Stranezze all’italiana

Fabrizio Ventura
Signore e signori: questa è la mia rubrica ed è ciò che mi ripeto da qualche giorno. E lo scopo che mi sono prefisso è quello di lanciare...
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Signore e signori: questa è la mia rubrica ed è ciò che mi ripeto da qualche giorno. E lo scopo che mi sono prefisso è quello di lanciare riflessioni, grandi o piccole che siano, ma pur sempre riflessioni.

Se avessi voluto far ridere o se avessi voluto dedicarmi all’amarcord, ammesso che 50 anni fa esistessero telefonini tri-band, TV al plasma o a cristalli liquidi, playstation2 o Ilaria D’Amico fosse nata, non avrei scelto di scrivere sotto il titolo di “Tempi Moderni”.

Cerco di dispensare riflessioni. Mie, per quei poveri disgraziati che, per uno scherzo del modem, sono inciampati su questa pagina. Non c’è copyright ne il marchio ® su ciò che scrivo. C’è solo la possibilità di poterle scrivere.

Ed a proposito di riflessioni mi va di parlare di due personaggi che hanno caratterizzato, quanto meno nel mio immaginario, uno la fine del 2005 e l’altro l’inizio del 2006.

Uno è Paolo Di Canio, calciatore, reo di aver romanamente salutato i suoi tifosi in qualche occasione, l’altro è Alessandro Bernardini, pacifista e giornalista free lance, rapito per qualche ora da guerriglieri palestinesi e poi subito dopo liberato.

Paolo Di Canio: uno che non ha mai nascosto le sue simpatie tanto da essersele tatuate su di un braccio, uno tosto che non la manda mai a dire, uno che nella sua carriera non ha mai sputato in faccia a nessuno, uno che non hai mai rivolto offese razziste a chicchessia, uno che nella sua carriera ha vinto in Inghilterra, notoriamente patria del fair-play, il premio omonimo. Ed un italiano, per la fama abbastanza giustificata che ci portiamo dietro, se vince il premio fair-play nella patria del fair-play deve necessariamente essere uno speciale, uno fuori dal comune.

Ed è uno che provoca. Nel senso più costruttivo del termine. E in una Italia dove il perbenismo è pane quotidiano, provocare in un certo modo viene mal tollerato da certa parte.

E vedere, anzi voler vedere nel suo saluto romano l’apologia del fascismo, l’istigazione alla violenza, odio razziale mi sembra un tantino esagerato. E se si fosse vestito da Rambo cosa sarebbe successo?

Per carità di Dio, portare certi simboli allo stadio così come in un altro luogo, rossi o neri che siano, va perseguito e punito con il massimo delle pene. Così come vanno puniti quelli che sparano razzi all’indirizzo dei pullman o quelli che lanciano sassi dai cavalcavia o quelli che spaccano vetrine ed incendiano auto così, giusto perché protestano contro qualcosa, e via dicendo. E che scattino pure i moti di indignazione e condanna quando questo succede. Ed invece? Ed invece evitiamo di preoccuparci di problemi reali buttando la croce addosso a Paolo Di Canio che alla fine, di violento, non ha fatto proprio un bel niente!
Purtroppo l’Italia, in un senso o nell’altro, è il paese delle esagerazioni. Basta un niente ed il popolo di sapientoni intellettualoidi perbenisti si scatena nell’arte più nobile della tradizione italiana: la caccia alle streghe.

Salvo poi lasciare un signor nessuno, un eroe per caso così come egli stesso si è definito, libero di pontificare sulla antica e, ahimè, sanguinosa questione del Medio Oriente. Non sono addivenute le parti in anni ed anni di truculenti conflitti e di tregue più o meno armate, a porre fine a questo interminabile contesa, ed ora dobbiamo sorbirci anche i sermoni di questo pacifista, tal Alessandro Bernardini, che tuona: “Nonostante quanto mi è successo credo e continuerò a credere che l’occupazione israeliana di Gaza sia criminale”? I coloni, aggiungo io, hanno lasciato più di tre mesi fa queste terre. Ma il nostro che fa? Glissa elegantemente. Perché certi pacifisti non metteranno mai in discussione che il mito della Palestina “libera” non può prescindere dalla Palestina senza ebrei, senza israeliani.

Io di certo non sono un esperto della questione mediorientale e non sono nemmeno un tifoso laziale né tanto meno sono interessato a fare politica, avendo smesso nel 2003, ma le mie odierne riflessioni mi conducono ad una domanda che nasce ingenuamente spontanea: chi è più fascista tra Di Canio col suo saluto romano o l’Alessandro Bernardini di turno, che emette giudizi inappellabili?

giovedì 5 Gennaio 2006

(modifica il 3 Febbraio 2023, 11:44)

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