L’estate del ‘74 – Settima puntata

Dino Patruno
Giorgio Mancini, come ogni notte a mezzanotte in punto, salì sul sellino della sua Legnano nera ed uscì dal portone di casa sua...
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Giorgio Mancini, come ogni notte a mezzanotte in punto, salì sul sellino della sua Legnano nera ed uscì dal portone di casa sua tuffandosi nella placida ed afosa notte coratina.

Erano già trascorsi dodici anni da quando aveva trovato impiego come guardia notturna e , a parte il freddo che soffriva d’inverno , si poteva affermare con certezza che quello era un lavoro per cui era tagliato.

Infatti, quello strano e pericoloso mestiere che gli era capitato tra capo e collo una volta terminato il militare di leva , aveva finito addirittura con il piacergli .

Lo sentiva come una vera e propria missione.

Vigilare sulla sua città addormentata lo faceva sentire importante , responsabile, utile.

In più , tutti quei chilometri macinati in bicicletta negli anni , gli avevano permesso di conoscere i luoghi più segreti , insoliti e misteriosi del suo paese. E così Corato si era rivelata essere una continua e affascinante scoperta. A tutto questo si aggiungeva un naturale stato di allerta che lo accompagnava costantemente.

Una continua tensione che ricordava di avere sempre avuto , già fin da bambino. Una naturale curiosità nei confronti delle persone ,oltre che dei luoghi, che aveva poi sapientemente sviluppato fino a farne diventare un vero e proprio punto di forza della sua professione.

Corato in tutti quegli anni aveva dato l’impressione di essere un paese tranquillo. Le notti perlopiù scorrevano lente e noiose . Ma Giorgio aveva imparato col tempo a diffidare di quella calma apparente. Era come se da un momento all’altro da quel mare tranquillo dovesse emergere qualcosa di terribile ed inquietante.

Ma , comunque, quello non era certo affar suo. Lui doveva solo vigilare. Sorvegliare i negozi , i magazzini , gli appartamenti.

E fare in modo che nulla turbasse il sonno dei bravi coratini. Il resto non lo riguardava.

Qualche furto d’appartamento o d’auto , qualche rissa e ,soprattutto al sabato , qualche schiamazzo da parte di giovani ubriachi .O eccitati per qualche altra ragione. Sì. Anche a Corato era arrivata quella merda. La droga. Gli era già capitato più di una volta di restare con le gomme a terra per aver beccato sotto le ruote l’ago di qualche siringa. I contrabbandieri di sigarette erano diventati quasi una rarità da quando girava quella roba.

Ancora, le belle di notte che ricevevano i clienti in qualche appartamento di periferia provocando un insolito viavai ad una cert’ora della notte. Ne aveva viste di brave persone aggirarsi da quelle parti. Insospettabili . Ma anche questo a lui riguardava fino ad un certo punto .

Basta che non si facesse troppo baccano. Nient’altro. Chi andava a passare la notte da quelle lì …. Beh! Affari suoi . Che lasciassero in pace chi dormiva e lui avrebbe lasciato perdere loro .

D’altronde, non aveva problemi . Non era certo un moralista.

Lui , comunque, si considerava un uomo fortunato. Ripensò con piacere ad Assunta sua moglie. Non era in realtà quel che si dice una gran bellezza. Del tipo che gli uomini non si giravano certo in strada per guardarla . Ma a lui questo non importava . A lui Assunta piaceva.

E molto. E soprattutto , durante quell’ultima estate aveva preso ad amarla con rinnovata passione. Chissà. Non aveva capito ancora perché. Forse , anche se si dava dello stupido, era per via di una maledetta paura. Sì. La paura di lasciarla sola tutta la notte per esempio.

La paura di uscire per andare a lavorare e di non tornare più a casa . La paura di rientrare all’alba prima del tempo e trovare Assunta con qualcun altro.

No. Questo no. Che andava a pensare? Era proprio uno stupido.

Ripensò allora a quel loro rituale. A quel corteggiamento silenzioso che ancora li scopriva complici, scandito da impercettibili e teneri segnali scambiati fin dal tardo pomeriggio.

Quando, per entrambi ,iniziavano i preparativi per la lunga notte da affrontare. Per lui ,il controllo della divisa , la meticolosa pulizia della pistola , lo studio dell’itinerario da seguire , sempre diverso per non dare punti di riferimento ad eventuali delinquenti.

Per lei ,con tutta una serie di attività ricolme di premure e di attenzioni verso il marito che culminavano nella preparazione di un ultimo spuntino che poi era solita portargli in camera loro quando Giorgio era in procinto di indossare la divisa.

Sospirò, mentre ormai con la bicicletta aveva già raggiunto l’estramurale all’altezza della piazzetta del Gallo.

Un unico rammarico. L’unico cruccio di quella vita serena .

Non avevano ancora la benedizione di un figlio. Ed ormai avevano perso quasi ogni speranza. Erano già cinque gli anni di matrimonio.

Erano andati dovunque. Dottori , specialisti , psicologi. Addirittura anche da un famoso santone in Calabria di cui avevano sentito parlare tanto bene. Niente da fare. Ed anche un paio di pellegrinaggi con la Parrocchia in santuari dove erano accaduti miracoli accertati non avevano sortito alcun effetto.

Cosa avrebbero dato per un figlio . Oltretutto, Assunta avrebbe avuto così una compagnia durante quelle lunghissime notti.

Adocchiò alcuni ragazzi che facevano un po’ di baccano verso la stazione . Con un pallone avevano improvvisato una partitella nel piazzale antistante. Suonò il campanello della bicicletta per avvertire della sua presenza . Quelli si dispersero rapidamente temendo chissà che. Si fece di nuovo silenzio.

Anche quella notte sembrava tranquilla . Certo era una notte molto calda . Questo si. Non spirava un alito di vento. Aveva sentito dire al telegiornale che questa sarebbe stata l’estate più calda da cinquant’anni a quella parte.

Qualche bandiera dell’Italia che ancora resisteva sui balconi , nonostante l’eliminazione dal mondiale di calcio, si spiegava nella sua interezza ,assolutamente immobile , accentuando quel connotato di completa estraneità al contesto in cui si trovava e contribuendo a disegnare un paesaggio agli occhi di Giorgio assolutamente surreale .

Il primo giro si era nel frattempo concluso senza danni. Prese quindi per il centro . Girò intorno a Piazza Plebiscito e riprese il Corso in direzione di Piazza Cesare Battisti. L’itinerario di quella sera , per quell’ora, prevedeva un paio di controlli in Piazza Corsica e poi su via Di Vittorio .

Appena fu giunto nella piazza la sua attenzione fu attirata da un’Alfa Romeo nuova targata Milano. Una macchina così faceva colpo a Corato dove di quel tipo se ne vedevano ancora poche. Sicuramente era di qualche coratino che lavorava al nord e che era tornato al paese per le ferie.

Volle avvicinarsi per osservare quel bolide più da vicino. Gli sarebbe piaciuto molto girare per il paese con quell’auto . Altro che bicicletta. Che i ladri quando scappavano ,mentre lui arrancava sulle due ruote, avevano il tempo di girarsi e di mettersi pure a ridere.

Ma mentre si avvicinava notò che all’interno dell’auto doveva esserci qualcuno. Non riusciva a vedere bene da lì se si trattasse di una o di almeno due persone. Individuò solo un’ ombra che si dibatteva parecchio sul sedile posteriore .

Se si trattava di due persone dovevano essere piuttosto avvinghiate .

Rallentò. Non voleva fare brutte figure. Gli era capitato già in passato di sospettare chissà che e disturbare invece l’intimità di qualche coppietta . Ma, d’altro canto, per sicurezza , valutò che in quel caso valeva la pena rischiare la brutta figura. Quindi, cercò di avvicinarsi il più possibile all’auto per poter meglio guardare all’interno, cercando di non far notare la sua presenza.

Frenò pertanto fino a fermare la bicicletta. Scese dalla sella e appoggiò la bicicletta ad un albero. Si assicurò che la pistola fosse al suo posto e cominciò ad avanzare verso l’Alfa.

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FINE SETTIMA PUNTATA.

venerdì 15 Maggio 2009

(modifica il 3 Febbraio 2023, 11:45)

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