Un amore al liceo – Quarta parte

Dino Patruno
Gianni arrivò davanti al White Bar con un'ora di ritardo...
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Gianni arrivò davanti al White Bar con un’ora di ritardo. Verso le 19 guardandosi allo specchio aveva considerato che quei capelli erano diventati davvero troppo lunghi.

Così aveva deciso di passare dal barbiere prima di recarsi alla festa. Una volta entrato aveva capito che avrebbe fatto tardi. Il salone da barba era strapieno.

Sembrava che tutta la popolazione maschile coratina quel sabato sera avesse deciso di tagliarsi i capelli. Infatti arrivò trafelato all’appuntamento verso le nove e trenta.

Alberti era lì che lo aspettava con mezza super-focaccina in mano.

«Ehi, pensavo che non venissi più… E’ la seconda super-focaccina che mi mangio. Ma dove cazzo sei stato? Ah, te si’ sciùte a caserà… Scommetto che hai pure pagato.»

«Embè,  sì. Tremila lire shampoo e taglio» rispose avventatamente Gianni.

«Proprio tremila lire scèttate o vìende. Hai proprio una bella faccia di culo – disse ridendo Alberto. – Mo’ che ti vede Chiara… vedrai che successone».
 
Gianni ci rimase malissimo. In realtà ogni volta sembrava che il barbiere gli cambiasse completamente i connotati. In peggio naturalmente. Diventava tutta un’altra persona. Ma come aveva potuto decidere di tagliarsi i capelli proprio quella sera?

E arrossendo disse: «Beh,  volevo appunto dirti che non è che ho poi tutta questa voglia di andare alla festa. E poi si è fatto pure tardi…»

«E no bello. Lo sapevo che ti tiravi indietro. Sai che c’è? Mo’ ci voglio andare io. Anche perché adesso è tardi per organizzare qualche altra cosa, non certo per andare ad una festa. Si può dire che mo’ incomincia. La musica è da poco che si sente.»

E così dicendo ingollò l’ultimo pezzo di focaccina. «Ah, scusa… magari ne volevi un po’ e non te l’ho offerta» aggiunse beffardamente.

«No… no grazie non ho assolutamente fame» rispose Gianni a cui si era chiuso tutto nel frattempo, stomaco compreso.

«Coraggio allora» lo incitò Alberto. E uscirono dal bar.

La casa di Gigi era proprio lì vicino in via XXIV Maggio, non appena girato l’angolo. Si trattava di un palazzotto indipendente su tre livelli.

In strada arrivava la musica tutta sparata al massimo proveniente dal secondo piano. Un riff di chitarra ossessivo e paranoico affiancato da una batteria monotona si propagava nell’aria in quel momento per la delizia del vicinato.

«Bella musica» fece sarcastico Alberto.

Gianni ormai in trance si limitò ad assentire, sorridendo come un ebete. Il portone era aperto e si apriva in un ampio ambiente scarsamente illuminato. Tre ragazzi bivaccavano sui primi gradini della scalinata che portava ai piani superiori.

Tracannavano allegramente birra chiacchierando rumorosamente. Al primo piano sul pianerottolo incontrarono un gruppo di ragazzi che si passavano quella che aveva tutta l’aria di non essere propriamente una sigaretta innocente. Sghignazzarono al loro passaggio in maniera che a Gianni sembrò eccessiva tanto che uno di loro iniziò a tossire violentemente.

«Voltati e vattene via, sei ancora in tempo», si ripeteva Gianni tra sè e sè. Continuava però a salire seguendo Alberto che invece pareva avesse una fretta indiavolata.

Dopo aver superato l’ultima rampa di scale ed una nicchia nel muro in cui una coppia pomiciava con una certa energia, arrivarono finalmente secondo piano.

Il volume della musica era praticamente assordante. La porta d’ingresso era aperta e dava l’accesso in un corridoio. Sulla destra buttati su di un divanetto c’erano giacche e giubbotti in quantità.

La festa si svolgeva nella prima stanza sulla destra praticamente un salone in cui erano state lasciate solo delle sedie ed un tavolino dove campeggiavano delle bibite e del Martini Bianco.

Un ragazzetto brufoloso e dal viso emaciato con gli occhialini e capelli alla John Lennon era concentrato su due piastre e un centinaio di Long-Playing.

Al centro della stanza si muoveva in maniera più o meno scomposta una trentina fra ragazzi e ragazze, alcuni dei quali vestiti in maniera davvero originale.

Subito furono abbordati da una ragazza bionda piuttosto carina che reggeva un vassoio colmo di panzerottini e focaccette.

«Benvenuti ragazzi, io sono Lisa un’amica di Gigi – urlò loro. – Prego prendete pure e divertitevi.»

Alberto prese un panzerotto mordendolo subito avidamente senza staccare per un attimo gli occhi da Lisa che rise divertita.

Gianni invece rifiutò decisamente e Lisa si allontanò.

«Ecco, l’hai fatta andare via. Certo che sei proprio un bel tipo. Questa è una festa. Una festa capito? Ci si diverte ad una festa. Che cosa ci siamo venuti a fare se no?» disse Alberto. 

«Lo so io cosa siamo venuti a fare» pensò Gianni. Si guardò intorno. Ora gli occhi si erano abituati alla scarsa luce dei faretti e le orecchie a quella musica assordante. Non c’era traccia nella sala di Chiara né del festeggiato. Lisa intanto si stava avvicinando per un altro giro.

«Senti… scusa dovrei andare…. non so se mi spiego» le gridò in un orecchio. Lisa gli fece cenno di uscire e di dirigersi in fondo al corridoio a destra. Lui ringraziò con un sorriso. Poi lanciò un’occhiata d’intesa ad Alberto che intanto aveva attaccato bottone con due ragazze chiaramente "punk" e quindi uscì dalla stanza.

Il corridoio era piuttosto lungo. Su di un lato e sull’altro alcune porte davano l’accesso nelle altre stanze della casa. Provenienti dalla porta proprio vicino al bagno udì delle voci tra cui riconobbe quella di Chiara.

Subito dopo seguirono delle risate molto sonore a parere di Gianni di circa 5-6 persone al massimo. Stava per ritornare sui suoi passi, quando come se fosse stata scaraventata fuori con uno spintone, Chiara comparve ridendo nel corridoio. Nel vedere Gianni, Chiara si bloccò di colpo. Poi continuò a ridere fragorosamente.

«Gianni… Gianni…. – non usciva a parlare tanto il riso. – Sei arrivato finalmente. Ma che hai fatto ai capelli? Ma guardatelo…»

Gianni ne aveva avuti di momenti imbarazzanti nella sua vita, ma mai come quello. Giurò che era l’ultima volta che si faceva tagliare i capelli da quel barbiere e l’ultima volta che partecipava a qualcosa che solo lontanamente somigliasse ad una festa.

Altri tre ragazzi e due ragazze erano intanto sbucati nel corridoio e quando lo videro iniziarono a ridere e a dimenarsi come tarantolati.

Intanto Chiara gli si era avvicinata. Lui la guardò. Era pericolosamente bella. Chiara era vestita tutta di nero con un trucco che la faceva sembrare pallida come la luna piena.

Il rossetto rosso vivo risaltava ancora di più sul viso disegnandole perfettamente le labbra carnose. I capelli erano sciolti come sempre ma solo in quel momento si accorse che erano già per buona parte tinti di rosso con delle inquietanti striature blu elettrico. Chiara gli stampò un bacio sulla fronte lasciandogli un bel segno delle sue labbra.

«Benvenuto mio eroe. Sei arrivato giusto in tempo per salvarmi dalle grinfie di queste carogne» –  recitò pomposamente. E poi continuò: «Ehi secchione non farci caso se ti sfotto di foto un po’. Vai benissimo così. Anche con quel ridicolo taglio. Vieni dai che ti presento agli altri.»

 Quelli intanto erano rientrati nella stanza che era quella di Gigi apparecchiata con il poster e tutto il resto.

«Gente, questo Gianni, il ragazzo di cui vi ho parlato».

Gigi, anche lui interamente vestito di nero e con i capelli ormai quasi tutti di colore verde, lo apostrofò subito carinamente.

«Ehi… Ma cus tene angore u mourve o nase. Bambino non è un po’ presto per fare certe cose? Io alla tua età andava a letto dopo Carosello.»

«Smettila Gigi. Lui è un mio protetto. L’ho invitato io alla tua festa. E’ dei nostri.» si arrabbiò Chiara.

«Auguri Gigi… questa è per te. Buon compleanno» – disse Gianni cercando di scuotersi dal disagio che avvertiva.

Gigi scartò furiosamente il pacchetto. Gianni aveva acquistato nel pomeriggio un libro di poesie di autori vari. Gigi lo sfogliò rapidamente.

«Ehi ma qui non ci sono figure» – e buttò il libro su di un tavolo da ping pong nuovo fiammante su cui erano deposti altri regali.

«Non capisci proprio niente Gigi. Questo libro è bellissimo. Gianni…. scusalo» disse sfogliandolo Chiara come se fosse alla ricerca di qualcosa. 

Sì sì questa mi piace. Sentite tutti:

"Io sono la vostra voce, il calore del vostro fiato, il riflesso del vostro volto, i vani palpiti di vane ali… fa lo stesso, sino alla fine io sto con voi."

«Bellissima» sospirò alla fine.

E Gigi ironicamente: «Brava… brava molto brava. Applaudite tutti. Ci hai commossi.»

«Ah… stupido. Vieni qui Gianni. Non dar retta a questi ignoranti. Sotto sotto però sono simpatici. Come vedi stavamo dando un po’ di colore alle nostre teste. Abbiamo deciso di andare fino in fondo stasera. Abbiamo conosciuto Lori che ha sentito parlare della festa ed è venuta da Bari, pensa, dove ha un negozio da parrucchiera per artisti e per punk. E ci sta facendo delle acconciature e delle tinture solo per noi. Non è fantastico? E nel frattempo ci godiamo questa musica favolosa che quest’uomo ha saputo scovare. Quest’uomo, perché oggi 15 novembre 1980 Gigi Di Rella compie 18 anni.»

Applauso di tutti. Lori sorrise. A differenza di Chiara era bruttissima e il suo trucco punk era particolarmente malriuscito. Sotto le sue mani c’era la terza ragazza, tale Marina una biondina belloccia, compagna di classe di Gigi che Gianni conosceva di vista. Così come gli altri due ragazzi nella stanza: gli inseparabili amici di Gigi: il fratello di Alberto, Antonio e Tommaso un altro bellimbusto.

«Ehi qui ci vuole un bel brindisi» fece allora Gigi.

«Moccioso, bevi anche tu con noi, oppure i bambini come te bevono solo il latte della mamma?»

C’era una zuppiera di porcellana sul tavolo da ping pong piena di un liquido rossastro. Con un mestolo Gigi riempì un bicchiere offrendolo a Gianni. Gianni stava per rifiutarlo. Lui non era abituato all’alcol e quel intruglio aveva tutta l’aria di averne una buona quantità. Ma un’occhiata supplicante di Chiara gli fece cambiare idea. Lo guardò come per dire «Ehi, non mi far fare figure».

«Volentieri grazie» e prese il bicchiere e ne ingollò il contenuto tutto d’un fiato.

«Stabbene alla creature. Le piasce u’ Negroni. Sei un vero duro» disse Gigi. «E allora facciamoci tutti un altro giro in onore del nuovo amico.»

E così in Gigi riempì i bicchieri di tutti. E così tra un bicchiere e l’altro, un colpo di tintura e una risata, trascorsero un’ora buona.

L’aria nel frattempo si faceva sempre più incandescente. A Gianni la testa iniziava a girare. Doveva essere colpa di quel micidiale cocktail. Chiara beveva e fumava. Fumava e beveva. Gli altri peggio ancora.

Gigi aveva smesso di bere e aveva iniziato la sua manovra avvolgente su Chiara. Piano piano era riuscito ad isolarla dagli altri e a portarla sul suo letto.

Tanto che ad un certo punto gli altri si erano sentiti di troppo. E così ad un cenno di Lori in erano usciti tutti dalla stanza tranne i due piccioncini.

Gianni si sentiva morire. Aveva avuto ragione Alberto. Che cazzo erano venuti a fare? A reggere il moccolo a quei due. Il bello era che stava anche per sentirsi male.

Tornò con gli altri nella stanza dove si ballava. Cercò con lo sguardo Alberto. Stava ballando come un indemoniato sulle note di "Message in a bottle" dei Police. Le persone intanto erano aumentate. Erano quasi un centinaio.

Molti punk spiccavano per i loro stravaganti orpelli: borchie, spilli chiodi, catene. Alcuni veramente affascinanti in quel loro provocante modo di abbigliarsi. La voce di quella festa doveva evidentemente aver fatto il giro anche nei paesi limitrofi.

Gianni si sentiva completamente fuori luogo. Una sensazione che ben conosceva. Voleva andarsene al più presto ma ebbe un giramento di testa e fu costretto a sedersi su di un divanetto vicino ad una ragazza e un ragazzo che litigavano furiosamente.

La musica continuava sempre più incalzante e rumorosa. Sembrava che quella sala dovesse esplodere da un momento all’altro. Ad un certo punto Gianni sentì veramente il bisogno di andare in bagno. Si fece forza e riuscì ad alzarsi. Si avventurò nel corridoio reggendosi alle pareti. Si sentiva le gambe molli e la testa pesante.

Riuscì comunque ad arrivare in bagno. Fece la pisciata più lunga della sua vita. Dopodiché lasciò la testa sotto lo scroscio dell’acqua gelata per due minuti buoni.

Si sentì meglio. Uscì dal bagno. Stava per rientrare nella stanza per comunicare ad Alberto che lui voleva andar via, quando sentì la porta della stanza di Gigi aprirsi.

Gigi uscì con gli occhi torvi, la camicia fuori dai pantaloni ed un bicchiere di Negroni in mano.

Nel corrodoio intanto erano sopraggiunti anche i suoi due compagni che avevano sul viso un’aria vagamente interrogativa.

Alchè Gigi alzò due dita della mano come per dire vittoria, missione compiuta. Gigi richiuse la porta dietro di sè e sghignazzando entrò nella stanza dov’erano tutti gli altri. Un boato accolse il festeggiato. Si sentiva un casino infernale. Gianni era rimasto appoggiato al corridoio. Quelli manco lo avevano visto. O se lo avevano visto avevano fatto come se proprio non ci fosse.

«Me ne vado. Ora è vero che me ne vado, giuro. Alberto inutile che l’avvisi, se la caverà benissimo» pensò Gianni. Ed era quasi arrivato alla porta d’ingresso quando si sentì chiamare.

«Ehi secchione, te ne stai andando?»

Era Chiara. Ora sembrava la Chiara, nonostante i vestiti diversi e il trucco, che era abituato a vedere a scuola: pensosa e con lo sguardo dritto davanti a sé. 

Lui stava per dire che sì, se ne stava andando, si era fatto tardi, quando Chiara udendo le note del disco che girava in quel momento disse: «aspetta. Questa qui dobbiamo ballarla per forza».

Gli tese la mano e lo condusse in Pista. Tutti stavano ballando "Because the night" di Patty Smith.

Si buttarono in mezzo alla mischia. Tutti più che ballare saltavano e strillavano a memoria le parole della canzone. Chiara buttò le braccia al collo di Gianni ed iniziò a muoversi sinuosamente con tutto il corpo.

Gianni non sapeva bene cosa fare. Non aveva mai ballato prima. Ma forse fu quella musica o l’alcol che aveva in corpo o quel profumo così buono che veniva da lei. Fatto sta che si sciolse tutto, s i lasciò andare per una volta al ritmo che sentiva dentro di sé.

Era una sensazione bellissima. Anche lui voleva cantare insieme agli altri anche se non conosceva le parole. Ad un tratto Chiara come se avesse capito le sue intenzioni lo tirò forte a sè e egli cantò nell’orecchio il ritornello di "Because the night".

Perché la notte appartiene agli amanti.
Perché la notte appartiene all’amore.
Perché la notte appartiene agli amanti.
Perché la notte appartiene a noi.

E subito dopo accadde ciò che Gianni non si sarebbe mai aspettato. Lei gli prese il viso tra le mani e cercò con le labbra la sua bocca. E lo baciò. Un bacio vero lunghissimo. Con la lingua e tutto il resto. Uno di quei baci che Gianni aveva visto solo al cinema e che pensava esistessero solo nei sogni.

Quando si staccarono lui la guardò incredulo. E lei gli disse: «Ehi  che ne dici se ce ne andiamo da questa festa di merda?»

Lui fece di sì con la testa. Poi fece per cercare Alberto con lo sguardo . Incrociò invece gli occhi di Gigi che lo guardavano fisso.

Fine quarta parte

venerdì 6 Aprile 2007

(modifica il 3 Febbraio 2023, 11:45)

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