Politica

Piste ciclabili «sì, ma non con interventi spot». Un documento di Legambiente «per condividere un percorso comune»

La Redazione
Legambiente riaccende il già vivace dibattito sulle piste ciclabili e realizza un documento per evidenziare le criticità del progetto ed esprimere la propria posizione
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«Le piste ciclabili andavano e vanno fatte. Non con interventi spot, ma con un’adeguata partecipazione e pianificazione con la tutta la città, con un cronoprogramma definito in modo da realizzare un intervento che apparisse come una graduale esigenza ed una riscoperta di un nuovo bisogno di mobilità sostenibile, più che un’opera “calata dall’alto”».

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Legambiente riaccende il già vivace dibattito sulle piste ciclabili che negli ultimi mesi ha animato la città e realizza un documento corredato da un’accurata bibliografia e sitografia essenziale per evidenziare le criticità del progetto ed esprimere la propria posizione.

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Obiettivo quello di «condividere, se possibile, un percorso comune».
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«Nei giorni scorsi – si legge nel documento a cura di Legambiente – è tornato alla ribalta il tema delle piste ciclabili, a seguito della mozione promossa in Consiglio Comunale dalle opposizioni e respinta dalla maggioranza. Riteniamo opportuno offrire uno strumento di discussione, al fine di ribadire in modo chiaro la nostra posizione, condividendo anche alcune delle migliori esperienze europee ed italiane.
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rnLa prima precisazione da fare è che l’utilità delle piste ciclabili è indiscutibile. Del resto, il 73% dei cittadini europei ritiene giusto ed opportuno riservare alla bicicletta un trattamento preferenziale rispetto all’automobile.
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rnFissato preliminarmente questo punto, la questione si sposta sul capire come si fanno le piste ciclabili.
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rnInnanzitutto, il primo aspetto da considerare, nel momento in cui si procede con un intervento di questo genere, è il coinvolgimento dei cittadini.
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rnSotto questo profilo, è indubbio che la realizzazione delle piste a Corato è nata con un vizio per così dire genetico. Infatti l’Amministrazione ha deciso unilateralmente di procedere con la realizzazione delle piste ciclabili senza avviare nessun tipo di consultazione e confronto con la città su un tema assolutamente prioritario e che incide direttamente sugli stili di vita dei cittadini.
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rnA tale intervento sono seguite, a nostro modo di vedere, delle reazioni scomposte, proposte piuttosto discutibili, sostenute da una discussione sterile e incapace di affrontare correttamente la questione. E’ necessario avviare un dibattito serio, partendo dall’analisi dei benefici legati all’uso della bicicletta:
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rn• il beneficio economico (conseguente alla diminuzione della quota di bilancio delle famiglie dedicata all’automobile, riduzione delle ore perse negli ingorghi, riduzione dei costi della salute grazie ad un’attività fisica regolare ecc.);
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rn• il beneficio politico (dovuto alla riduzione della dipendenza energetica, risparmio di risorse non rinnovabili ecc.);
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rn• il beneficio sociale (democratizzazione della mobilità, maggiore autonomia e accessibilità di tutte le attrezzature sia per i giovani che per gli anziani);
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rn• il beneficio ecologico (determinante sia effetti locali a breve termine, sia effetti globali a lungo termine).
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rnQueste prime considerazioni sono utili per comprendere il livello di complessità che insiste sul tema della mobilità ciclistica, una complessità che necessità di un governo e di una corretta pianificazione. Per questo riteniamo opportuno e necessario che si cominci finalmente a parlare di PUT e di PUG, strumenti quest’ultimi senza dei quali ogni iniziava rischia di essere parziale e poco efficace.

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Solo inserendo le piste ciclabili in un piano della mobilità organico, che tenga conto per esempio dei percorsi casa-scuola per gli studenti, dei percorsi casa-lavoro per la zona industriale o per i dipendenti pubblici (e si potrebbe continuare), si può davvero incentivare l’utilizzo della bicicletta; in caso contrario, si rischia di fare interventi di facciata che non portano nessun miglioramento sotto il profilo della mobilità, creando solo oggettivi disagi.
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rnFondamentale ci appare anche il confronto con i commercianti.
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rnA questo proposito, suggeriamo la lettura di uno studio realizzato in Germania, presso la città di Munster, che affronta proprio il tema del rapporto tra mobilità ciclistica ed attività commerciali, sconfessando nei fatti l’equazione "vitalità delle imprese commerciali = accesso in automobile".
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rnL’analisi ha preso come riferimento le abitudini dei clienti di tre supermercati o minimarket il cui assortimento è sufficiente per effettuare una «grande spesa» una volta alla settimana o una volta ogni 15 giorni e di un grande magazzino a reparti multipli (vestiti, boutique, articoli di lusso ecc.). I risultati hanno dimostrato che:
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rn• gli automobilisti non sono migliori clienti dei ciclisti, dei pedoni o degli utenti dei trasporti pubblici. I ciclisti acquistano quantità minori per visita e si recano quindi più regolarmente al negozio (11 volte al mese in media contro sette volte in media per gli automobilisti) e sono quindi esposti più spesso alla tentazione di acquisti di beni e di servizi.
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rn• Nella zona commerciale della città gli automobilisti sono minoritari (25% – 40% della clientela a seconda che sia durante la settimana o il sabato).
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rn• Appena il 25% degli automobilisti esce da un negozio con due o più sacchetti di spesa (il 17% i ciclisti).
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rnLo studio evidenzia chiaramente come non è assolutamente dannoso procedere con la realizzazione delle piste ciclabili, per cui anche le posizioni espresse dai commerciati per fermare in qualche modo questa sperimentazioni appaiono inopportune. Diverso è il problema dello scarico e carico delle merci che ovviamente va affrontato, ma tuttavia questo non può e non deve tradursi in una opposizione pregiudiziale alle piste ciclabili, bensì deve diventare la leva per chiedere di concertare gli interventi proprio per governali e pianificarli nel rispetto dei bisogni di ciascuno.
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rnTutto questo conferma ancora una volta che, prima di procedere con la realizzazione delle piste nella nostra città, bisognava avviare una seria fase di concertazione con i settori produttivi ed economici della città al fine di pianificare scelte coerenti con gli obiettivi di riduzione del traffico e sviluppo della mobilità ciclabile, nell’ottica in definitiva di fare scelte con qualcuno, più che contro qualcuno.
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rnUna corretta pianificazione, sarebbe partita per esempio dagli incentivi sull’acquisto delle biciclette, dall’organizzazione di iniziative finalizzate ad invogliare studenti e lavoratori a prendere la bici, aumentare le Zone a Traffico Limitato (ZTL), rendendo così più difficoltoso l’utilizzo dell’auto privata, in pratica creare le condizioni per far sì che nascesse il bisogno della bicicletta.
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rnA questo proposito, importante è l’esperienza della città di Ferrara che, nonostante le sue 100.000 biciclette su 133.000 abitanti e con il 30% degli spostamenti che avviene in bicicletta, continua però i suoi sforzi per mantenere e addirittura aumentare l’uso della bicicletta e ridurre quello dell’automobile.

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Per raggiungere gli obiettivi fissati, sono stati attivati molteplici strumenti, a partire dalla politica delle ZTL con il centro di 5ha a zona pedonale,ma accessibile ai ciclisti ed un’area di altri 50ha aperta al traffico automobilistico, ma con molteplici restrizioni. Importanti sono anche gli interventi sui grandi assi di circolazione e il numero di zone residenziali dove ciclisti e pedoni hanno la precedenza sul traffico automobilistico.
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rnAbbiamo riportato l’esperienza di Ferrara, che rappresenta certamente un modello da seguire, per evidenziare come la strada verso la costruzione di una mobilità sostenibile sia lunga e richieda un impegno costante e continuo, che coinvolge interamente i vari aspetti della città.
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rnPer raggiungere questi obiettivi, altro strumento importante è l’avvio di una vera campagna di comunicazione sull’uso della bicicletta: prendere la decisione politica di ridurre lo spazio destinato all’automobile (sia per il traffico sia per i parcheggi) per creare sistemazioni ciclabili richiede un certo tatto, spiegazioni alla popolazione e una realizzazione graduale.
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rnSolo attraverso una comunicazione continua, incessante e mirata accompagna da altri interventi è possibile ottenere risultati soddisfacenti, in caso contrario si resta solo nella logica di iniziative pubblicitarie.
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rnIn fine, l’ultimo aspetto da considerare per una corretta ed efficace pianificazione è quello legato ai costi. Il costo degli investimenti può essere molto variabile. La realizzazione di strutture per la mobilità ciclistica è infinitamente meno costosa di quella destinata agli altri mezzi di trasporto. Inoltre, in numerose esperienze, si è potuto constatare che i già bassi costi della bicicletta sono ulteriormente ridotti se si pensa ai ciclisti fin dalla fase di progettazione delle sistemazioni o di modifiche della rete stradale.

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Le sistemazioni onerose sono rare (sono soprattutto le piste ciclabili e i semafori a comandi speciali). Il costo degli altri aspetti di una politica ciclistica (soprattutto educazione e informazione) può anche essere molto variabile a seconda dei metodi seguiti. Ad esempio, nello Stato dell’Oregon (Stati Uniti) e in altri Stati e città, una legislazione impone alle città di dedicare alla bicicletta almeno l’1% delle sovvenzioni statali per la viabilità.

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Questa percentuale minima delle spese permette già di rispondere ad un buon numero di necessità, tenuto conto del prezzo molto moderato della maggior parte delle sistemazioni specificamente destinate ai ciclisti. Un’altra base possibile di calcolo è l’analisi dei bilanci reali approvati da diverse città tedesche: l’ordine di grandezza del bilancio globale necessario può essere calcolato sulla base di 5 € per abitante, all’anno e per 5-7 anni (a seconda delle dimensioni della città), per varare una politica globale pro bicicletta (rete, informazione, promozione).
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rnAnche quest’ultimo elemento dimostra che un approccio pragmatico necessita di un’organizzazione e di una politica favorevoli alla bicicletta, implicando la collaborazione tra molti settori, dell’amministrazione (urbanistica, lavori pubblici, trasporti pubblici, operatori della conoscenza e della comunicazione, polizia) e, idealmente, la collaborazione del settore privato (commercianti, imprese, ciclisti) e sociale (associazioni e gruppi).
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rnIn conclusione, quindi, nonostante le criticità espresse, certamente l’intervento realizzato dall’Amministrazione, seppur improvvido, ha avuto il merito, di avviare una discussione su questo tema e di incentivare, seppur in modo limitato e sconclusionato, l’utilizzo della bicicletta. Noi, sin dall’inizio, abbiamo assunto una posizione critica, abbiamo fatto alcuni incontri per cercare di invitare i cittadini ad esprimersi.

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Abbiamo provato a ricomporre le posizioni contrarie che si sono subito sollevate, organizzando anche una serie di incontri presso la nostra sede, consapevoli che, se da un lato le piste vanno costruite e difese, dall’altro bisogna chiederne la radicale rivisitazione al fine di renderle davvero funzionali alle esigenze dei cittadini e non limitate ad essere utilizzate per la passeggiata domenicale.

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Inoltre in tempi non sospetti prima dell’attività dell’amministrazione comunale avevamo proposto un sondaggio sul nostro sito. Inoltre, sul sito già da oltre sei anni fa avevamo parlato dell’uso consapevole della bicicletta, nonché anche dal seguente articolo sulla Gazzetta del Mezzogiorno e di alcune lettere degli studenti della scuola Media di Secondo grado Giovanni XXIII che nel 2007 richiedevano tra l’altro le piste ciclabili.
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rnOra, anche in risposta alla proposta delle opposizioni di chiedere l’abolizione delle piste ciclabili ed alla maggioranza che le ha difese, chiediamo di superare questa sterile discussione, cercando invece di concentrarsi su una nuova idea di mobilità per Corato, sugli strumenti da adoperare e sugli investimenti si vogliono mettere in campo. Sono queste le questioni di cui si deve discutere e non certamente di posizioni strumentali che dimostrano una certa miopia nell’affrontare il tema della mobilità, che richiede una capacità di governace matura e responsabile, che non si limita a prese di posizione “pubblicitarie”, improduttive ed utili solo alla visibilità, davvero di basso profilo, di qualcuno.
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rnPer aiutare gli interessati ad «una conoscenza culturale e non ideologica sul tema», Legambiente propone una ricca documentazione:
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rnSiti Internet:
rn1. Buona prassi in materia di gestione urbana e di sviluppo sostenibile:
http://Europa.eu.int/comm/urban
rn2. Trasporti locali:
www.eltis.org
rn3. La Federazione europea dei ciclisti propone anche un sito Internet:
www.dcf.dk/ecf
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rnRiviste e pubblicazioni
rnLa European Cyclist Federation (ECF) pubblica un foglio di informazione, «European Cyclist»su prese di posizione e riassunti di studi «Bicycle Research Report» (cfr. indirizzo più avanti).
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rnOpere di riferimento
rn1. «Best Practice to Promote Cycling and Walking», 1998 (310 pagg.)
rn2. Adonis (Analysis and Development Of New Insight into Substitution of short car trips by cycling and walking), progetto di ricerca del programma RST Trasporti dell’UE. Danish Road Directorate,
rn3. «Sign up for the bike», 1993-1996 Manuale per la progettazione di infrastrutture ciclabili (320 pagg.)
rn4. «National Cycling Strategy», 1996 Motivazioni e contenuti di una politica di promozione della bicicletta Department of Transport, DITM Division,
rn5. «The National Cycle Network — Guidelines and Practical Details», 1997 (180 pagg.)
rn6. «Aménagement d’espaces réservés aux cyclistes et aux cyclomotoristes» (16 pagg.) Département fédéral de justice et de police Bureau suisse de prévention des accidents
rn7. «Empfehlungen für Radverkehrsanlagen», 1995 (90 pagg.)
rn8. Ministero federale tedesco dei Trasporti FGSV Verlag Konrad-Adenauer.

mercoledì 8 Giugno 2011

(modifica il 27 Luglio 2022, 3:52)

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