmi, poichè io amo il latin jazz, e questo sarebbe dovuto emergere prepotentemente in alcune tracce. I miei miti sono D'Riveira, Sandoval, Roditi, Valdes, ecc. In altre parole mi sono (s)forzato di scrivere come non amo scrivere, e come non avevo mai scritto prima, tirando fuori qualcosa che non avrei mai pensato di poter comporre. Ne sono piuttosto compiaciuto, poichè anche dalla composizione meccanica, studiata a tavolino e senza "pancia e ispirazione" (ma con tanta testa e il cosiddetto mestiere) si può scrivere davvero qualche bel tema con strutture interessanti. Poi, in altri momenti, ho liberato me stesso da certi obblighi, e ho sciolto le corde. Ed ecco il vero me, quello libero dagli schemi, emergere con le sonorità più amate dal sottoscritto, immediatamente riconducibili ai colori carioca.

Dunque pensate a questo cd come due piccoli grandi viaggi: uno nel mondo, e l'altro nella mia anima. Le tracce, tutte emblematiche dal punto di vista della relazione tra i titoli e le esperienze della mia vita (che le hanno ispirate) vi guideranno tra una pluralità di stili che accarezzeranno il jazz europeo, quello sudamericano, il tango (immancabile, insieme al samba e alla bossa nova, in ogni mio lavoro creativo), un pizzico di funky e l'immortale ballade.

Dunque la risposta è questa.
"Che tipo di musica sarà?"
"Jazz"
Vallo a capire e vallo a spiegare, poi, cosa sia veramente "il jazz".

Quando ho chiesto ai miei colleghi di partecipare alla realizzazione di questo disco, non ci potevo credere che avessero accettato. Si tratta di 4 musicisti, due dei quali pensavo non prendessero minimamente in considerazione la mia proposta. E invece, con mia grande meraviglia, hanno accettato. Per me era pazzesco poter avere musicisti del calibro di Michele Rubini e Pierluigi Balducci in questo disco, che risultano partecipare in qualità di ospiti o "special guest". Se hanno accettato devo dedurre che lo abbiano fatto per stima nei confronti del sottoscritto e abbiano riconosciuto un notevole valore musicale al progetto.

Si aggiungono due giovani talenti per i quali nutro altrettanta stima: Dario Riccardo alla batteria, a mio giudizio uno tra i giovani più promettenti nel settore, del quale mi sono subito innamorato sentendolo suonare in altri progetti. E Dario S. Doronzo, sul quale Gianluca Caterina, produttore del disco, mi ha chiesto di cucire su misura determinati brani come il sarto fa con l'abito su un modello. Sono piuttosto emozionato e responsabilizzato dalla situazione, dal prestigio di chi mi circonda, dalla paternità dei brani, dal doverli suonare con gente di talento, e di fama ormai mondiale. Cinque musicisti diversi, un linguaggio che dovrà impastarli, un progetto che vuole arrivare lontano.

Tutti i brani sono frutto di esperienze realmente accadute nella mia vita. Come in tutti i miei dischi fino ad oggi. Ed ogni titolo non è casuale, poichè evoca una determinata storia, una persona, un avvenimento, un periodo. Ma non solo.
Another Day Will Come è l'attesa di un nuovo giorno, l'auspicato giorno migliore che tutti aspettiamo dopo il momento buio nella nostra vita. Il disco, infatti, non esce per caso il 19 dicembre. La data è scelta consapevolmente, e coincide col ventesimo anniversario di un lieto avvenimento che si verificò quand'ero bambino. Molte cose possono rappresentare un giorno nuovo, la speranza che diventa realtà, il sogno che si realizza, la una svolta. Dunque in quella data verrà pubblicato un disco che come auspicio non ha solo quello simbolico dell'arrivo di un nuovo "quid" strettamente relazionato all'avvenimento di vent'anni fa, ma anche di un nuovo amore, di un nuovo lavoro, di una nuova vita, di un nuovo viaggio. In altre parole, di un nuovo periodo positivo dopo anni di sofferenze. Un nuovo giorno arriverà, e per stimolarlo il disco esce in una data emblematica e assolutamente positiva, seppure nella sua memorabile drammaticità.

Inoltre, Another Day Will Come è un viaggio ideale, mentale, metaforico attorno al mondo ed alle sue culture, le sue sonorità, i suoi colori, i suoi ritmi, i suoi profumi, e tutto quello che geograficamente è tipico e caratteristico, quantomeno dal punto di vista musicale ed etnico.

Nulla è affidato al caso: titoli veri dalla (mia) vita vissuta, sonorità che descrivono il viaggio, ma anche che raccontano esperienze già suggerite dal titolo, seppure in modo volutamente vago e fumoso, in taluni casi. Popoli che si mescolano non solo tra le note provenienti da diverse latitudini, ma anche nella copertina, che sposa varie etnie, in un concept grafico frutto di una mia personale illuminazione caldamente suffragata dalla produzione Sfera Records – Produzioni Musicali.

Tutto quadra, dunque.
C'è il viaggio, e quindi la partenza, c'è il dolore, c'è la gioia, c'è il ricordo, c'è il presente, c'è il futuro, c'è il ritorno.
Quasi come fosse tutto un sogno lungo 10 brani, il tempo di addormentarsi, e in un'ora è tutto finito.
Ma qualcosa ti resta addosso, anzi, dentro.
#anotherdaywillcome

Oltre ai musicisti e al produttore, è mia intenzione ringraziare Adriana Gallo che si è prestata come voce recitante dell'ultimo brano che chiude il disco con una riflessione che lascia "aperta" la situazione, come un quesito irrisolto, come se questo disco non potesse fare a meno di un sequel».

giovedì 28 Novembre 2013

(modifica il 26 Luglio 2022, 3:16)

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