Cultura

“In guerra qualcuno raccoglie fiori”: l’arte arriva nelle ex basi missilistiche Jupiter

La Redazione
"In guerra qualcuno raccoglie fiori": l'arte arriva nelle ex basi missilistiche Jupiter
L'evento invita a riflettere sull'attuale periodo storico di guerra e di crisi internazionale
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Domenica 22 maggio, nell’ex base militare Jupiter (sulla murgia in località Ceraso, agro di Bitonto), si terrà il primo atto del progetto sperimentale e in progress "In guerra qualcuno raccoglie fiori", che invita a riflettere sull’attuale periodo storico di guerra e di crisi internazionale, lanciando un messaggio di speranza e pace partendo dalla conoscenza e il rispetto per le forme, strutture e materie della natura di cui tutti facciamo parte.

La storia delle basi missilistiche l'abbiamo raccontata nel marzo scorso in un reportage su CoratoLive.it. Era la fine degli anni '50, in piena guerra fredda tra gli Stati Uniti e l'allora Unione Sovietica, e gli americani, in accordo con il governo italiano in quel periodo guidato da Amintore Fanfani prima e Antonio Segni poi, costruirono sulla Murgia – unico sito di tutta l'Europa occidentale – dieci basi missilistiche "Jupiter" per rispondere alla superiorità strategica che l’Unione Sovietica aveva acquisito in quel periodo. Le strutture ospitavano, in totale, 30 missili nucleari (tre per ciascuna base) ready to fire, ovvero pronti a partire in direzione Mosca. Ogni missile era alto circa 30 metri e aveva una testata nucleare di 1.45 megatoni, ovvero una potenza distruttiva cento volte superiore a quella delle bombe atomiche lanciate nel 1945 su Hiroshima e Nagasaki. Le basi vennero costruite a partire dal 1959 (e poi smantellate nel 1963, in seguito alla famosa crisi di Cuba, grazie all’accordo tra il presidente americano John Kennedy e quello russo Nikita Krusciov) a Spinazzola, Gravina, Altamura, Bitonto, Matera, Irsina (Mt), Acquaviva, Gioa del Colle, Laterza e Mottola.

In quel che resta della base missilistica in agro di Bitonto, in uno scenario di abbandono e di archeologia bellica, l’artista Alessia Lastella avvia un dialogo con la fredda architettura e gli elementi della natura e del paesaggio, attraverso quattro installazioni site specific. Alessia Lastella, ha studiato scultura nell’Accademia di Bari, nel 2018 ha partecipato alla residenza di Grosseto per il progetto “Dune” e nel luglio 2019 alla “Schola dei Pugliesi”; progetto con 7 performances ideato e curato da Nico Angiuli in Palazzo Cavanis, sede di “Casa Puglia”, evento collaterale alla Biennale di Venezia. Nel 2021 è stata tra i dieci studenti protagonisti della mostra “Domani Qui Oggi” nel Palazzo delle Esposizioni a Roma, vincitrice del concorso AccadeMibact – 2019, indetto dalla Direzione del Ministero che promuove l’arte contemporanea.

«Con una ricerca in continuo divenire, sensibile, ispirata sin da bambina dalle campagne coratine, vissute con i valori tramandati dalla propria famiglia e con significative esperienze formative, l’artista entra in contatto con il vissuto del sito: “Camminando in una delle 10 basi missilistiche costruite per volontà degli americani sul territorio murgiano, si può sentire come questi luoghi siano intrisi di storia e, provando ad immaginare di ritornare a ritroso nel tempo, mi sembra quasi di poter sentire i passi dei soldati che gestivano il funzionamento dei missili nell’attesa di direttive da parte di coloro che dall’alto tirano le redini delle vite altrui. Con questa consapevolezza ho osservato gli spazi ormai distrutti dal tempo e la natura che pian piano si sta riappropriando del proprio territorio violentato attraverso queste strutture senz’anima”» spiegano gli organizzatori.

«Un’operazione articolata e complessa dove la natura si sta pian piano riappropriando di questo luogo e non solo attraverso le piante che la popolano, ma anche grazie alla forza dei venti e delle piogge che col tempo corrodono e consumano i mattoni che ne compongono le strutture artificiali presenti, rendendole fragili come dei crackers. Un gesto poetico per velocizzare l’azione della natura, aiutandola ad inghiottire i mostri architettonici artificiali. Un percorso che indaga il naturale istinto di sopravvivenza e di autoconservazione: in guerra il primo pensiero che ci assale è quello di resistere a tutto e per poter far sì che questo sia possibile, è necessario trovare un luogo sicuro.

Ed è qui che entrano in gioco le torri di guardia che si trasformano in un rifugio naturale, per l’uomo, ma anche per gli animali. Queste torri divengono così il luogo di riferimento per potersi rifugiare da quelle che sono le lotte quotidiane e frenetiche per la sopravvivenza degli animali che, da sempre, si vedono portar via il loro territorio dall’essere umano, ma divengono anche simbolo di rifugio per l’uomo stesso che, entrandovi e chiudendo gli occhi, potrebbe ritrovare un contatto con la natura, lasciando al suo esterno l’odio e la guerra che appartiene alla vita reale. E’ un rifugio per il corpo e per l’anima, pur trovandoci in un luogo pesantemente ferito dalla storia, questo, con il tempo e con occhi diversi, può assumere nuovi punti di vista, senza dimenticare quelli già esistenti, facendo sì che l’odio possa trasformarsi in amore verso sé stessi ed il territorio».

In guerra qualcuno raccoglie fiori è un progetto promosso dalla CoArt Gallery, a cura di Alexander Larrarte, con la collaborazione di Carmelo Cipriani e con la cordiale concessione della famiglia Delle Foglie. L’intero progetto sarà documentato dal fotografo Girolamo Aliberti e dal videomaker Stefano Lotito e sarà fruibile in futuro, presso uno dei musei in Puglia.

mercoledì 18 Maggio 2022

(modifica il 10 Agosto 2022, 17:55)

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