Spalla

Al Vinitaly il “Rinascimento” del vino pugliese

Elena Albanese
Vinitaly 2018
Dal "tappo bio" al 100% riciclabile fino alla crema viso alla linfa di vite, passando per il Vegamaro, ecco le novità più all'avanguardia presentate nei giorni scorsi a Verona
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Si è conclusa ieri a Verona la 52esima edizione del Vinitaly, la più importante Fiera di settore. Come sempre, massiccia è stata la presenza di prodotti pugliesi, con ben 155 realtà presenti, espressione di eccellenza di un comparto in continua crescita ed evoluzione in termini di qualità e riconoscibilità sui mercati nazionali e internazionali (nel 2017 le esportazioni hanno segnato un +21,5% rispetto all’anno precedente, per un valore complessivo di 149 milioni di euro).

Basti pensare che, secondo uno studio di Coldiretti, la raccolta di un grappolo alimenta opportunità di lavoro in ben 18 settori, che vanno dall’agricoltura alla ristorazione, dal vetro per bicchieri e bottiglie alla produzione di sughero, di accessori quali cavatappi, sciabole ed etilometri e di imballaggi per etichette e cartoni, dal vivaismo all’enoturismo, dall’editoria alla pubblicità, dalle bioenergie alla cosmetica.

Ebbene sì, anche la cosmetica. Perché una delle novità assolute si chiama “Wine beauty” e propone creme viso alla linfa di vite, uno scrub realizzato con gli scarti di potatura, gel di uva rassodante e molto altro ancora, per una bellezza della pelle completamente naturale.

L’attenzione all’ambiente è un altro dei capisaldi da cui non si può più prescindere. Aumenta infatti la produzione di vino biologico, passata dai 10.866 ettari del 2016 ai 15.990 del 2017. Praticamente, nella nostra regione, un ettaro su otto di vigneto è biologico. Va molto di moda – e non inquina – anche il “tappo bio”, la chiusura innovativa “carbon neutral”, riciclabile al 100% e realizzata con materiali rinnovabili d’origine vegetale. Ma per i più sofisticati, è anche disponibile un’elegante chiusura in vetro.

Per i più pigri, le cantine di Guagnano, in provincia di Lecce, in collaborazione con Firm Unisalento e Avr Lab (spin off dell’Università del Salento), coordinati dal professor Maizza, hanno messo a punto degli avveniristici occhialini che consentono di visitare vigne, barricaie e cantine stando comodamente seduti in poltrona a degustare i pregiati vini salentini.

Per i buongustai, invece, l’ultima novità enogastronomica è dell’azienda agricola Lillo di Castellaneta: un pesto di foglie di vite per insaporire pasta e crostoni, da abbinare – ovviamente – a un buon bicchiere di nettare degli dei.

E per i tanto bistrattati vegani e vegetariani? Nessun problema. Qualcuno ha pensato anche a loro. La cantina Feudi di Guagnano ha prodotto la prima bottiglia di Vegamaro, un negramaro in purezza, in cui non c’è traccia di sostanze di origine animale in alcuna delle fasi produttive (dalla vinificazione al finissaggio, dall’affinamento all’imbottigliamento). Anche il packaging, dall’etichetta alla bottiglia, dal tappo alla scatola, è stato concepito per intercettare quella fetta di consumatori sempre più attenta al rispetto del mondo animale.

Questi sono solo alcuni esempi di ciò che il direttore di Coldiretti Puglia Angelo Corsetti chiama a ragione il «Rinascimento del vino». Un settore ormai portante per l’economia del Mezzogiorno. La provincia di Foggia è infatti al secondo posto in Italia per ore di lavoro create, ma nella top ten nazionale c’è anche un altro vitigno pugliese, il Castel del Monte doc, con 9,4 milioni di ore lavorate nella provincia di Bari.

«Un patrimonio di innovazione e competitività acquisite – conclude Corsetti – che va tutelato dagli attacchi dell’agropirateria, che colpisce anche la Puglia. I nostri vini sono a forte rischio imitazione. Ecco a cosa servono i marchi di qualità, a difenderci dagli attacchi dei falsari e a valorizzare la tipicità e la localizzazione del prodotto».

giovedì 19 Aprile 2018

(modifica il 22 Luglio 2022, 15:54)

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