Cultura

Clientelismo: no grazie

La Redazione
Una nota di Vito De Leo, Vito De Leo Presidente del Centro Studi Politici "A.Moro".
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Sul clientelismo esiste in Italia una lunga bibliografia, ma sulla Corato degli anni Settanta il primo ed unico, al momento, è stato scritto dal prof. Gaetano Bucci. Sto parlando di “Clientes” – Il clientelismo: aspetti teorico-metodologici – Indagine storica su Corato nelle Puglie. Levante Editori.
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rnMancavano tanto una ricerca su quello di casa nostra, quanto una riconsiderazione sugli effetti di tale pratica sul piano culturale, sociale e politico, nella città di Corato, come si evince dalle testimonianze di alcuni protagonisti del periodo preso in esame: il dott. Giacomo De Lillo, il prof. Aldo Mosca e l’ins. Giuseppe Vangi.
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rnInvitati dall’Associazione culturale CICRES e dalla sua presidente, prof.ssa Linda Strippoli, il 7 giugno scorso ne hanno discusso con l’autore e i numerosi intervenuti, il sottoscritto, il dott. Giuseppe D’Introno, il dott. Luigi Patruno, la prof.ssa Isa Ventura, moderati da Franco Tempesta, che ha concesso la parola anche al prof. Paolo Mazzilli, al dott. Michele Arsale e al dott. Ilario Copertino.
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rnTutti gli intervenuti, da diversi punti di vista, entrando nel merito dell’analisi, hanno espresso opinioni, fatti, esperienze relativi non solo agli anni Settanta, ma anche ai giorni nostri, auspicando il superamento di un fenomeno così antipedagogico e incivile, attraverso una presa di coscienza generale, ma soprattutto da parte delle classi dirigenti.
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rnIl libro ha – evidentemente – come primo merito quello di aver riportato la nostra attenzione su un fenomeno non soltanto molto diffuso nel passato delle società e dei sistemi politici di tutte le latitudini, ma destinato a sopravvivere, se non addirittura a prosperare nel loro futuro. Anche nel futuro dell’Italia, del Mezzogiorno, della Puglia e della nostra Corato.
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rnIl dibattito è ruotato intorno alla domanda di fondo su quali siano le condizioni strutturali, culturali e politiche che inducono gli individui a comportamenti clientelari. Tali condizioni – è stato detto – possono essere i legami di parentela o le comunità marginali, l’arretratezza socio-economica o la ritardata formazione di una coscienza civile fondata sulla costituzione repubblicana, di cui in questi giorni si sta celebrando il sessantennio della nascita, ma che è poco conosciuta e scarsamente applicata sia nella famiglia, nella scuola, nella società e nelle istituzioni.
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rnQuanto al clientelismo locale, è stato sottolineato il fatto che esso, se nel passato è stato praticato particolarmente dai partiti di governo, oggi è più effetto delle strategie individuali degli attori politici che non di un sistema partitocratrico organizzato.
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rnSecondo l’autore, al giorno d’oggi il fenomeno del clientelismo ha mutato i suoi connotati. In Italia esiste una sanzione per il voto di scambio ma non una che regolamenti i gruppi di pressione.
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rnE’ questo, secondo me, un argomento centrale se vogliamo far ripartire il nostro territorio e ridare speranza ai giovani. Cosa vuol dire clientelismo e in che senso esso è un fenomeno corruttivo?
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rnLa risposta, ampiamente documentata, ci viene oltre che dalla lettura del libro di Gaetano Bucci, che considero veramente un ispirato atto d’amore verso il suo paese, che mira a rompere il muro dell’omertà e ad aprire il dibattito su questo vecchio tabù, anche dai due libri di recente pubblicazione di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo: “La Casta” e “ La Deriva”, il cui protagonista è una gigantesca macchina clientelare, che scambia voti conto favori e denaro, paralizza i riformatori, ricatta i governi, impedisce all’Italia di crescere.
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rnSappiamo tutti che con la democrazia e con la diffusione dei partiti di massa, il concetto di rappresentanza degli interessi legittimi di classi sociali e di gruppi è stato assunto dalle formazioni politiche. Tuttavia, come si sa, raramente un fenomeno profondamente radicato scompare. Così, il clientelismo ha concentrato il suo campo d’applicazione nel rapporto tra politico ed elettore, in cui il professionista della politica s’impegna a perorare la causa del “cliente”, utilizzando il suo ruolo pubblico (e anche pubbliche risorse) in cambio di voti.
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rnQuest’ultima variante corruttiva viene definita “voto di scambio” ed è reato penale. Senonché, essendo purtroppo pratica comune, non viene più neanche percepita come illegale, oltre che eticamente censurabile. Ed è un gravissimo errore, dal punto di vista dei diritti civili, ma anche dell’efficienza delle Istituzioni.
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rnAl clientelismo va inoltre correlato il fenomeno della “raccomandazione”, che consiste – come tutti sanno – nella pratica di segnalare qualcuno con il chiaro intento di porlo in una situazione di vantaggio rispetto ad altri in particolari situazioni (selezioni, concorsi, ecc.). Questo modo di agire è così diffuso, che si arriva a “raccomandarsi” non solo per ottenere ciò a cui non si avrebbe diritto, ma anche ciò che ci spetterebbe: visite mediche, certificati, ecc. Per molti aspetti, il fenomeno del clientelismo e della raccomandazione, da un punto di vista terminologico, sono l’opposto della meritocrazia. E il voto di scambio è una grave, gravissima distorsione della democrazia.
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rnSecondo me è possibile rigenerare la politica come azione civile volontaria per un servizio collettivo. Solo un’etica civile può ridare senso alla politica. L’etica, in politica, è un sistema di valori scelto e condiviso. Le rappresentanze sono necessarie nella pratica conflittuale delle democrazia/partecipazione. Da ciò discende l’ineludibile necessità di garantire forme di organizzazione politica, oltre che riallargare lo spazio della politica attraverso forme di democrazia diretta e partecipata.
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rnOccorre inventare un modello radicalmente diverso da quello, fin qui conosciuto, dei partiti politici, dalla nascita della democrazia parlamentare ad oggi. La loro forma si è definitivamente esaurita.
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rnLa cultura della rete, l’orizzontalità, l’autonomia dei nodi, il metodo della condivisione, il consenso, l’ambito comunitario e cittadino della co-decisione, il tutto finalizzato all’empowement delle comunità, costituiscono la grande novità e forza dei movimenti sociali.
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rnComunque, deve essere chiaro che chi dice “organizzazione” dice “oligarchia”, ed è quindi necessario predisporre forti contromisure contro ogni rischio di centralizzazione, verticalizzazione, burocratizzazione, autoreferenzialità, separazione.
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rnIl che propone il problema urgente di connessioni, vincoli, alleanze, coordinamenti tra organizzazioni politiche e istituzioni di tipo nuovo. Non si tratta di inventare nulla, ma di trarre lezioni da quel che già accade nella società e renderlo coerente ed efficace. Dobbiamo essere disposti a sperimentare nuove formule di organizzazione e decisione.
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rnQuel che propongo, insomma, è che da subito ogni persona o gruppo che vuole opporsi non solo al clientelismo ma anche a tutti i fenomeni degenerativi della vita sociale, economica e politica, si riunisca, nel modo più aperto possibile, nel maggior numero di luoghi possibile, in relazione stretta tra loro e con quel che si muove attorno a loro: per discutere da subito, accantonando le diffidenze e approfondendo la conoscenza reciproca, il modo di costituire forme nuove di cittadinanza attiva.
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rnGrazie al libro di Gaetano Bucci e alla sensibilità del Cicres e della sua presidente, prof.ssa Linda Strippoli, che hanno promosso il dibattito sullo scottante tema del clientelismo, abbiamo potuto dirci in pubblico come immaginiamo debba essere un altro mondo. Con questo mio scritto ho tentato di suggerire come guardare oltre per capire meglio come affrontare l’oggi. Ho cercato di farlo affermando due tesi.
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rnLa prima tesi: promuovere dal basso un’azione politica, una condizione di cittadinanza interamente intessuta di legami sociali, pluralista, globale, dotata di una visione d’insieme capace di proporre un sistema sociale libero dalla logica clientelare dominante. Affermare che la politica siamo noi, la nostra capacità di essere società. “Tutti siamo politici, tutto ciò che facciamo è politica” affermava il sen. Pasquale Lops, come ci ha opportunamente ricordato il prof. Aldo Mosca nella celebrazione del decennale della sua scomparsa.
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rnLa seconda tesi: esiste una complessa e diffusa galassia di gruppi di iniziativa sociale, associazioni, collettivi, reti, comitati popolari, rappresentanze sindacali, ecc. che formano anelli di solidarietà di reti nazionali e locali, istanze di resistenza, di altra economia, di democrazia diffusa. Ora, è possibile prendere consapevolezza della forza positiva che questa particolare “società civile” esprime, rafforzare la cultura di rete e pensare ad un processo collettivo di autogoverno, ad uno spazio pubblico dove sia possibile offrire, mettere a confronto e condividere esperienze, pratiche ed eventuali denunce di fenomeni degenerativi.
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rnQuello che con il Centro Studi Politici “Aldo Moro” continuo a proporre, tutte le volte che ne ho l’opportunità, in conclusione, è un patto aperto, includente, un vero e proprio sistema diffuso di autorappresentanza, capace di contendere ai poteri costituiti il monopolio della decisione politica. Una forza realmente collettiva capace di produrre in proprio, giorno per giorno, negoziazione e trasformazione per realizzare un’idea di società per cui valga la pena impegnarsi.

lunedì 9 Giugno 2008

(modifica il 13 Luglio 2022, 13:08)

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