Politica

IO NON VOTO

Corrado De Benedittis
Parla Corrado De Benedittis, responsabile della Caritas Cittadina di Corato
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REFERENDUM E VALORE DEL DIALOGO
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rn Il Referendum del 12 e 13 giugno pone sul campo questioni importanti che, per ciò stesso, meritano rispetto e prudenza. Tale atteggiamento va innanzitutto promosso nei rapporti tra chi ha, in questi giorni, opinioni differenti. Purtroppo, invece, è sotto gli occhi di tutti come non ci sia a livello nazionale e anche locale un clima sereno di dialogo e di reciproco riconoscimento che, tematiche così importanti richiedono, anzi, c’è un montante atteggiamento d’intolleranza e d’informazione poco rigorosa che lambisce i vari comitati  del Si e del No o astensione.
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rnCerto, c’è anche un clima di fanatismo e di integralismo pseudo-religioso che caratterizza certi movimenti che, a mio parere, poco hanno a che vedere con la difesa della vita che, anzi, di fatto negano per l’odio, le divisioni e le offese che ogni giorno fomentano tra i viventi, a livello sociale. A tal proposito mi vengono in mente le parole del Salmo 54 che a un certo punto dice: “Più untuosa del burro è la sua bocca, / ma nel cuore ha la guerra; / più fluide dell’olio le sue parole, ma sono spade sguainate.”
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rnL’atteggiamento, però, che tanti hanno assunto, in queste settimane, di critica nei confronti di tali quesiti referendari non è da ricondurre sic et sempliciter a posizioni integraliste, così come l’attività dei promotori dei 4 Referendum non è sempre figlia di semplici e ideologizzati stereotipi laicisti, ma tante volte è determinata da un convinto interesse in favore della ricerca scientifica e della vita.

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Nessuno, insomma, può definirsi, senza peccare di arroganza e senza cadere nel cattivo gusto, il popolo della vita e stigmatizzare gli altri, che la pensano diversamente, come il popolo della morte. Soprattutto un cristiano, poi, se si sforza di essere autenticamente tale, non può non avere, nella chiarezza delle posizioni, un atteggiamento dialogante con tutti e tale atteggiamento nasce dal sentirsi in cammino sul sentiero difficile della ricerca della verità, nella consapevolezza dei propri limiti e con quell’umiltà, insegnataci da Gesù di Nazareth, fondata sulla rinuncia a giudicare l’altro e sull’impegno, foriero di pace e di progresso, a fare autocritica.
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rnLa posizione espressa dai Vescovi italiani e dalla gran parte dei movimenti ecclesiali circa il Referendum del 12 e 13 giugno prossimi, va inquadrata, credo, in questi termini, nella volontà e nel diritto dei cattolici di esprimere la propria soggettività sociale nel pieno rispetto e riconoscimento dell’Istituto referendario e delle altrui posizioni. In nessun modo, infatti, chi, oggi, si oppone a tali quesiti referendari mette in discussione la piena legittimità e l’alto valore democratico del  Referendum popolare. In considerazione, infatti, del riconoscimento della sua importanza e del rilievo dei temi che propone all’attenzione popolare, va visto il pieno coinvolgimento, nel dibattito culturale che ne è seguito, del mondo cattolico.
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rnLa posizione per l’astensione, invocata dalla Cei, va letta non come un voler ignorare il Referendum, ma come una precisa presa di posizione verso i quesiti referendari che nasce proprio dal preliminare riconoscimento della piena legittimità e del valore profondamente democratico dell’Istituto referendario.
rnCerto, il ricorso all’astensione, che, peraltro, non è una novità per il mondo politico italiano e per la storia dei Referendum in Italia, sa un po’ di strategia e per questo risulta di per sé un po’ odioso ed equivoco anche se legittimo. Questa astensione nasce, quindi, da una precisa presa di posizione verso i quesiti posti dal Referendum e, perciò, ha assunto un forte significato politico, non certo partitico, che la fa configurare ormai come una ben precisa opzione referendaria e non certo antireferendaria.
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rnTale posizione di critica verso i temi della procreazione assistita e della ricerca scientifica sugli embrioni, così come sono proposti nel Referendum, d’altro canto, non intende in alcun modo difendere la Legge 40 di cui tutti gli schieramenti ne riconoscono limiti e contraddizioni e, in cui, anche la Chiesa cattolica non si riconosce.
rnL’opposizione a questi temi referendari nasce, semplicemente, da una riflessione critica, di origine religiosa, ma anche laica, sull’idea oggi diffusa di vita umana e di maternità e paternità, sul potere della scienza e della tecnica, sul contesto socio-culturale di questo contraddittorio Occidente. E’, a mio parere, inaccettabile, infatti, l’idea, figlia dello strapotere tecnico-culturale che la scienza ha nella nostra società, di una manipolazione della vita nei suoi segreti più arcani in cui si decide finanche della nascita di una persona, del suo venire o meno al mondo, affidato non al segreto inviolabile della natura e al mistero della vita, ma allo sguardo scientifico del medico che seleziona tra embrioni buoni e ahimè cattivi decidendo dell’essere o non essere di un uomo o di una donna.

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Tutto ciò, a mio parere, è aberrante. Non bisogna essere credenti per ammetterlo. Ogni selezione è aberrante!Come credente dico che la vita è sacra, che significa dire che è inviolabile sempre in principio, durante e in fine; per questo, non puoi decidere della nascita, non puoi uccidere e quindi non è mai ammissibile la guerra, non puoi decidere della morte nel momento estremo del dolore o della vecchiaia di un uomo. Anche come laico, però, dico che la vita è un diritto inviolabile sempre, per cui nessuno può metterle su le mani per decidere del suo inizio e della sua fine.
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rnE anche per questo che l’embrione è inviolabile, è vita, perché la relazione con l’embrione attiene contemporaneamente alle decisioni prime ed ultime cioè alla vita e alla morte dell’uomo. Con ciò, in alcun modo si vuole mettere in discussione il diritto alla maternità, al contrario, si vuole scagionare la maternità da una angusta visione biologistica e privatistica figlia di questa società di mercato che legge il mondo in termini intimistici e interpreta, finanche la vita, come proprietà privata di cui disporre attraverso la scienza e di cui decidere individualisticamente il da farsi.
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rnLa maternità e la paternità, come il procreare, sono un diritto e sono un modo per rafforzare la vita. Come non sentirsi, allora, in diritto di essere mamma e papà di tanti bambini e di tante bambine che vivono la tristezza della solitudine, della povertà e del disagio e che aspettano di essere messi alla luce di una vita felice? Non un ripiego per chi ha problemi d’infertilità, ma un modo nuovo d’intendere, da parte di tutti, la genitorialità. Ogni famiglia dovrebbe dare ossigeno al diritto di maternità e paternità mettendo alla luce della felicità e dell’affetto i figli che questo nostro mondo, con le sue guerre, con le sue ingiustizie planetarie ha privato di un papà e di una mamma. Mio figlio, tuo figlio è ogni bambino che soffre la solitudine di affetti negati.
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rnLo sappiamo tutti, però, che la mentalità dominante non va in questa direzione, altrimenti faremmo un Referendum popolare per abrogare quei punti della legge che rendono le adozioni difficili e spesso dolorose per tanti genitori. Invece, questa mentalità scientistica sconvolge ogni approccio autentico ai fatti della vita e ne impone una rilettura all’insegna di un paradigma di onnipotenza che fa dimenticare all’uomo la sua condizione di limite, che rende incapace l’uomo di leggere il proprio tempo e l’esistenza che gli è data in modo autentico e lo lancia, invece, in una sfrenata corsa verso il potere non solo sulla società e sulle cose ma anche sulla vita.
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rnAlla fine, però, lo sappiamo tutti che questa è una corsa paranoica verso la solitudine, la disgregazione di ogni socialità, l’incapacità di affrontare la verità quotidiana dell’esistenza e, allora, anche nel 2005 ci si rifugia in un mito, in quella grande narrazione post-moderna che è la scienza che ti dà illusioni, speranze dal fiato corto che, poi, altro non sono che la controfaccia di questa angosciante peste del mondo ricco e scientifico che è la depressione. Questi argomenti, nei loro pluriversi aspetti, sono condivisi anche da tantissimi che al Referendum voteranno Si.
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rnE’ per questo, che questo Referendum, per me, è doppiamente inopportuno perché ripropone anacronistiche divisioni, che dobbiamo in fretta cercare di ricomporre, tra credenti e laicisti che il mondo non può permettersi, in un tempo in cui il mondo stesso è attraversato da un’ansia profonda e travolgente di Liberazione che accomuna quei milioni di laici e credenti che, ovunque, a Nord come a Sud, pensano che un altro mondo, un mondo di Pace e di Libertà  sia possibile.
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lunedì 6 Giugno 2005

(modifica il 14 Luglio 2022, 17:05)

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