L'intervista

Lara Maroccini, una voce coratina al Festival del cinema europeo

La Redazione
Lara Maroccini al Festival del cinema europeo
È stata l'interprete di registi come il croato Rajko Grlic, il danese Rasmus Heisterberg, il tedesco Florian Eichinger, il francese Morgan Simon (che di premi ne ha vinti due) o il turco Mehmet Can Mertoglu
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Continua il viaggio alla scoperta delle storie, dei volti e delle carriere delle personalità più illustri del cinema per Lara Maroccini, l’interprete coratina che anno dopo anno colleziona incontri sempre più interessanti e prestigiosi. L’abbiamo intervistata di ritorno dalla sua prima volta al Festival del cinema europeo che si svolge a Lecce, diretto – tra le altre cose – da due coratini, Alberto La Monica e Cristina Soldano.

«Spero di tornarci – commenta Lara – e colgo l’occasione per ringraziare tutta la straordinaria squadra degli organizzatori: lo faccio veramente di cuore, mi hanno voluta e accolta con calore. Esperienze così sono rare, da interprete ma anche da spettatrice».

Quella leccese è una kermesse con una “dimensione” molto diversa rispetto ad altri festival.
«Il circuito dei Festival è molto ampio, ognuno ha le sue specificità e le sue caratteristiche, quindi mi riesce difficile fare un confronto. Trovo che il Festival del Cinema Europeo, pur alla sua 18esima edizione, sia un festival giovane e appassionato, in termini sia di partecipanti sia di pubblico. E un festival giovane è sempre brulicante di nuove idee e restituisce fiducia nel futuro».

Con chi hai lavorato?
«Il Festival del Cinema Europeo ha una sezione dedicata, naturalmente, ai film provenienti da tutta Europa, presentati e premiati già in diversi festival, giudicati da una giuria internazionale che quest’anno vantava nomi come Tilde Corsi e Marion Döring. Ogni giorno erano previste diverse proiezioni alla presenza del regista o dei protagonisti, che al termine si rendevano disponibili per rispondere alle domande del pubblico.

Nomi di spessore del cinema europeo come il croato Rajko Grlic, (degnamente rappresentato dall’attore protagonista del suo film, Nebojsa Glogovac, che si è aggiudicato anche il premio per migliore attore) il danese Rasmus Heisterberg, il tedesco Florian Eichinger come pure grandi registi di talento al proprio primo lungometraggio come il francese Morgan Simon (che di premi ne ha vinti due) o il turco Mehmet Can Mertoglu».

Chi, più di altri, ti è rimasto nel cuore?
«Non è che voglia essere imparziale a tutti i costi, ma ognuno dei film in concorso (vi consiglio davvero di consultare il programma e provare a reperirli) e ciascuno dei partecipanti mi ha lasciato qualcosa di importante, che porto con me nel mio percorso di crescita professionale e personale. La selezione è stata attenta e rigorosa. Diciamo che non mi sarei mai voluta trovare nei panni della giuria.

Se proprio devo fare una scelta, dico Darren Thornton, regista e sceneggiatore irlandese. È stato il primo della settimana, il suo film è stato anche proiettato per le scuole e mi ha aiutato a rompere il ghiaccio».

Quali difficoltà hai incontrato?
«Una difficoltà generale è di sicuro la preparazione, che, come dico sempre, è praticamente il 70% del mio lavoro. Rispetto profondamente le persone che interpreto e se non mi preparassi sempre al meglio delle mie possibilità, non conoscessi il loro background, i loro maestri e, più semplicemente, l’incedere delle loro voci, non sarei in grado di trasmettere efficacemente il loro messaggio.

In questo Festival in particolare, molte proiezioni erano previste alle 22.30 e il dibattito partiva di fatto a mezzanotte. La sfida è stata dunque tenere attivo il cervello e l’attenzione fino a quell’ora. Un’impresa non da poco.

Anche a Lecce è successa una cosa che mi è già capitata al Bif&st in realtà: il pubblico mi ha fermata fuori dalla sala o dal cinema per farmi i complimenti, anche dopo qualche giorno. Mi fa un enorme piacere perché vuol dire che il messaggio è arrivato, ma, giuro, resto sempre genuinamente stupita che si ricordino di me, specie perché cerco di mantenere un profilo il più basso possibile».

È andato sempre tutto “liscio”?
«Più o meno. Un momento divertente (diciamo per il pubblico, io ho riso decisamente meno) c’è stato la seconda sera, in una delle famigerate proiezioni delle 22.30.

In programma c’era il film del regista spagnolo Jo Sol arrivato a Lecce con la sua direttrice della fotografia, l’italiana Afra Rigamonti. Entrambi erano atterrati a Brindisi molto tardi ed erano visibilmente stremati dal viaggio.

A pochi minuti dall’inizio del dibattito, lui mi comunica di non voler assolutamente parlare inglese, ma solo spagnolo (io lavoro con tedesco e inglese ndr). A quel punto, prego Afra di tradurre per il pubblico. Lei, che vive in Spagna da anni, però mi risponde: “Guarda, io ormai l’italiano non lo ricordo più, poi lui parla talmente tanto e talmente difficile che non riesco proprio a stargli dietro”. Io li guardo interdetta come a dire “E quindi? Che si fa?”.

Afra aggiunge: “Jo capisce l’italiano e per le risposte proviamo a improvvisare”. Per una perfezionista come me, l’improvvisazione è fuori discussione, ma che alternative avevo? Bene, alla fine sai che è stata una delle mie interpretazioni più riuscite? Su di lui ero preparatissima e mettendo insieme le nozioni che avevo con le parti del suo discorso che capivo, sono riuscita a comunicare il messaggio e l’intenzione del regista. Jo e Afra erano talmente contenti che dopo il dibattito sono venuti entrambi ad abbracciarmi».

Adesso a chi tocca?
«Il 22 aprile inizia il Bif&st. Sarò a fianco del grandissimo regista russo Andrej Končalovskij. Speriamo che anche lui non si rifiuti all’ultimo momento di parlare inglese».

mercoledì 12 Aprile 2017

(modifica il 23 Luglio 2022, 12:34)

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